Lettere al direttore
Caro direttore,
chissà cosa penserebbe Enrico Cuccia, il banchiere che per decenni nella Prima Repubblica ha intessuto una fitta ragnatela di rapporti con la finanza sedendo sulla poltrona di Mediobanca sull’offerta di scambio (Monte Paschi- Mediobanca); all’epoca l'avrebbe archiviata con un’alzata di spalle, oggi forse no.
Un po' di storia: gli interventi pubblici e privati dal 2012 per salvare il Monte dei Paschi di Siena, quando la governance era completamente appaltata a sinistra, sono costati circa 20 miliardi di euro.
Poi, per una favorevole congiuntura astrale e liberata dal giogo della politica, Mps nel 2024 è risorta, al punto da voler scalare Mediobanca per approdare a un polo senza colori se non il tricolore.
L’amministratore delegato Luigi Lovaglio lancia la sfida: «Bisogna pensare in grande. Il progetto che abbiamo presentato è un’offerta per unire le forze e diventare un attore leader sul mercato».
Quindi il vecchio cavallo di Troia (bancario) della sinistra, salvato dal baratro dopo i disastri delle gestioni precedenti, tenta il salto di qualità nel risiko bancario.
Il governo Meloni di certo non ostacolerà l’aggregazione tra soggetti forti che possono diventare fortissimi nell’interesse nazionale. Pur con il dovuto rispetto del mercato e delle sue regole, è giusto che la politica valuti il consolidamento del sistema bancario che offre ulteriore stabilità e competitività al comparto.
Giancarlo Giorgetti, sempre concreto, ribadisce: «Questo governo ha dato fiducia in assoluta autonomia a un management che ha realizzato risultati eccezionali, facendo una proposta di mercato. Se il mercato risponderà saremo contenti, se non risponderà ne prenderemo atto».
Pure la Meloni plaude al germoglio dell’operazione del terzo polo bancario: «Le operazioni di aggregazione rispondono all’interesse nazionale e vanno valutate positivamente se producono effetti positivi sotto il profilo industriale, occupazionale e finanziario».
Anche il sindacato dei bancari Fabi con il suo segretario generale Lando Sileoni è d'accordo: «Ci sono due valutazioni, una tecnica e una politica. Quella tecnica è che da una parte c'è Mps, una banca dedicata al credito tradizionale alle piccole e medie imprese e alle famiglie, dall'altra c'è Mediobanca una grande banca d'affari attiva con le grandi imprese e nella gestione di grandi capitali. Queste particolarità diventano un valore. L'operazione ha un’importante visione positiva che la Fabi ha sempre avuto su Mps, cioè la sua autonomia, inoltre non vi sarà un impatto sociale negativo».
Infatti ha ragione Sileoni è la prima volta che un'operazione simile non prevede esuberi né tra i 17.000 dipendenti di MPS, né tra i 5.400 di Mediobanca e già questo è tantissimo. Fosse sempre così... La speranza è che non prevalga l’egoismo di parte.
Parma, 28 gennaio
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