Il caso
Andò male a entrambi, quel giorno. Innanzitutto al piccione che incontrò la rotta del pallino. E in secondo luogo al bipede non piumato che imbracciava la carabina ad aria compressa: imputato per l'assassinio del volatile, per quel tiro pagò parecchie notti insonni. In caso di condanna, avrebbe rischiato dai quattro mesi ai due anni di reclusione. Così prevede infatti l'articolo 544 bis del Codice penale per «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale». Norma sacrosanta, indiscutibile. Solo che qui siamo piuttosto nel campo del mirabolante. Centrare e uccidere un uccello in volo con una carabina di piccolo calibro (per la detenzione nemmeno serve il porto d'armi) è roba da Tex Willer o giù di lì. Che Mario (chiameremo così lo sparatore, con un nome di fantasia) di certo non è. «Quale crudeltà? - protestò fin da subito il settantenne residente della zona di via Po -. Qui di pura fatalità si tratta, io volevo solo spaventare lui e i suoi simili che mi rendono la vita impossibile. Inoltre, è morto stecchito...».
Almeno su questo la vicina che diede l'allarme ai carabinieri si disse d'accordo con lui. La donna si vide piovere il pennuto in giardino, accanto al tavolo al quale banchettava con altri commensali il 24 aprile del 2020. Si era in pieno lockdown, e nel silenzio della clausura (teorico, se non si faceva cagnara durante il pranzo) non poteva certo sfuggire il crepitio secco del Diana 34. Per di più, la donna disse di aver visto affacciarsi armato il vicino, con il quale non sembra avesse rapporti idilliaci (ma proprio nel suo giardino doveva finire il corpo del reato?). «Presto, qui c'è un uomo che spara dalla finestra» disse al 112. E la gazzella di via delle Fonderie si palesò in un attimo, temendo il colpo di testa di un folle. In quel periodo, sarà facile a tutti ricordarlo, ci si poteva aspettare un po' di tutto.
Scongiurato il pericolo di strage ma constatato che un cadavere in effetti c'era, i carabinieri chiesero conto al settantenne. L'uomo ammise di aver sparato, dichiarandosi incredulo lui per primo. Come fosse davvero andata, non lo sapeva neanche lui. Disse di aver tirato a casaccio per aria, giusto per allontanare il piccione che - quasi di certo in compagnia di complici - infastidiva e sporcava. Tra le possibilità, c'è che il pallino abbia colpito di striscio l'infisso della finestra e così deviato abbia centrato il pennuto. Dove poi non si sa, perché il foro del proiettile non sarebbe stato individuato.
Aspetti del piccionicidio che non verranno mai chiariti: non sono state compiute né perizie balistiche né autopsie sul corpo della vittima. Alla fine, si è giunti alla conclusione che a prendere la mira in quell'occasione più che Artemide sia stata la dea della sfiga. Esclusa l'ipotesi della crudeltà, il settantenne è stato assolto. Che fine abbia fatto il piccione fucilato non è dato sapere. Finire in una bomba di riso sarebbe stato troppo.
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