INCHIESTA CHIUSA
Traversetolo Ai domiciliari. Nella casa di famiglia. Nessuna cella, per Chiara Petrolini, almeno per qualche mese, fino a quando nuovi giudici del Riesame si pronunceranno e poi - forse - una Cassazione bis. Ma nel frattempo l'inchiesta, coordinata dalla pm Francesca Arienti e dal procuratore Alfonso D'Avino, è stata chiusa con un macigno di accuse: duplice omicidio volontario e soppressione dei cadaveri di entrambi i bambini, con l'aggravante della premeditazione, oltre che quella della discendenza, anche per il primogenito, il neonato di cui sono state ritrovate solo le ossa il 7 settembre scorso, poco meno di un mese dopo la scoperta del corpo del piccolo che aveva portato alla luce l'abisso.
Premeditazione e rapporto di discendenza, entrambe aggravanti da ergastolo. Ma se la prima, in relazione al bimbo ritrovato il 9 agosto, era attesa, per quanto riguarda il primogenito, la decisione non era affatto scontata. Addirittura, anche la scelta di contestare l'omicidio volontario poteva essere in discussione, ma la procura ha deciso di proseguire con determinazione su questa strada. Del primo bimbo di Chiara, 21 anni, erano stati ritrovati solo poveri resti nell'aiuola sotto la finestra della sua camera. Ossa da cui, come era prevedibile, era stato particolarmente complesso ottenere delle risposte. La conclusione a cui erano arrivate le consulenti della procura, il medico legale Valentina Bugelli e l'antropologa forense Francesca Magli, non forniva certezze assolute, data la totale «assenza di strutture molli o tessuti cartilaginei», tuttavia era stato delineato un quadro che è ben più di un'ipotesi: «E' del tutto prospettabile che la causa del decesso non sia da ascriversi ad una Mef (morte endouterina fetale, ndr) ante partum», si leggeva nella relazione. Ed è ciò che ha convinto la procura a procedere nella direzione dell'omicidio, considerando anche, come si sottolinea nell'avviso di conclusione delle indagini, che «il parto è avvenuto alla 40esima settimana», ossia a termine, «il bambino non era affetto da patologie cromosomiche» e non risulta ci siano state problematiche durante il parto in casa. Ma perché sarebbe deceduto? Come nel caso del fratello, su cui l'autopsia è arrivata a conclusioni certe, è ipotizzabile che il piccolo sia morto dissanguato per l'emorragia che si è scatenata dopo il taglio del cordone ombelicale. D'altra parte, tra le poche ammissioni di Chiara c'è proprio quella di aver rescisso il cordone e di non aver saputo che poi avrebbe dovuto «chiudere» i vasi sanguigni. Sulla premeditazione, invece, potrebbero aver pesato le scelte fatte da Chiara dopo aver saputo di essere incinta: decidere di non dire nulla, non affidandosi a nessuno specialista, e partorire in casa da sola. Insomma, una serie di scelte che potrebbero fare ipotizzare un piano.
La mente di Chiara. Un labirinto da esplorare. La ragazza che ha saputo convivere per più di un anno con il ricordo di un primo figlio messo al mondo e poi sotterrato. La ragazza che poi ha ripetuto quell'atrocità. Ma anche la studentessa universitaria, la baby sitter amorevole e la ventenne allegra che amava le serate con gli amici. Sia l'accusa che la difesa hanno portato avanti consulenze psichiatriche di parte. In particolare, quella della procura sarebbe arrivata alla conclusione della totale capacità di intendere e volere, pur non escludendo aspetti «oscuri» della sua personalità. Dall'altra parte, un primo accertamento della difesa, presentato in vista dell'udienza del Riesame a ottobre, evidenziava «una condizione psicopatologica afferente ai disturbi della personalità che, per gravità, è fortemente suggestiva di un riverbero sull'imputabilità». Due conclusioni divergenti che potrebbero portare, soprattutto da parte della difesa, a una richiesta di perizia psichiatrica in udienza preliminare. «E' sicuramente una strada da valutare», sottolinea l'avvocato Nicola Tria.
Ma ora, dopo il deposito dell'avviso di conclusione delle indagini, la difesa avrà 20 giorni di tempo per chiedere che Chiara sia interrogata, per presentare memorie o altra documentazione. Poi arriverà la richiesta di rinvio a giudizio della procura. E si scoprirà se tutte le aggravanti saranno mantenute.
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