×
×
☰ MENU

Intervista

La regista Emma Dante inaugura la stagione del Teatro Regio di Parma: «Qui Giovanna d'Arco muore tra i fiori»

La regista Emma Dante inaugura la stagione del Teatro Regio di Parma: «Qui Giovanna d'Arco muore tra i fiori»

di Mara Pedrabissi

22 Gennaio 2025, 03:01

Giovanna «eroina fragile», Giovanna «invasata che sente le voci», Giovanna che qui «muore tra i fiori». Ha i crismi di un incontro scritto nel destino quello tra la regista Emma Dante e la «Giovanna d'Arco» di Giuseppe Verdi. Ingaggiata per la prima volta dal Teatro Regio di Parma, la regista palermitana, pluripremiata dal teatro (ma anche contestata: accadde per la “scandalosa” «Carmen» scaligera del 2009) e dal cinema (Nastro d'argento per «Le sorelle Macaluso»), firma la nuova produzione di «Giovanna d'Arco», titolo in generale poco percorso, trovando punti di contatto tra i temi dell'opera verdiana e quelli che alimentano la propria creatività.

Il nuovo allestimento, visto in anteprima alla prova Under 30 di lunedì, offre una rispettosa raffinatezza, capace di esaltare la trama (non lineare) dell'opera. Il giudizio del pubblico del Regio arriverà venerdì, alla “prima” che aprirà la Stagione lirica.

Quando le hanno proposto «Giovanna d'Arco», cosa ha pensato che potesse rappresentare nel suo percorso?

«Intanto mi è piaciuta subito l'idea, perché il personaggio mi piaceva. Mi stuzzicava poter raccontare un'eroina come lei: una donna femminista che vuole uscire dalla famiglia patriarcale, fare di testa sua. Il padre di questa “Giovanna” è una figura abbastanza terribile, non accetta la figlia, addirittura la consegna al nemico. Lei, comunque, si arma e va verso questo gesto grande che compie anche se poi si pente, è tormentata. Ha coraggio ma questo coraggio non basta: è un'eroina fragile».

«Giovanna» eroina eponima dell'opera: un filone che lei percorre da quasi vent'anni, dalla «Carmen» di Bizet.

«Sì, fino ad arrivare alla “Rusalka” di Dvorák, altra figura meravigliosa che ho portato in scena di recente sempre alla Scala. Ma penso anche a “Macbeth”, che per me dovrebbe intitolarsi “Lady Macbeth” perché veramente la Lady nel “Macbeth” di Verdi è molto più incisiva, imponente e ingombrante del marito. L'ho fatto a Palermo, Edimburgo e a Macerata; quest'estate probabilmente lo rifacciamo».

Altri temi in evidenza qui sono la religione e il potere, spesso presenti nei suoi lavori. Le distorsioni del potere sono proprio al centro di «Re Chicchinella», visto l'estate scorsa qui, all'Arena Shakespeare.

«Questo del potere è un tema importante perché il potere, alla fine, rincretinisce i popoli e li fa andare in guerra, con tutte le conseguenze. È la società che, in qualche maniera, spinge Giovanna a essere un'eroina ma, come dicevo prima, lei è combattuta, tormentata. Giovanna senz'altro è un'invasata, sente le voci, sente gli angeli ma anche i demoni. Per me, per la mia ricerca, è molto intrigante raccontare un personaggio abitato dalle voci» .

In scena vediamo anche un “doppio” di Giovanna.

«Sì, è come se si sdoppiasse perché, a un certo punto, ha una grande nostalgia, vorrebbe tornare alla sua vita di prima, quando era fanciulla nella capanna col padre e senza pensieri».

Nell'allestimento c'è un uso particolare delle luci; poi ci sono gli ori e i rossi: cosa rappresentano questi colori?

«Il dorato richiama la statua della Vergine, come se tutti fossero in qualche maniera statue. All'inizio i soldati francesi sembrano la statua della Vergine, quindi questo mondo dorato è anche un po' finto. Il rosso, invece, è per me il colore della passione, del coraggio. Ma c'è una cosa che mi preme dire di questa Giovanna: non la vesto mai da maschio, rimane col suo vestito da donna perché anche le donne possono andare in guerra, possono essere coraggiose e forti restando vestite da donne».

E, più in generale, che messaggio troviamo in questa «Giovanna»?

«Sicuramente la condanna della guerra: si vedono i feriti, i morti, incaprettati dentro il lenzuolo, si vede la tragedia prodotta dalla guerra. Ma la cosa che mi interessava, soprattutto, era raccontare la l'umanità e la spiritualità di questa donna, non solo la sua iconografia. E il suo rapporto con la natura: Giovanna ha un fortissimo rapporto con la natura, questi Spiriti del bene sono i soldati morti a cui sono cresciuti i fiori dalle ferite. Quindi per Giovanna la morte non è la fine di qualcosa ma è una trasformazione di qualcosa, questi corpi si trasformano in natura e infatti lei morirà tra i fiori. Un messaggio di speranza che deriva dall'umanità di questa donna, che supera anche la conflittualità col padre-padrone e alla fine lo perdona».

A proposito di fiori, c'è un po' Emma Dante. Chi la conosce lo sa...

«(Ride, ndr) Che ho il pollice verde? Sì e adoro i fiori. Se non avessi fatto la regista, avrei fatto “Giovanna in giardino”».

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI