Intervista
A cantare il ruolo di Maddalena di Coigny in «Andrea Chénier», che andrà in scena al Teatro Regio a partire da sabato alle 20, sarà il celebre soprano spagnolo Saioa Hernández, che aveva già calcato il palcoscenico di Parma in «Tosca» e in «Nabucco».
Come si è avvicinata alla musica in generale e al canto in particolare?
«La musica mi è sempre piaciuta e ho sempre amato ballare e cantare. L'incontro con l'opera è stato più casuale: mentre ero nel coro della mia università (stavo studiando Giurisprudenza) mia madre ha iniziato a collezionare le opere che uscivano in edicola e ho iniziato ad ascoltarle anche io. Nel coro facevamo anche delle lezioni individuali e i maestri e la direttrice del coro mi chiesero perché non studiassi canto lirico. Da lì è iniziato il mio percorso: mi esibivo, anche come corista, in concerti, ma un giorno ebbi la possibilità di cantare nel coro di una Traviata in forma scenica. È stata la prima volta che ho fatto opera e da lì ho capito che questo era quello che avrei voluto fare: interpretare un ruolo sulla scena era la mia vocazione».
Un suo video, reperibile in rete, di un'aria del «Pirata» di Bellini è preceduto da un prezioso elogio fatto dal soprano Montserrat Caballé: quanto è stato importante per lei questo incontro?
«È stato fondamentale da tanti punti di vista. Prima avevo studiato quattro anni con un maestro che mi aveva trasmesso un sacco di vizi: altri che lo hanno avuto come insegnante hanno dovuto interrompere la carriera. Io riuscivo, comunque, a fare qualcosa grazie alla natura e all'intuizione, ma non avevo una buona base tecnica. Dopo aver vinto il concorso “Manuel Ausensi” del Liceu, suo fratello Carlos, che era in giuria, riconobbe le mie potenzialità e mi offrì di debuttare “Norma” e voleva che la preparassi insieme alla sorella. Allo stesso concorso ottenni anche una scrittura per “Il pirata”, da debuttare il mese successivo rispetto a “Norma”. Preparai entrambi i ruoli con Montserrat e con Carlos: lei mi ha aperto gli occhi riguardo alla tecnica capendo cosa non stava funzionando e quale direzione avrei dovuto prendere. È stata una guida sotto tutti i punti di vista. Un anno dopo il concorso mi ha presentato con queste parole, al concerto alla fine della master-class tenuta da lei: non abbiamo, quasi, foto insieme, ma questo video è veramente prezioso perché mi ha molto aiutato dopo averlo inserito nel materiale che inviavo alle agenzie».
Quali sono le difficoltà di questo ruolo?
«Lo debuttai nel 2019 in questa produzione: è un ruolo che non ho cantato tanto anche se ha segnato il mio esordio nei teatri emiliani e ho fatto diversi “jump-in” al Covent Garden e a Vienna la settimana scorsa. Sono state poche le occasioni di cantare questo ruolo e ancora meno quello di farlo con delle prove che per me sono molto importanti. Mi piace l'adrenalina di fare sostituzioni all'ultimo minuto e credo di funzionare molto bene, ma per un cantante è anche fondamentale preparare bene un ruolo, mettendolo bene in voce. Per certi aspetti questo ruolo è comodo: sono abituata e mi piacciono molto i ruoli che ti tengono sempre in scena, ti permettono di dare tanto e di sviluppare molto il personaggio. In Maddalena ci sono tanti momenti di pausa che sono allo stesso tempo un riposo, ma anche una difficoltà: soprattutto durante le prove tra un momento e l'altro in cui si canta la voce rischia di raffreddarsi. La scrittura, comunque, è insidiosa perché è in una zona centrale dove tante voci femminili trovano una difficoltà: si canta tanto nel centro della voce e c'è il rischio di appesantire quella zona. Non bisogna allargare troppo trovando i punti dove si può dare un po' di più, ma non bisogna lasciarsi andare. È molto difficile perché nel fragore della scena è facile lasciarsi prendere la mano. Tutti i ruoli nel verismo sono difficili: anche quando ci sono solo quattro frasi sono scritte in modo difficile».
Come bisogna approcciare il «verismo» dal punto di vista vocale?
«Il canto è uno e la base tecnica è sempre quella: questi ruoli, se non si proviene dal bel-canto, come dicevamo in questi giorni con Kunde, sono difficili e senza una solida tecnica non si può mantenere il controllo. Se si conosce il bel-canto si può fare tutto: l'approccio deve essere lo stesso anche ai ruoli veristi, se si vuole interpretarli in modo sano per la voce. Così, con il tempo, si può mantenere meglio il proprio strumento».
Giulio A. Bocchi
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