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Il momento crociato

Un solo tiro in porta e limiti lampanti: per il Parma così diventa dura

Un solo tiro in porta e limiti lampanti: per il Parma così diventa dura

di Vittorio Rotolo

02 Aprile 2025, 03:01

Si sognava un Parma da… mille (le partite in serie A toccate lunedì sera al Bentegodi) e una notte. Si è visto invece il solito Parma: una squadra che sembra avere perennemente il freno a mano tirato, a tratti assuefatta alla logica improduttiva del «vorrei ma non posso», ostaggio di limiti strutturali evidenti che affondano le radici nell'estate scorsa, quando era stato il momento di assemblare la rosa per la A. Per dirne uno, di questi limiti, tra i tanti: la poca spinta sulle corsie esterne. Man è sempre più avulso dal contesto, Almqvist viaggia a sprazzi: si accende e un attimo dopo scompare.

Un solo tiro in porta

Dei 90 minuti giocati contro il Verona resta emblematico il dato statistico, relativo ai tiri nello specchio della porta avversaria. I crociati ne hanno fatto solo uno, all'ottantunesimo, con il nuovo entrato Ondrejka: una conclusione non già costruita al culmine di un'efficace trama offensiva, ma nata in maniera casuale, da un giocatore che ha sostanzialmente provato a pescare il classico coniglio dal cilindro. Montipò ha fatto il suo, negando al Parma la gioia di una vittoria che sarebbe sì immeritata ma assolutamente preziosa. No, così proprio non ci siamo.

Il bicchiere mezzo pieno

Nel post partita Cristian Chivu ha sottolineato di volersi tenere ben stretti lo spirito mostrato dalla squadra e i sei punti conquistati sotto la sua gestione. Un ragionamento del tutto condivisibile, se ci mettiamo nei panni di un allenatore che ha ereditato una situazione al limite del disperato, ma che fila solo in parte.

In termini di punti, è vero: l'arrivo del tecnico rumeno ha sicuramente prodotto una sterzata considerato che Pecchia ne aveva collezionati 20 in 25 giornate, con una squadra che restituiva l'immagine di un treno prossimo al deragliamento.

Altrettanto innegabile il fatto che la fase difensiva, con Chivu (uno che di sicuro se ne intende), ha migliorato la propria tenuta: quattro gol incassati in cinque partite (0,8 di media, ma pesano i due contro il Torino) a fronte dei 45 palloni raccolti nella propria porta nelle 20 partite con Pecchia alla guida (2,5 di media). Per due volte su cinque, inoltre, Suzuki ha mantenuto inviolata la propria porta: contro l'Hellas appunto e, in precedenza, alla prima assoluta di Chivu sulla panchina crociata, nel derby emiliano col Bologna, che veleggia in zona Champions e nelle ultime tredici sfide di campionato ha perso solo a Parma.

Il bicchiere mezzo vuoto

Quanto allo spirito e alla determinazione mostrati dal Parma, sorge ben più di una perplessità. Partiamo dalla constatazione più banale: a Verona era uno scontro diretto. Visto il calendario che attende al varco Delprato e compagni, era un'occasione d'oro per mettere del fieno in cascina. In più, l'avversario ha fatto poco o nulla per vincere. Bisognava avere più carattere e convinzione. «Graziato» in avvio dalla traversa di Mosquera, il Parma si è subito scosso. Keita è apparso mobile e reattivo, Bernabé (stringendo i denti, dopo aver preso una botta in avvio) ha cercato di illuminare la manovra. Ma è mancato il guizzo giusto, la classica giocata «pulita» da servire agli attaccanti, i rifornimenti che aiutino un reparto offensivo asfittico.

E poi i cross, questi sconosciuti. Sulle corsie esterne c'è un problema non di poco conto. Non è neanche questione di sistema di gioco, bensì di interpreti. E a questo punto è lecito chiedersi cosa potrà fare lo stesso Milan Djuric - rivisto in campo al Bentegodi dopo quasi due mesi -, non appena sarà tornato a pieno regime. Un'altra incognita che pesa come un macigno. Quanto la poca profondità della panchina: a Verona Chivu ha provato a un certo punto a rimescolare le carte, ma i cambi non hanno sortito gli effetti desiderati. E non per colpa dell'allenatore, cui non si possono di certo imputare le scelte di mercato. A proposito, anche quello di riparazione fin qui non ha sortito gli effetti sperati, eccetto il punto strappato contro il Toro grazie alla doppietta del giovane Pellegrino. Poco per salvarsi. Alla voce speranza, che è sempre l'ultima a morire, non resta che aggrapparsi proprio a Djuric. Chissà.

Vittorio Rotolo

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