La storia
Fuori, sulla vetrina, non c'è nulla che faccia presagire una chiusura. Nessun avviso, nessun messaggio. Solo un invitante cartello: «20% e 50% su tutta la cartoleria».
Il lavoro ieri procedeva come sempre, eppure oggi sarà l'ultimo giorno di apertura della storica edicola e cartoleria «Al giornalär», in via Trieste 106. Dentro, «immerso» tra Gazzette, riviste patinate e giocattoli c'è il proprietario, Giampaolo Corradi. «Siamo qui da 13 anni, è arrivata l'età della pensione - sospira -: è tempo di fermarsi», dopo una vita ad «alzarsi alle 5 del mattino». Perché Paolo - così lo chiamano tutti i suoi clienti - ha da sempre fatto questo lavoro. Da quando i suoi genitori, Wainer Corradi e Carla Manghi, avevano l'edicola in via Verdi. Anche lui ha lavorato lì per qualche tempo, per poi prendere in gestione l'edicola notturna di piazzale Picelli. Da 13 anni, però, la sua seconda casa era diventata l'attività di via Trieste. Un vero e proprio punto di riferimento per il quartiere. Paolo, infatti, fatica a raccontare questi anni: «Mi viene un po' il magone», ammette con gli occhi lucidi e una tenerezza che commuove. È molto orgoglioso, però, delle tante attività che è riuscito a realizzare, anche con l'aiuto e il sostegno di altri commercianti e residenti del quartiere: «Siamo riusciti a realizzare tante raccolte fondi per questa zona - rivela -. Ad esempio, ci siamo impegnati nell'acquisto di cellulari durante il periodo del Covid. Oppure siamo riusciti a fare installare il defibrillatore lungo la via». Un tutt'uno con la «sua» gente. Lo dice anche la moglie, Manuela, che da sempre lo ha aiutato, dopo il lavoro, a portare avanti l'attività: «Tanti clienti per noi sono diventati amici - sottolinea Manuela -. Spesso passavano anche solo per una chiacchiera».
Anche ieri è successo così. Tutti entrano dando del «tu» a Paolo. E per molti clienti basta varcare la soglia del negozio che il titolare ha già predisposto davanti alla cassa i giornali: conosce a memoria le abitudini dei lettori più assidui. Come Pietro Alberici, che ammette: «Vengo qui anche due volte al giorno per comprare la Gazzetta e qualche giornalino per mia nipote - racconta -: è per me un rituale». E, infatti, non ha ancora «accettato» la chiusura: «Fino all'ultimo ho sperato che fosse uno scherzo - sorride il cliente -: per noi questa edicola è stata un punto di riferimento. Paolo non è un giornalaio, è un amico». E a Pietro, il titolare confida: «Sto cercando di convincere il tabaccaio a vendere qualche giornale». Ci sono anche i clienti che non sanno ancora che quello di oggi sarà l'ultima volta che gli potranno dire: «Buongiorno, la Gazzetta, per favore».
Paolo ricambia con un sorriso, come sempre. Alle parole - non c'è dubbio - Corradi preferisce i gesti. Lo dimostra anche quando parla dei suoi programmi futuri, adesso che andrà in pensione. «Prima di tutto ritarderò la sveglia, per anni mi sono alzato prestissimo al mattino - ride -. Poi ho in mente tante cose da fare: continuerò a fare volontario all'Assistenza pubblica e mi dedicherò alla mia grande passione, suonare il basso». E aggiunge: «Per ora niente viaggi, devo accudire i miei sei gattini».
La chiusura dell'edicola non sarà «rumorosa». Anche oggi, ultimo giorno di apertura, «continueremo a vendere giornali, come abbiamo fatto sempre». Nessuna festa, nessun brindisi. Tanto «ci vedremo ancora, spesso», in quel quartiere «impossibile da dimenticare». Casa.
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