Parma Calcio
Mettiamo da parte l'epilogo beffardo contro il Como: una sconfitta maturata al di là di ogni (eventuale) demerito dei crociati e che non può minimamente offuscare il cambio di passo registrato dal Parma nelle ultime settimane. Che è il frutto, indubbiamente, dell’unità di intenti e della ritrovata fiducia, alimentata dai risultati positivi messi in fila nel momento più delicato della stagione. Ma c’è un fattore che più di ogni altro sembra aver inciso sulla risalita: la “mano” di Christian Chivu. Le sue scelte tattiche, la sua capacità di “normalizzare” un ambiente che appena due mesi fa era in preda al panico e la sua versatilità hanno letteralmente cambiato pelle al Parma.
Le mosse
La sua rivoluzione, il tecnico romeno, l'ha portata avanti in maniera quasi “silenziosa”. Saldo al principio della coerenza, e aggiungendo un pizzico di sano pragmatismo, Chivu è riuscito a cucire l’abito su misura per questa squadra, sulla base delle caratteristiche dei giocatori a disposizione. Senza mai cedere alla tentazione di stravolgere chissà cosa o, peggio ancora, inerpicarsi lungo i pericolosi sentieri delle sperimentazioni. Cambio di modulo, nucleo definito degli interpreti, intelligente gestione delle rotazioni con l'inserimento graduale di alcuni jolly “pescati” dalla panchina e rivelatisi preziosi: ecco gli ingredienti della «ricetta Chivu».
Il modulo
Partito con un’idea tattica fondata sul 4-3-3 Chivu aveva fatto intravedere qualcosa di diverso già in occasione della sua seconda uscita sulla panchina del Parma, a Udine. Ma la svolta, quella vera e decisiva, è arrivata solo contro l’Inter, un mese e mezzo dopo il suo insediamento. E non è un caso che, da lì in avanti, i crociati abbiano trovato la giusta continuità sotto il profilo dei risultati e delle prestazioni. In svantaggio di due reti alla fine del primo tempo, contro i nerazzurri, il tecnico decide che sia tempo di cambiare: fuori Hernani, Almqvist e Man, dentro Bernabé, Leoni e Pellegrino. Passano giusto otto minuti e Chivu richiama pure Sohm per inserire Ondrejka. Il Parma rimonta grazie proprio ai gol di due dei nuovi entrati (Bernabé e Ondrejka) e di fatto rinasce. Valeri a tutta fascia, Leoni titolare fisso, Bonny e Pellegrino schierati per la prima volta insieme dal primo minuto: a Firenze il “nuovo” Parma, con il 5-3-2 quale marchio di fabbrica (ma adattabile a seconda delle situazioni che emergono nel corso della partita), ha già preso forma.
Gli uomini chiave
Nelle ultime due partite, poi, un evento più unico che raro da queste parti: la formazione iniziale che scende in campo contro il Como risulta infatti la stessa di quella proposta cinque giorni prima all’Olimpico contro la Lazio. Un undici che ricalca l’altro opposto in precedenza alla Juve, con gli unici sostanziali cambiamenti, in questo caso, determinati dagli imprevisti, ovvero gli infortuni muscolari occorsi a Vogliacco e Bernabé.
Dalle difficoltà, insomma, mister Chivu ha saputo trovare risorse interessantissime, mettendole al servizio della squadra. Come Hainaut, a lungo rimasto ai margini e che contro il Como è stato di gran lunga il migliore in campo: con le sue sgroppate sulla fascia, il francese è stato una spina nel fianco per gli avversari e le occasioni più nitide per il Parma sono scaturite proprio dalle sue iniziative.
Di Ondrejka abbiamo già detto e scritto un po' tutto. Contro l’Inter, con la sua corsa e la sua imprevedibilità lo svedese ha letteralmente “spaccato la partita. Dalla trasferta di Roma, se fossero arrivati tre punti, Ondrejka sarebbe stato accolto a Parma come l'eroe della salvezza.
Leoni ha mostrato una sicurezza degna di un veterano. Accanto a lui Valenti, che in realtà già nell’ultima parte della gestione Pecchia si era guadagnato ampio minutaggio ma il cui rendimento è cresciuto in maniera esponenziale con Chivu, al punto da diventare una pedina inamovibile dello scacchiere tattico. Infine Keita. Per tanto tempo considerato un oggetto misterioso, con il cambio della guida tecnica il centrocampista belga è stato impiegato sempre, dal primo all’ultimo minuto, assicurando alla squadra equilibrio, fosforo ed energia. Per l’ultimo sforzo da compiere nei 270' che restano, partire da queste certezze costituisce già un bel vantaggio.
Vittorio Rotolo
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