Tina Baldi: l'onorificenza dopo 81 anni
Dell'umanità controcorrente di chi salvò persone ebree dalla Shoah hanno letto, visto, ascoltato tanto. Poi una telefonata le ha spiazzate: «Noi una di queste storie ce l'avevamo in casa e non l'avevamo capito fino in fondo... - racconta tra emozione e una punta di rimpianto Carla Baldi - La mamma ci aveva parlato blandamente di quel periodo: non credeva di aver fatto nulla di straordinario e non si sarebbe mai sentita un’eroina».
C'è invece chi l'ha pensato: se non eroina, almeno «Giusta». E così a distanza di 81 anni saranno proprio Carla e la sorella maggiore Lauretta a accogliere ciò per cui Tina Baldi si sarebbe probabilmente schermita: dal 27 gennaio il suo nome sarà nell'elenco dei «Giusti tra le Nazioni», l'onorificenza che lo Stato di Israele conferisce a uomini e donne che misero in pericolo se stessi per aiutare chi rischiava la deportazione.
Dal settembre 1943 lei, bambinaia di 19 anni, tenne nascosto il piccolissimo Tullo Vigevani per 11 mesi, fino a quando riuscì a portarlo al confine svizzero. E lì con una scala, dopo diversi tentativi, riuscì a passarlo oltre la rete, tra le braccia della zia.
Tullo Vigevani oggi ha 82 anni, è un professore di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali in pensione, vive in Brasile dal 1950 e stato prigioniero politico, arrestato e torturato durante la dittatura militare brasiliana. Tina Baldi è morta nel 2011 a 87 anni, a Basilicagoiano, «ma quel bambino ce l'aveva nel cuore, e per tutta la vita - ricorda la figlia Carla - ha desiderato rivederlo».
Non è mai accaduto, o quasi.
«Un giorno sono tornata a casa dal lavoro e la mamma mi è venuta incontro felicissima: “Non puoi immaginare cos'è successo”». Stava guardando la televisione, quando sullo schermo è comparso un uomo dai tratti ormai cambiati ma dal nome indelebile: Tullo Vigevani. «E se io sono qui a raccontarlo - diceva all'intervistatore - è merito della mia tata Tina».
Il prima, il lungo durante e il dopo di questa storia sono un cammino tortuoso di coraggio e terrore, legami inscindibili e SS alle costole, piani andati a monte e complicità salvifiche. E un lieto fine su cui era difficile scommettere.
Ma partiamo dall'inizio. Tina Baldi nasce a Campora di Neviano nel 1924. «Nessuno lo sa - rivela Carla - ma in realtà si chiamava Palma. La vita di mia mamma è stata un’avventura sin dalla culla....». D'inverno in montagna la neve chiude in un isolamento forzato e chi nasce in quei mesi viene denunciato all'anagrafe solo al disgelo. E se l'atto di battesimo racconta di una Baldi Clementina venuta al mondo il 13 febbraio, il registro civile cita - chi lo sa perché, ma in famiglia ne hanno sempre riso - Baldi Palma nata il 28 aprile.
Rimase Tina. Colei che a 12 anni perde la mamma e va a vivere a Saint-Tropez, dove il papà ha trovato lavoro. Rientrano nel 1940 e dopo un anno a servizio in una famiglia a Parma, Tina viene assunta da Rolando e Enrica Vigevani, che vivono tra via Pietro Giordani e il podere di Martorano. È la bambinaia di Tullo, nato il 20 settembre 1942.
A questo punto, e fino al 2013 - la memoria della famiglia Baldi è una serie di aneddoti slegati che - complice l'umiltà e i valori di Tina - sminuiscono la portata della storia che Lauretta e Carla hanno sotto gli occhi: quella della loro madre. Il primo a svelargliela è il giornalista parmigiano Carlo Bocchialini: sta provando a ricostruire meglio la vicenda di suo nonno, il primo parmense a ricevere l'onorificenza di «Giusto tra le nazioni», e si imbatte nella figura della 19enne. Sfortunatamente Tina è morta da due anni ma rintraccia le figlie e i loro ricordi sparsi contribuiscono a arricchire il libro che verrà, «Pellegrino Riccardi, un Giusto tra le Nazioni». Ma soprattutto l'incontro restituisce qualcosa di preziosissimo alla famiglia di Tina.
Riccardi, che alla caduta del fascismo nel '43 è pretore a Fornovo, è amico fraterno dei Vigevani. È lui a avvertirli dei pericoli che corrono, a spingerli a scappare e a ospitare Tina e Tullo nella sua casa di Cattabiano, sopra Langhirano, dove la bambinaia arriva in bicicletta, il piccolo adagiato nel cestino. Non solo: oltre a far passare Tullo come suo nipote, è sempre Riccardi a procurare i documenti falsi e a accompagnare i Vigevani e la sorella di lei a Ramiola, alla casa di cura dei fratelli Melocchi, diventata rifugio per tanti ebrei. Arrivano anche Tina e Tullo: cominciano a circolare voci e Cattabiano non è più sicura. Si programma la fuga in Svizzera ma si decide che il bimbo non parta subito: sono ricercatissimi, bisogna fare in fretta e il più possibile inosservati. Quando i genitori riescono a comunicare che sono salvi e danno istruzioni su come (e grazie a chi) raggiungerli, Tina si mette in viaggio con Tullo. «E al confine una cosa da film - dice Carla -: due giorni per poter passare il bambino oltre la rete». La scena della scala, con Tullo che non la vuole lasciare e lei che se lo deve strappare dalle braccia. Ma mai dal cuore.
Se le figlie non avevano conosciuto questa storia per intero, avevano però ben capito lo spirito della madre: «Non aveva paura di niente, una temeraria. Così sprint che i nipoti la chiamavano “Tin-ager”. È stata grande e coraggiosa in tante situazioni della vita. Ma non si sarebbe mai sentita un’eroina».
Il conferimento dell'onorificenza avverrà il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria. L'iniziativa è promossa dal Comune, in particolare dall'Assessorato alla Cultura.
Tullo Vigevani Vive in Brasile: per un imprevisto di salute ha dovuto rimandare il viaggio
«Era un debito familiare e personale Verrò a Parma a conoscere le figlie»
In videochiamata dal Brasile, la prima cosa che dice è: «Quando ho saputo che era stato riconosciuto il ruolo della mia tata Tina e che ci sarebbe stata la cerimonia a Parma, non ho avuto dubbi a decidere di venire: sfortunatamente alla mia età ci sono degli imprevisti». È un imprevisto importante di salute a aver cambiato i piani di Tullo Vigevani, «ma cercherò - assicura dalla convalescenza - di fare questo viaggio nei prossimi mesi, entro la primavera».
Come capita spesso, quando si riapre inaspettatamente la porta di una storia lontana grande e piccola che è anche la propria, riannodare tutti i fili diventa un'urgenza. «E quello verso Tina Bandi era un debito familiare che avevamo i tutti i sensi: sia riprendere i contatti personali, sia riconoscere pubblicamente ciò che questa donna ha fatto. C'è sempre stato un senso di mancanza in questo».
Aveva solo un anno Tullo, e ciò che sa i quei giorni lo deve al fatto che «la memoria di quel periodo è stata fortemente trasmessa dai miei genitori. La mamma, che ha avuto una lunga vita, ci ha sempre ricordato il coraggio fondamentale di Tina in tutto il tempo di guerra e particolarmente per la mia salvezza. Immaginatela a portarmi in culla alla frontiera svizzera». Poi i legami si sono persi: loro finiti in Brasile prima di rientrare in Italia, Tina Baldi a Parigi e poi a Ginevra.
È molto grato al figlio, ai nipoti, al pronipote e a Carlo Bocchialini. Tullo Vigevani che hanno raccolto i documenti, inviato la proposta all'ambasciata israeliana e hanno reso questa cerimonia possibile: «È una storia da conoscere, soprattutto in questo periodo difficile di razzismi e guerre inaspettate che ci ricordano tanto quegli anni. Sono stato intervistato alcune volte come sopravvissuto alla Shoah e l'ho sempre detto: “Se sono qui a raccontarlo è grazie alla mia tata Tina”». La frase che lei ha incredibilmente sentito alla televisione e che le ha restituito un pezzo di cuore.
Chiara Cacciani
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