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L'intervista

Stefano Bizzozi, il coach della Fulgor: «I playoff? L'obiettivo è diventare giocatori migliori»

Stefano Bizzozi, il coach della Fulgor rivelazione della B: «I playoff? L'obiettivo è diventare giocatori migliori»

di Vittorio Rotolo

28 Febbraio 2025, 03:01

Diciassette vittorie costituiscono un bottino che, a questo punto della stagione, spalanca alla Fulgor Fidenza una prospettiva impensabile l'estate scorsa, quando il club gialloblu - pur reduce da due promozioni di fila - si approcciava al confronto con la dura realtà della serie B nazionale. I playoff sono lì, a portata di mano. E non sognare, o non provarci, ora sarebbe un peccato mortale. Tanto più che la salvezza - che era poi l'obiettivo dichiarato dalla Foppiani - può dirsi ormai virtualmente acquisita.

A otto giornate dal termine della regular season, basterebbe già questo traguardo a certificare il capolavoro. Che è aromatizzato al profumo dell'applicazione mostrata nel quotidiano in palestra, della voglia di stupire propria di un roster che ha l'età media in assoluto più bassa di tutto il campionato (20,3 anni), infine di una crescita che sul piano del gioco e dei singoli non si è mai arrestata.

Progressi, non a caso, è il primo termine con cui coach Stefano Bizzozi identifica il percorso della sua Fulgor. «Perché i progressi ci stanno aiutando a migliorare» sottolinea il tecnico, all'indomani di un'altra di quelle vittorie - maturata sul parquet di Ragusa - che hanno il merito di infondere al gruppo ulteriori iniezioni di autostima e consapevolezza. «I risultati positivi fanno piacere, ma noi dobbiamo essere capaci di andare oltre le partite vinte così come di quelle perse, incanalando piuttosto le energie su un obiettivo che è tutto nelle nostre mani e in quelle dei ragazzi: far sì che possano diventare giocatori e uomini migliori. È già di per sé, questa, una motivazione».

Che si coltiva anche attraverso attitudine, sacrificio, mentalità.

«Non c'è dubbio. Dico sempre che i giovani migliorano se alla base c'è prima di tutto intelligenza, volontà, passione per il nostro sport».

Coach, ma in tutta onestà e al netto dei migliori auspici che possono accompagnare l'inizio di ogni avventura: se lo sarebbe mai aspettato, alla fine di febbraio, di essere in quella posizione di classifica?

«Con una squadra così giovane e con un nucleo che si fonda su tanti elementi del territorio credo che a chiunque, non soltanto a me, verrebbe da dire di no. Poi, certo, guardando la classifica oggi non si può che essere contenti. Ma fino a quando non avremo certezze matematiche, in un senso o nell'altro, io continuerò a restare cauto. Di sicuro la sensazione di lottare per un qualcosa di importante, c'è. Ammesso che questo qualcosa sia davvero più importante del progetto stesso e del cammino fatto dalla nostra squadra».

Il segreto di questa Fulgor Fidenza è la spensieratezza?

«I ragazzi vanno a scuola e si allenano tutti i giorni. La maggior parte di loro disputa parallelamente un altro campionato impegnativo e di livello come quello Under 19. Nell'ultima settimana hanno giocato tre partite, con un carico di stress enorme. C'è poco tempo per pensare. E questo aiuta. Giochiamo con la testa libera: l'unica pressione che possono avere questi giovani è fare il meglio possibile. La spensieratezza e la voglia di divertirsi deve essere parte di loro. Sempre».

Non è poco, giocare come dice lei con la testa sgombra. Considerato che per tutti gli atleti la pressione eccessiva è forse la prima nemica...

«Anche per i professionisti ad altissimo livello, le assicuro, è una questione delicata da gestire. Non voglio fare paternali a nessuno, ci mancherebbe altro, ma vivere lo sport senza pressioni dovrebbe essere una pratica da diffondere a tutti, siano essi giocatori, tecnici o dirigenti».

In Argentina la chiamano «garra»: di temperamento e spirito combattivo, la Foppiani ne ha da vendere. Ma la sua squadra sta mostrando pure lucidità, soprattutto nella gestione dei finali punto a punto. È successo mercoledì sera a Ragusa, ma era capitato anche altre volte. Cosa significa?

«Qualche partita, nel finale, l'abbiamo persa, anche con l'Under 19. Torno ancora al fattore serenità: restare concentrati e non farsi prendere dalla frenesia, in quei frangenti, può essere utile. A quel punto le cose possono arrivare da sole. C'è poi una piccola componente che si chiama fortuna: la citiamo, giusto per non farla arrabbiare (sorride, ndr)».

Prossima battaglia, domenica al Palapratizzoli, contro un'altra big del campionato, Capo d'Orlando.

«Vede, a prescindere dal valore dei nostri avversari e a maggior ragione per una squadra come la nostra, in questa categoria la battaglia più complicata è di tipo nervoso. Ma è anche quella che fa crescere maggiormente, dal punto di vista dell'atteggiamento mentale prima ancora che tecnico e fisico».

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