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Lirica

Marialuisa Bafunno: «Rodolfo anziano e ambientazione attuale: ecco la mia Bohème»

Marialuisa Bafunno: «Rodolfo anziano e ambientazione attuale: ecco la mia Bohème»

di Giulio Alessandro Bocchi

01 Aprile 2025, 10:05

«La Bohème» che andrà in scena al Teatro Regio questo venerdì alle 20 è nata da una coproduzione con OperaLombardia e con I Teatri di Reggio Emilia: la regista sarà Marialuisa Bafunno.

Come si è avvicinata al mondo dell’opera?

Mio nonno la conosceva e la cantava quando ero piccola, ma il momento di folgorazione è stato quando ho cominciato a lavorare in Scala e non me ne sono più staccata. Mi sono laureata in scenografia a Milano: sono di origine pugliese, ma mi sono trasferita là per studiare. Durante gli ultimi anni avevo il sentore di voler continuare regia fino a che con l’accademia ho fatto uno stage alla Scala nel 2015, continuando poi nelle stagioni successive. La mia insegnante di scenografia è stata Margherita Palli e negli ultimi anni, per la regia, mi sono affiancata tanto a Leo Muscato: ci sono state tante altre persone, ma loro sono i miei due fari.»

Com’è nata l’idea dell’inserimento di un Rodolfo anziano che rivive l’opera attraverso una scatola di ricordi?

«Avendo vinto un concorso rivolto ad under35 ci siamo chiesti quale potesse essere la chiave di lettura che poteva aggiungere qualcosa alla storia e che non fosse già stata vista, anche se ovviamente tutto è stato già visto e fatto. Oltre che arrivare alla generazione di giovani che siamo noi e che abbiamo la responsabilità di portare il nostro punto di vista rispetto a un’opera che parla di giovani scritta da un compositore trentaquattrenne, la domanda che mi sono posta è stata quella di come emozionare anche il pubblico di tutte le età. L’opera è ambientata nel 2024, ma l’aggiunta di questo Rodolfo anziano ci dà la possibilità di parlare di un tema comune a tutti come il ricordo e la nostalgia».

Cosa cambierà rispetto alle recite in Lombardia?

«In realtà ci saranno dei piccoli cambiamenti visto che il cast è diverso: io creo i personaggi a seconda delle persone che ho davanti. In questo caso non abbiamo avuto moltissimo tempo e ho mantenuto quello che c’era stato a Como, ma ci sono dei dettagli diversi: a distanza di mesi si ripensa a quello che si è fatto e in un certo senso si matura e colgono sfumature diverse, vedendo anche le reazioni del pubblico in varie piazze e avere il feedback delle persone che hanno visto lo spettacolo è interessante».

I libretti in Puccini sono pieni di indicazioni: come ci si rapporta un regista?

«Mi sarebbe sembrato assurdo mettermi contro quello che Puccini ha scritto. Il libretto è un po’ una gabbia e il margine di interpretazione è molto labile: o si va completamente contro e, ad esempio, si ambienta la Bohéme sulla Luna, oppure si tenta in tutti modi di essere fedele al compositore che scriveva per i suoi contemporanei. L’idea di inserire l’opera nella contemporaneità non ha interferito nel rispetto per il libretto: si sono trovati dei corrispettivi nel contemporaneo che potessero rappresentare l’animo dell’opera che Puccini e i suoi librettisti volevano trasmettere al pubblico. Ho cercato di trovare la bellezza di quella gabbia. È stato un gioco difficile, ma divertente. Anche la musica potrebbe essere vista come una gabbia e per questo a molti registi non piace l’opera».

Il pubblico del Regio ha fama di essere tradizionalista: cosa si aspetta?

«Ho un po’ di timore che l’idea non venga accolta, ma allo stesso tempo ho la speranza che possano ascoltare le proposte delle nuove generazioni perché se così non dovesse essere il futuro dell’opera sarà sempre più complicato. Per tenerla viva bisogna fare in modo che risulti attraente anche per un pubblico diverso da quello degli affezionati. Anche l’opera, come tutto il resto del mondo, sta viaggiando in altre direzioni e ci vuole un po’ di apertura. Se da un lato mi sento un po’ preoccupata, dall’altro sono tranquilla perché sono la prima ad amare l’opera e a storcere il naso rispetto ad allestimenti che vanno totalmente contro alle intenzioni dell’opera. Mi è capitato di vederne parecchie, soprattutto all’estero: anche se sono contrarie al mio modo di interpretare le cose sono felice che possano esistere perché rappresentano un altro punto di vista e rendono la discussione più interessante».

Giulio Alessandro Bocchi

© Riproduzione riservata

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