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Il ricordo dei parroci parmigiani

«Papa Francesco, padre dell'umanità: oggi ci sentiamo più soli»

«Papa Francesco, padre dell'umanità: oggi ci sentiamo più soli»

di Marco Bernardini

22 Aprile 2025, 03:01

Sgomento, incredulità e grandissimo dolore. Ma anche la consapevolezza di un'eredità vasta e preziosa di cui tenere conto per affacciarsi in un futuro, all'apparenza, incerto e nebuloso. Così il mondo ecclesiastico di Parma ha accolto ieri mattina la triste e, per certi versi, inattesa notizia della scomparsa di Papa Francesco, una guida spirituale autentica che in questi dodici anni di pontificato ha impersonificato al meglio il dolore dell'umanità e le speranze dei popoli. Anche la diocesi della nostra città si raccoglie nel lutto, esprimendo profondo cordoglio e una sincera gratitudine verso il primo Santo Padre proveniente dall'America Latina.

A cominciare da don Matteo Visioli, parroco prima a Collecchio e ora a Fornovo, che dal 2017 al 2022 fu sottosegretario al Dicastero per la Dottrina della Fede in Vaticano. «Era una persona molto presente negli uffici della Curia Romana, non delegava più di tanto e seguiva personalmente tutte le questioni: aveva una grandissima capacità di gestione del governo, memoria e conoscenze dettagliate che favorivano un interessamento diretto. Un uomo sempre attento ai “piccoli” e ai soggetti più defilati, ci ricordava spesso che la ricerca della fede doveva comprendere, soprattutto, loro, forte di una spiccata sensibilità nei confronti della parte più invisibile del mondo». Uno degli aspetti più significativi per i quali sarà ricordato nella storia. «Forse per la sua formazione e provenienza, la dimensione molto ampia del suo sguardo tendeva a non separare Chiesa e mondo. Si sentiva il Padre di tutti dal cuore grande, capace di interessare e attrarre chiunque, sia i credenti che i non credenti. E poi era una delle poche voci di unità in un mondo diviso e separato».

Concetto ribadito anche dal presidente del Capitolo della Cattedrale, don Raffaele Sargenti. «Di lui mi sono rimaste impresse tante cose: in primis, mentre i potenti della Terra parlavano di armamenti, l'unico che invocava la pace era proprio Papa Bergoglio. Poi la scelta del nome Francesco, che rappresenta la povertà più assoluta e si è sempre schierato contro i simboli del potere. E la grandezza del Papa è che, oltre a donare tutto quanto se stesso, ha raccontato con molta semplicità il nostro modo antico di guardare avanti vivendo, però, con l'umanità odierna in maniera estremamente forte e dialogante. Un recupero dei pontificati passati in una visione proiettata tra presente e futuro: da questo punto di vista resterà un profeta delle scelte di oggi per il domani».

Sentita la testimonianza di padre Francesco Ravaioli, frate del Santuario di San Francesco del Prato, dal quale il Papa ha preso il nome. «Il suo è stato un magistero sociale molto forte, basato sulla fratellanza universale e sull'attenzione alla natura creata da Dio. Il messaggio più importante è quest'amore fraterno e universale, capace di guardare a tutti come fratelli al di là delle appartenenze. E l'insistenza sui concetti legati alla dignità dell'uomo, alla sacralità della vita e al rispetto del prossimo costituisce il fondamento del desiderio più profondo di pace, uguaglianza e fraternità contenuti nell'enciclica».

Altri meriti di indubbio valore gli sono riconosciuti da don Umberto Cocconi, già professore all'istituto delle Scienze Religiose e curatore della rubrica settimanale «Il Vangelo» sulle colonne della «Gazzetta di Parma». «Lo ritengo un faro, un padre dell'umanità e oggi ci sentiamo più soli. Ha attivato dei processi all'interno della Chiesa e i frutti del suo magistero li vedremo, soprattutto, tra qualche anno. Ci lascia un'eredità immensa da non sperperare: l'attenzione primaria a coloro che non hanno voce, la capacità di ascoltare il grido dell'umanità e di parlare anche a chi è lontano dalla chiesa, l'essenzialità e il coraggio di alcune scelte. Era un “inclusivo” che inseguiva la giustizia sociale e viveva fino in fondo la radicalità del Vangelo».

Sulla stessa lunghezza d'onda don Luigi Valentini, parroco di Marore nonché fondatore e responsabile della Comunità di Betania. «Il lascito più grande di Papa Francesco è quello di recuperare la libertà che nasce dal rispetto reciproco e dal riconoscimento della dignità di ogni uomo. Ci accorgiamo così che il fatto di schierarsi dalla parte dei deboli e dei fragili è un vero percorso di civiltà che si costruisce a più mani nel tentativo di dare giustizia ai più penalizzati. La Chiesa moderna deve guardare in faccia l'uomo con gli occhi di Dio». Non indifferente il suo impegno incessante in favore della pace. «È veramente colui che ha proposto le modalità radicali affinché sia possibile raggiungere la pace attraverso il disarmo, la diplomazia, gli incontri e definendo la guerra una follia».

Commosso e toccante l'intervento del parroco della Cattedrale, don Demetrio Ferri. «Un fulmine a ciel sereno, sinceramente non me l'aspettavo -confessa- la notizia ci ha preso alla sprovvista e stiamo ancora elaborando il lutto. Eravamo tutti affezionati a lui, ci ha dato un'impronta e indicato una visione del Vangelo e una guida della Chiesa verso una strada chiara e delineata da cui sarà difficile tornare indietro. Ecco perché non verrà mai dimenticato».

Marco Bernardini

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