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Storie di mister

Fausto Musiari: «La mia filosofia? Vincente. Nel senso che il gruppo deve dare l'anima».

Fausto Musiari: «La mia filosofia? Vincente. Nel senso che il gruppo deve dare l'anima».

di Remo Gandolfi

14 Maggio 2025, 03:01

È possibile lasciare una “traccia” indelebile nel cuore e nell’anima di ogni ragazzo allenato durante la propria carriera di “mister”? No, non è affatto facile. Eppure, Fausto Musiari, professore di Educazione fisica, che “vive” quotidianamente il contatto con degli adolescenti, nella sua carriera di allenatore ci è riuscito. La sua sensibilità, il suo spessore e la sua attenzione verso la “persona” sono caratteristiche conclamate per chiunque lo abbia incontrato nel suo cammino trascorso in gran parte nei settori giovanili ... Un percorso, non dimentichiamolo, ricco di soddisfazioni e di risultati importanti.

1 L’allenatore più bravo avuto nella sua carriera di calciatore.
Ho iniziato a giocare a calcio nella squadra del mio paese, Corcagnano, a 11 anni. Sono arrivato a giocare fino a 30 anni, tra seconda e prima categoria per poi dedicarmi esclusivamente ad allenare. A 45 anni un "rigurgito senile" e la voglia di rimettermi in gioco in terza categoria (promossi) per poi appendere definitivamente le scarpe al chiodo. In tutti questi anni da calciatore (anche nelle stagioni più difficili e complicate) ho cercato di imparare da tutti gli allenatori sia le cose buone da ripetere sia quelle meno buone da evitare. Non so se c'è stato un allenatore migliore. Voglio citare il mio primo mister, Giorgio Paini e l'ultimo, di una lunga serie, Davide Garulli, con cui avevo condiviso diversi anni come compagno di squadra nelle giovanili del Sala Baganza.

2 Quando ha iniziato a pensare di voler fare l’allenatore?
Direi da sempre, da quando ho iniziato a giocare a calcio. Tranne che in porta ho giocato ovunque, difesa, centrocampo, attacco, esterno, interno. E' stato un modo per giocare sempre e osservare il calcio nelle diverse parti del campo. Poi a 18 anni il mio primo allenatore mi ha chiesto di aiutarlo come vice in una squadra di ragazzini a Sala Baganza e da quel momento ho continuato fino ad oggi.

3 Qual è la sua “filosofia” di gioco.
Vincente, ma non nel senso di vincere a tutti i costi, ma di dare tutti insieme "l'anima" per fare il meglio possibile come gruppo.

4 Quale considera sia il suo maggior pregio da allenatore.
Mi ritengo un allenatore coerente. Ho sempre cercato di non fare o pensare troppo in grande, ma di concentrarmi sul mio lavoro quotidiano e sulla “crescita”, umana e calcistica dei miei ragazzi.

5 Su quale aspetto invece ha sempre fatto più fatica?
Penso nel lavoro preparatorio delle palle inattive. Non è mai stata ne una mia passione e neppure una mia priorità.

6 Lo schema tattico preferito e utilizzato maggiormente.
Non ho un modulo fisso, Preferisco capire come fare rendere al massimo il gruppo a disposizione, lavorando, contemporaneamente, sull'importanza di essere mentalmente elastici nel cambiare in qualsiasi momento della partita.

7 La partita più bella giocata da una delle sue squadre.
La finale regionale Allievi dilettanti con i Crociati Noceto contro il Bakia Cesenatico. Perdevamo 1 a 0 a poco dalla fine e riuscimmo a vincere 2 a 1. Partita memorabile e indimenticabile.

8 La squadra più forte mai affrontata in carriera.
Durante il periodo in cui allenavo le giovanili dell'U.S. Brescello abbiamo incontrato squadre come Inter, Milan, Atalanta, Bologna e tante altre compagini di massimo livello. Per noi erano extraterrestri! Un altro calcio.

9 Il calciatore avversario che più l’ha impressionata tra quelli incontrati in carriera.
Direi Alberto Cerri, ma ho visto in azione tanti altri ottimi giocatori che avevano davvero “una marcia in più”.

10 Il risultato più importante ottenuto finora (trofeo, salvezza, crescita calciatori ecc).
Al di là di alcuni campionati vinti come quelli con Sala Baganza, Crociati Noceto e Langhiranese la
mia soddisfazione più grande è vedere i ragazzi da me allenati diventare protagonisti nelle prime squadre.

11 Nel suo passato di allenatore qual è stata la più grande soddisfazione.
Quando a Langhirano con un gruppo di ragazzi del 2006 siamo partiti in 28 e ci siamo iscritti a un doppio campionato (Figc alla domenica e Csi al sabato) e abbiamo finito con una rosa di 30. Per un allenatore di settore giovanile penso che sia il successo più grande.

12 Quale invece la sua più grande delusione.
La finale nazionale Lega Pro persa 2 a 1 con gli Allievi dei Crociati Noceto contro la Pro Vercelli nel giugno del 2010.

13 Chi è l’allenatore avversario più bravo che ha incontrato nella sua carriera di Mister?
Faccio fatica a trovare un solo allenatore bravo come avversario. Tra i tanti potrei citare Bizzi, Abbati e Marcotti, ma la lista sarebbe molto più lunga.

14 C’è un aneddoto curioso o divertente che le viene in mente?
Si. Durante un ritiro in Austria in precampionato dover “marcare a uomo” i ragazzi della mia squadra perché continuamente "attaccati" in pressing dalle ragazze del luogo!

15 L’allenatore del passato da lei preferito.
Nevio Scala.

16 L’allenatore del presente da lei preferito.
Luis Enrique.

17 Ha qualche rimpianto nella sua carriera di allenatore?
Rimpianti forse no, anche se a posteriori alcuni errori li avrei evitati.... ma con i se e i ma non si conclude nulla.

18 Qual è la dote principale che deve avere un allenatore?
Coerenza e pazienza.

19 Metta in ordine di importanza questi cinque aspetti: Comunicazione-Gestione del gruppo-Preparazione fisica-Tattica e Tecnica.
Tutti al primo posto. Nel calcio attuale ognuno di questi aspetti è fondamentale.

20 Infine la formazione ideale con i migliori calciatori allenati in carriera finora. (con schema tattico annesso)
Ho svolto attività prevalentemente in settori giovanili per cui la mia formazione ideale è composta da tutti quei ragazzi che hanno condiviso con me ogni allenamento e ogni campionato dando il massimo di quello che potevano dare. Certo alcuni di questi hanno fatto carriera, diventando protagonisti in campionati importanti e spero, di aver contribuito, anche se in minima parte, a farli crescere come persone e come calciatori. Detto questo, mi piacerebbe concludere questa nostra intervista con una frase di Rosemary Brown: «Finché non ce l'abbiamo fatta tutti, nessuno di noi ce l'ha fatta».

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