Stati generali dell'innovazione
Bilancia perfettamente rischi e opportunità. Si volta verso il passato per anticipare la direzione del cambiamento: «Stiamo compiendo gli stessi errori del XIX secolo: identifichiamo il progresso tecnologico, ora l'AI, con il progresso sociale». Non ha dubbi Daron Acemoglu, professore del dipartimento di economia del Massachusetts Institute of technology e premio Nobel per l’economia 2024, ieri intervistato dal giornalista del Sole 24 Ore Luca De Biase agli Stati generali dell'innovazione: «Il progresso non è solo tecnologico, ma anche sociale e culturale».
«L'Ue sia competitiva»
Anche per questo, è fondamentale «il ruolo delle istituzioni» e delle normative. E a proposito dell' «AI Act» europeo, l’economista turco-statunitense (in collegamento da remoto), spiega: «L'intelligenza artificiale deve essere regolamentata, l’Europa deve scegliere un regolamento giusto, in linea con i principi umani e democratici che la caratterizzano, ma allo stesso tempo diventare competitiva come le società big-tech Usa o cinesi».
In sostanza: per fare sì che le norme vengano rispettate e che siano efficaci, bisogna prima fortificarsi concretamente nel settore tecnologico. «L’Europa deve fare un up-grade per quanto riguarda l'intelligenza artificiale - ribadisce l'esperto -: deve acquisire leadership, altrimenti il rischio è che diventi davvero il fanalino di coda». Continua su questa linea, consigliando all'Europa di «ergersi e diventare competitiva in questo campo».
E a proposito di quadri giuridici aggiunge: «I regolamenti sono come i muscoli: vanno esercitati correttamente», sorride.
Impiego militare dell'AI
Ma a proposito dell'AI Act, il primo quadro giuridico globale sull'intelligenza artificiale introdotto dall'Unione Europea, «qualcosa sfugge»: cioè la regolamentazione dell'uso militare di questa nuovissima forma di tecnologia. «C'è un rischio caos? Temo di sì, in questo mondo, dove chi governa l’AI ha un vantaggio strategico, dubito che i governi vorranno regolamentarla - risponde l'ospite internazionale -. In un mondo governato da governi nazionali, eccetto l’Europa, dove l’Onu è debole, sarà difficile avere un regolamento che vada contro gli interessi di parte». Un regolamento, cioè, che vada contro «gruppi militari forti come Cina e Stati Uniti - continua -. Dobbiamo sperare che le persone diventino ragionevoli e che si abbia sempre più consapevolezza».
Tecnologia e potere
Perché tecnologia e potere sono strettamente collegati. «L'ascesa del populismo è fortemente legata al fallimento della conoscenza e competenza dei politici - dice senza giri di parole -. Non c'è altro percorso: oggi serve una competenza forte e indipendente all'interno dei governi».
Dall'Italia all'Europa, si finisce dritti negli Stati Uniti. L'economista «approda» subito oltreoceano. Immancabile una riflessione sui dazi: «Io penso che nemmeno Trump riesca a capire a pieno la situazione geopolitica, anche se credi nei dazi non c'è giustificazione alla tipologia di tariffe che ha imposto», sottolinea l'esperto. Alla luce di questo, «è importante che l’Europa agisca insieme e stabilisca le priorità, paesi come Italia o Spagna da soli sono deboli - spiega -. Sono preoccupato per il futuro ma al tempo stesso l’Europa ha l’opportunità di rendersi indipendente dagli Stati Uniti».
Il ruolo delle università
E a proposito di formazione e competenze, Acemoglu rilancia: «Se in America iniziano ad odiare le università perché» i ricercatori «non li portiamo in Europa?».
Ma che terreno fertile può offrire il Belpaese agli studenti e ricercatori di tutto il mondo? Acemoglu «colpisce» duro anche sul contesto accademico italiano: «Dobbiamo essere realisti: in questi ultimi 35 anni le università italiane non sono andate così bene - afferma -. La burocrazia ha un peso eccessivo, poi ci sono poche risorse, c'è troppa competizione e poca apertura ai giovani ricercatori».
I giovani invece, in America, a livello accademico «non sono stati fermati - fa notare -: portando le loro nuove idee all'interno delle università, i giovani hanno creato un entusiasmo generale: questo in Italia e in tanti altri Paesi europei non l'ho visto». Ecco l'auspicio, l'invito ai tanti studenti presenti sulle poltrone del Paganini e alle istituzioni: «Bisogna creare un ambiente in cui i vostri pensieri possano avere un impatto», dice schietto il premio Nobel per l'economia.
Il mondo universitario può diventare, così, un luogo ancora più fecondo. Un avamposto contro l'odio: «Gli accademici sono catalizzatori attratti da ambienti che non sono conflittuali», fa notare Acemoglu.
«Noi e AI: complementari»
Dalla geopolitica, alla ricerca. Dalle armi, alla vita quotidiana (con Chat Gpt, per esempio, possiamo chiedere «come si cucina l'amatriciana?» o «come cambiare una lampadina»). L'intelligenza artificiale fa già parte del presente. Conoscerla è il passo per non avere paura, regolamentarla è il salto per poterla utilizzare riducendo i rischi.
«Potrò usare l'AI per cerare informazioni più rapidamente, ma servirà sempre la competenza umana - rassicura il premio Nobel per l'economia -: l'AI renderà più semplici e redditizi alcuni compiti, ma rimarrà uno strumento complementare». Perchè, nonostante tutte le ombre, le difficoltà e i timori, non dimentichiamoci mai che «nel progresso c'è sempre anche qualcosa di buono».
Anna Pinazzi
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