Regione
L'avevo detto e ripetuto in campagna elettorale che avremmo difeso a tutti i costi il nostro sistema di sanità pubblica. Ed è quello che cerchiamo di fare con questa manovra, che ha scopi ben precisi e non prevede un incremento indiscriminato delle tasse». Il giorno dopo, Michele de Pascale non arretra di un passo. Il governatore ribadisce le scelte presentate, un po' all’improvviso, nel tardo pomeriggio di giovedì. Una manovra che - tra addizionale regionale Irpef, ticket sanitari, Irap e bollo auto - punta a recuperare ben 400 milioni. Un’operazione che ha raccolto tante critiche. Per le misure decise. E per i modi e i tempi della presentazione.
Vi stanno criticando tutti dal centrodestra ai sindacati confederali, Cgil Cisl e Uil...
«La critica dei sindacati è soprattutto sui tempi del confronto e hanno buone ragioni. Avevamo iniziato una serie di incontri con le forze sociali e gli enti locali e a fronte di informazioni frammentarie che iniziavano a circolare, coi giornalisti giustamente impegnati nel loro lavoro, abbiamo deciso di dare un'informazione completa delle nostre proposte, presentandole».
Il centrodestra invece parla di una mazzata per i cittadini, di una vostra Caporetto…
«Il centrodestra ha una visione diversa da noi. Al mio posto penso che avrebbero tagliato 300 milioni di spese sanitarie in Emilia Romagna, come anche il governo Meloni pensa sia necessario fare. Noi la pensiamo diversamente. Il governo crede che quanto speso per la sanità sia il record storico e che non si sia mai speso tanto. Noi siamo convinti che il finanziamento della sanità sia gravemente insufficiente. Nei prossimi cinque anni, lavoreremo per rendere il servizio più efficiente ed efficace, anche se è già fra i migliori d’Italia. Ma vogliamo migliorarlo, non tagliarlo».
E non era possibile senza questa manovra?
«Assolutamente no. C’è una distanza di quasi 300 milioni tra quanto lo Stato ritiene che la Regione Emilia Romagna debba spendere per il servizio sanitario pubblico e quanto la Regione sta spendendo per quello che pensa di dover dare ai propri cittadini. Non voglio scaricare le colpe ma noi e il governo, noi e il centrodestra abbiamo opinioni diverse su quale è un livello dei servizi adeguato. Il bilancio 2024 della Regione, dove io sono stato presidente solo per quindici giorni, certifica 200 milioni di squilibrio. Abbiamo speso 300 milioni in più di cui solo 100 coperti da risorse straordinarie».
Ma perché si arriva solo ora a intervenire. Non siete in ritardo?
«Il mio predecessore, Stefano Bonaccini, ha utilizzato risorse straordinarie, le riserve per coprire le spese. Dopo l’emergenza Covid, in Emilia Romagna, si è scelto di non tagliare, come invece è stato fatto in altre regioni. E per coprire questi maggiori costi, come quelli per i cinquemila dipendenti in più, si è fatto ricorso a risorse straordinarie sperando che ci fosse un adeguamento del Fondo sanitario nazionale. Probabilmente l'avrei fatto anch'io, piuttosto che andare ad aumentare le tasse ai cittadini. Io sono arrivato quando le risorse straordinarie sono finite. E a questo punto non si poteva fare diversamente. Così come non si poteva aspettare ancora per l’altro grande pilastro di questa manovra che abbiamo deciso e cioè l’incremento del fondo per la non autosufficienza»
Perché?
«Il fondo per anziani non autosufficienti e per persone con disabilità in Emilia Romagna è fermo dal 2007, l'ultimo incremento risale a una manovra che fecero Errani e Bissoni. Noi pensiamo che, a distanza di quasi vent’anni, sia diventato ormai anch’esso non sufficiente. Cì sono condizioni di lavoro difficili per gli operatori e le prestazioni non sono adeguate. Prevediamo di investire circa 150 milioni in tre anni. In questo modo aumentiamo l’assistenza domiciliare, finanziamo gli aumenti per i dipendenti e ampliamo i posti disponibili. Chi ha un anziano non autosufficiente in famiglia sa bene che, se non trova risposte pubbliche, deve spendere tra i 2800 e i 3000 euro al mese in una struttura privata. Noi dobbiamo aumentare la risposta convenzionata che porta il costo a 900-1.000 euro. C'è una bella differenza per le famiglie. È evidente che senza l'aumento di questo fondo e senza la nostra scelta di mantenere e migliorare i servizi sanitari questa manovra non sarebbe stata necessaria».
Quindi si poteva fare a meno della manovra solo tagliando la sanità e lasciando inalterato il fondo per la non autosufficienza. Non c'erano altre strade che non fossero l'aumento dell'Irpef, del bollo auto e dell'Irap?
«No, non c'erano alternative. Noi abbiamo potuto cercare di attivare più leve possibili per distribuire il carico in modo equo senza colpire i redditi più bassi.. Ma non possiamo inventare tributi. Come hanno fatto anche altre Regioni, dobbiamo utilizzare gli strumenti che abbiamo a disposizione. E l'addizionale Irpef è quello principale. Il suo aumento è indispensabile per la tutela e il miglioramento del servizio sanitario e l'aumento del fondo per la non autosufficienza. Due scelte politiche che rivendico».
Anche se scontenteranno chi si vedrà aumentare le tasse... Cosa dice a questi emiliano romagnoli?
«A chi ha un reddito da 35.000 euro, noi chiediamo circa 70 euro all'anno. Rispetto ai 150 euro di una visita medica privata, penso siano una somma sostenibile. La nostra sfida deve essere che il sistema funzioni. Preferisco essere il presidente che va a ritoccare le aliquote dell'addizionale Irpef, chiedendo un sacrificio a chi ha i redditi più alti, piuttosto che essere il presidente che costringe gli emiliano romagnoli a dover fare a meno della sanità pubblica e ad andare a cercare risposte private. Forse così potrei risultare più simpatico a chi non aumento le tasse. Ma di certo sarei meno utile per gli emiliano romagnoli».
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