ravenna
Sua Maestà non si offenda: ma il Po non ha nulla da invidiare al Tamigi. E se nella Torre di Londra si preservano i monili della Corona, nella Bassa, sotto le umide volte, ci sono altri gioielli che, a modo loro, non sfigurano. Non li indossano le dame, è vero. Ma regalano comunque brividi.
Si potrebbe raccontare così, come l'incontro tra due mondi meno lontani di quello che si potrebbe pensare, la giornata di Re Carlo III a Ravenna durante la sua visita di Stato nel nostro Paese.
C'erano, ovviamente, Mattarella e i corazzieri ma anche un altro presidente e un sindaco. Il primo è Carlin Petrini, creatore e padre nobile di quel sogno benemerito che è Slow Food; il secondo è Massimo Spigaroli, cuoco stellato e primo cittadino di Polesine Zibello. Per un vero incontro al vertice non serviva altro.
«Lo ammetto: è stata una grande emozione», racconta oggi, ripensando a quei momenti, lo chef-artigiano - la definizione è sua – che all'approssimarsi dell'arrivo del sovrano in Italia ha ricevuto un invito personale. Vale la pena di ribadirlo: non sono cose che capitano a tutti.
«Io in realtà il re Carlo III l'ho conosciuto tempo fa, quando non era ancora salito al trono – ricorda Spigaroli che deve questa frequentazione con l'inquilino di Buckingham Palace ad un ben più prosaico monarca delle nostre terre: il culatello. «Tempo fa qualcuno fece avere un mio salume all'allora principe che rimase colpito da questo prodotto eccellente – prosegue Spigaroli. - Lui chiese chi l'avesse realizzato e Carlin Petrini fece il mio nome».
Non servì altro: dal consolato britannico partì una discreta telefonata: «Mi chiesero se ero disponibile ad andare in Galles ad incontrare una non meglio precisata importante persona. Stupito, pensai ad una burla e non risposi. Loro insistettero: e allora capii che si riferivano al principe Carlo».
Ora, detta così potrebbe sembrare una di quelle storie magiche che «quella fettaccia di terra vicina al Po» sa creare. Il bello è che è tutto vero: e il racconto prosegue. - Arrivai in Galles e incontrai una serie di esperti locali a cui spiegai come nasce il culatello e per essere più chiaro gli mostrai come si lavorano le carni», prosegue Spigaroli che vide sul volto dei macellai locali lo stupore. «”Ma dove ha imparato questa tecnica?”», chiesero i norcini inglesi. La risposta è definitiva: «In casa mia lo facciamo da generazioni - sbottò Spigaroli. -. E il mio bisnonno preparava i salumi per Giuseppe Verdi»,
Italia-Inghilterra: 2 a 0: la sfida avrebbe potuto terminare qui. Ma il giorno successivo il sindaco-chef doveva incontrare il principe. E certi rendez vous si preparano cura: «Venni istruito sull'etichetta di palazzo e le regole da rispettare: mai toccare sua Maestà, parlare solo se interrogato e il té, icona anglosassone, si beve dopo che lui ha sorbito il primo sorso».
Fisime da cortigiani, si potrebbe dire. Perché tra Spigaroli e il principe, senza troppe manfrine, scattò una immediata simpatia. «La conversazione doveva durare cinque minuti, siamo andati avanti a conversare a lungo».
Parlare soprattutto capendosi al volo, condividendo un pensiero, una filosofia. «Un giornalista presente scrisse che pareva l'incontro di due contadini: io direi, più che altro, tra due persone che amano l'ambiente e che lo voglio proteggere. Che credono che la natura sia fondamentale». Anche se, inatteso colpo di scena, non tutto andò come previsto: «Carlo mi chiese di lavorare per lui le carni dei suoi allevamenti e io mi rifiutai: “Nessuno ha mai detto di no al re», sorrise Carlo. E io gli spiegai che per avere i culatelli serve la Bassa, la sua nebbia, la nostra aria. Lui, con estrema sensibilità, capì cosa intendevo. E mi disse che mi avrebbe spedito le carni da lavorare a Zibello».
Da allora, in remoto, la collaborazione è proseguita e anche nelle fattorie reali di Sua Maestà, qualcosa del saper fare della Food Valley è arrivato. «Ma dopo la sua salita al trono non avevo più avuto contatti: mi ha fatto piacere che mi abbia voluto invitare e incontrare a Ravenna». Immaginate la scena: le strade blindate, le guardie del corpo con l'auricolare sparse ovunque così come le transenne come una barriera insormontabile. Ma per Massimo Spigaroli le porte erano aperte.
«Il re mi ha salutato con cordialità, dicendo di ricordare tutto di me e ribadendo che il mio lavoro è necessario: dobbiamo tutelare il nostro ambiente, difenderlo. Anche Mattarella è stato molto cortese, ha ricordato una cena che ho preparato per lui a Parma e ha insistito che anche il ruolo di sindaco è importante: perché ciascuno di noi deve impegnarsi e fare la propria parte».
Poi, come è normale in una giornata così convulsa Carlo III, sovrano del Regno Unito e dei reami del Commonwealth, ha proseguito il suo percorso tra ospiti più o meno blasonati e tanta folla.
«E' stato un incontro che mi ha veramente fatto molto piacere – conclude Spigaroli che, ammette, solo in un secondo momento ha percepito la scossa dell'emozione. - Ma la cosa che conta davvero è che non si tratta di un mio successo personale, di un motivo di vanto per me: io credo che questa circostanza abbia rappresentato un momento importante per il mio territorio, per i nostri prodotti».
Il sovrano è tornato a Buckingham Palace, Spigaroli ha ripreso la sua vertiginosa routine di chef- artigiano. E la Bassa, sorniona, sorride. La corona che indossa forse non si nota subito: ma se ascolti con attenzione si capisce che questa è terra da re.
Luca Pelagatti
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