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I consiglieri regionali parmigiani

Fine vita, si riaccende il dibattito. Anche a Parma

Fine vita, si riaccende il dibattito. Anche a Parma

di Luca Molinari

17 Febbraio 2025, 03:01

La scelta della Toscana di approvare una legge regionale sul fine vita, ha riacceso il dibattito - anche localmente - su questa delicata materia. A livello politico c'è chi si schiera a favore e chi invece, domanda al Governo di impugnare il provvedimento e chiedere la sospensiva alla Corte Costituzionale.

Anche tra i sei consiglieri regionali parmigiani le posizioni sono diverse. Pur essendoci la comune consapevolezza che sia compito del parlamento legiferare sulla materia, c'è chi ritiene legittima la scelta compiuta dalla Toscana e chi invece la bolla come una forzatura giuridica.

La scelta di de Pascale

Al momento, il presidente della nostra Regione, Michele de Pascale, non sarebbe intenzionato a compiere il percorso intrapreso dalla Toscana. «Sul tema non ci sono novità rispetto al passato» fanno sapere dalla Regione. «Sarà cura della commissione Politiche per la salute e politiche sociali - dichiara il presidente Gian Carlo Muzzarelli - inserire in un prossimo appuntamento un punto all’ordine del giorno per fare un “tagliando” sulle decisioni assunte, il lavoro fatto e quanto rimane ancora da fare per migliorare e assicurare una comunità etica solidale che garantisca la dignità del fine vita».

L'Emilia Romagna infatti sul fine vita si era già espressa a suo tempo (circa un anno fa), quando il governatore della Regione era Stefano Bonaccini. La scelta di approvare una delibera di giunta (oltre ad aprire il dibattito su una legge regionale) alla luce dei criteri dettati dalla Corte costituzionale sulla delicata materia, aveva scatenato numerose polemiche, accompagnate dalla decisione del governo di fare ricorso al Tar dell'Emilia-Romagna per chiedere l'annullamento della delibera regionale.

Priamo Bocchi (Fratelli d'Italia) è chiaro: «Per prima cosa segnalo una forzatura giuridica: su questo tema così delicato dovrebbe legiferare il Parlamento. Presentando la legge come un mero atto amministrativo, non essendo riusciti a fare una legge in parlamento, i radicali e la sinistra hanno trovato la scorciatoia (illegittima) dei consigli regionali per introdurre il suicidio assistito nel nostro Paese. Al di là di questo e dalle critiche di autorevoli giuristi della Costituzione sono contrario ad aprire una breccia sul tema del fine vita e del cosiddetto suicidio assistito, permettendo allo Stato (attraverso commissioni multidisciplinari e Ausl) di intervenire e legiferare su questo in nome di una pretesa "libertà" di autodeterminazione. C'è il rischio di una sua espansione al di fuori dei malati terminali: questa legge può diventare il punto di partenza per la “morte on demand” come accaduto in Olanda».

«Intendiamoci - prosegue - reputo ragionevole stabilire dei limiti all’accanimento terapeutico o al mantenimento in vita solo artificiale, di persone che non hanno più una vita cosciente e non hanno più possibilità di riprendersi. In regione mi opporrò a qualsiasi progetto di legge che inseguisse quello della regione Toscana».

Matteo Daffadà (Partito Democratico) sottolinea: «Si tratta di temi su cui è chiamato a legiferare il parlamento. Alla luce di quanto sentenziato dalla Corte costituzionale, l'Emilia Romagna ha approvato una delibera sulle stesse questioni su cui la Toscana ha previsto una legge».

Per Tommaso Fiazza (Lega) quella della Toscana «è una vittoria di Pirro perché una regione può fare poco sul fine vita. Si tratta di una decisione che deve prendere lo Stato. Mi sembra una battaglia politica pensata solo per creare il caso, invece certe questioni andrebbero portate nelle sedi giuste, ossia in parlamento».

Barbara Lori (Pd) parla di «lavoro apprezzabile della Toscana perché ha dato corso, con norma regionale, al pronunciamento della Corte costituzionale. Si tratta di qualcosa di non molto diverso rispetto a quanto fatto in Emilia Romagna, dove analogamente, attraverso una delibera, è stato costituito il Comitato per l'etica nella clinica e definiti i percorsi da seguire per rispettare il dettato della corte. Ritengo invece assurdo che su una materia così delicata il governo non abbia previsto una norma statale, scaricando sulle regioni la responsabilità di assumere delle scelte. Abbiamo governo che sui temi complessi delega alle regioni e accentra quando si tratta di trattenere risorse».

Per Andrea Massari (Pd) «è assurdo che il parlamento non prenda un provvedimento come chiesto dalla Corte costituzionale, e che debbano intervenire le regioni su una materia così delicata quanto importante». «Solo le persone che hanno assistito persone gravemente malate - prosegue - possono capire come una procedura di questo tipo sia necessaria quando si superano certi livelli di sofferenza. Ogni altro giudizio sarebbe ideologico e assolutamente fuori luogo. Sono favorevole a norme che consentano di poter terminare la propria vita in modo consapevole, nelle condizioni di dignità e tutela della sofferenza. È vergognoso che non ci sia una maggioranza in parlamento in grado di farsi carico di un tema così importante: è un tema di libertà che non può essere privato in alcun modo».

Pietro Vignali (Forza Italia) è convinto che «non ci possano essere 20 modi diversi per morire in Italia. Non si può agire a macchia di leopardo su materie del genere, solo il parlamento ha il potere di intervenire per dare una cornice uniforme». «Allo stesso tempo - precisa - ritengo che si debba lavorare per implementare la rete delle cure palliative e la terapia del dolore, per garantire il diritto alla cura così come previsto dalla Costituzione». «In passato l'Emilia Romagna - ricorda - ha seguito la strada di evitare la discussione con una delibera di giunta. Auspico che la legge della Toscana sia l'occasione per il governo, per fermare iniziative che potrebbero ripetersi in tutte le regioni».

Luca Molinari

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