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Il ricordo

Rapino racconta Toscani: «Ora sei libero»

Rapino racconta Toscani: «Ora sei libero»

14 Gennaio 2025, 03:01

Il parmigiano Charlie Rapino, pseudonimo di Graziano Mallozzi, uno dei produttori discografici più famosi del mondo (sua la scoperta dei Take That e Emma), era un grande amico di Oliviero Toscani: ecco il suo ricordo.

"Oliviero Toscani non è stato solo un fotografo, ma un pensatore, un attivista della visione. E per me, è stato molto di più: il fratello maggiore che avrei voluto avere e, soprattutto, un amico. Il mondo cambia radicalmente, sotto gli occhi di tutti. E, stranamente, le persone che riescono a trasformare il pensiero umano in modo altrettanto radicale se ne vanno con la stessa intensità. Così è stato per Oliviero. Ho «conosciuto» Oliviero da ragazzino. Avevo appena 12 anni. Erano gli anni dei suoi editoriali per Annabella del gruppo Rizzoli, soprattutto le copertine. Erano anche gli anni del suo debutto come direttore creativo da Fiorucci, i cui manifesti incrociavo in un mitico negozio in Via Mazzini, il Black Ten. Poi arrivò New York, dove divenne il re della scena, con lo studio sopra al Max’s Kansas City, e le campagne che fecero storia: soprattutto il marchio Jesus.

Per un ragazzo della mia età, in preda ai turbamenti adolescenziali, osservare da vicino la sua capacità di catturare l’essenza di una persona o di un’idea era come assistere a un atto di magia, in questo caso le modelle! Vi lascio immaginare l’effetto che tutto questo ha avuto su di me allora. Quando finalmente ci conoscemmo in real life, durante il secondo lockdown, Oliviero me lo chiedeva spesso con il suo sorriso ironico: «Ma Charlie, ti turbo ancora?». Era stato Nicolas Ballario a presentarci, quello da cui compravo i suoi “scatti” - parola che Oliviero odiava con tutto se stesso («Che cazzo sono, un centometrista?» diceva). Iniziammo a dialogare su una piattaforma social, Clubhouse, dove si aprivano stanze di discussione. Parlavamo soprattutto delle nostre due ossessioni comuni: l’Inter e Bob Dylan. Due passioni inconciliabili e perfettamente Toscani. Apriva stanze dove si parlava spesso delle sue battaglie, quelle vinte e quelle perse, sempre combattute con lo stesso spirito, senza compromessi né nella vita né nel lavoro.

Un giorno fummo ospiti insieme a un dibattito online per giovani industriali. Roba di «MARKETTING»! Alla domanda della moderatrice, ormai sull’orlo di una crisi nervosa, che ci chiese: «Che consigli avete per questi ragazzi?», lui rispose: «Che ne so… diteci qualcosa voi! Io e Charlie siamo dei vecchi. Mandateci magari pure a cagare!».

Oliviero non era una persona semplice, però non complicata. Aveva quella capacità unica di scuoterti, di farti vedere le cose da una prospettiva diversa, spesso scomoda, ma sempre necessaria. Ma al di là dell’artista, c’era l’uomo. L’Oliviero che dava opinioni improbabili sull’Inter - come se fossi un esperto - o quello che si infervorava parlando di Dylan, delle sue canzoni meno conosciute, di quanto “Blonde on Blonde” fosse irripetibile. C’era l’Oliviero che rideva, quello che ti chiamava ad ore assurde per discutere un’idea che gli era venuta in mente e non poteva aspettare fino al mattino. O per lamentarsi dell’Inter che aveva fatto un’altra Interata.

È stato il metronomo del tempo: da Warhol a Sinatra, passando per Carmelo Bene. Parlare di lui come pubblicitario o fotografo è come dire che Hemingway era un buon dattilografo. Non ho una foto fatta da lui, ma molto meglio: ho una foto con lui, che per me vale molto di più. In compenso, ha scattato una delle foto più belle a un caro amico di Parma, l’avvocato Mora, e a sua moglie Elena. L’Inter e Dylan avranno un altro sapore senza di te, caro amico. Manchi già. E mancherai ancora di più.

Ti lascio con le parole di Dylan:

«And no word is possessed by no special friend/And though the line is cut/It ain’t quite the end/I’ll just bid farewell till we meet again».

Oliviero adesso sei libero".

© Riproduzione riservata

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