×
×
☰ MENU

INTERVISTA

Christian Galli: «Io, fumettista tra Disney 2000 e manga»

Christian Galli: «Io, fumettista tra Disney 2000 e manga»

20 Maggio 2025, 03:01

«Fare il fumettista è il mio sogno da sempre, in particolare da quando ho scoperto che esistevano persone che per lavoro creavano le storie che io leggevo e amavo»: sorride, Christian Galli, e la passione per il mondo delle nuvole parlanti gli si legge sul viso, una passione coltivata con entusiasmo e metodo. Classe 1993, nato a Parma e residente a Salsomaggiore, Galli ha infatti prima frequentato il liceo artistico Toschi poi l’Accademia di Belle Arti di Bologna (corso di fumetto e illustrazione), integrando infine il suo percorso con un anno di studio alla Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia. È da poco approdata in libreria la sua ultima opera, il volume, da lui sceneggiato e disegnato, «Didi - Nascita» (Tunuè, pag. 80, euro 16,90), primo atto di una trilogia dedicata all’amicizia tra un ragazzo e una simpatica rana umanoide con strani poteri.

Christian, ogni storia ha un suo inizio: come hai scoperto e poi coltivato il talento per il disegno?
«Non ricordo con esattezza come sia nata la mia passione per il disegno e soprattutto per il fumetto. Posso dire che già alle elementari confezionavo storielle scritte e illustrate su fogli protocollo. Avevamo formato una sorta di team di amanuensi che copiavano le mie storie in modo da riprodurle (altro che stampanti!) e io personalmente ridisegnavo le illustrazioni su ogni copia. Poi alle scuole medie iniziai a scrivere e disegnare fumetti veri e propri, divisi in vignette e volumi diversi. Avevo creato un mio personaggio sulla scia dei libri di «Capitan Mutanda» di Dav Pilkey. Nelle storie di Pilkey c’erano due ragazzini della mia età che scrivevano e disegnavano fumetti per poi venderli a scuola. Ho pensato che se lo facevano loro, potevo farlo anche io».

A quali disegnatori ti ispiri maggiormente?
«Sono tanti, ma guardo soprattutto al lavoro di Matthieu Bonhomme, Chris Samnee, Lorenzo De Felici e Jocelyn Joret».

Quali sono, secondo te, i punti chiave del tuo stile?
«Forse essere un ibrido tra lo stile Disney dei primi anni Duemila e una strizzatina d’occhio allo stile manga: è semplicemente il frutto di quello che ho assorbito dalle mie letture e il modo in cui mi diverto di più a disegnare».

Com’è iniziata la tua esperienza professionale nel mondo delle nuvole parlanti?
«La mia prima esperienza in assoluto fu una doppia pagina a fumetti pubblicata dieci anni fa sulla rivista “Internazionale” in una rubrica che si chiamava “cartoline da…” dove raccontai la mia visione di Salsomaggiore Terme, città dove abito. Poi nel 2017 il mio primo contratto con Tunué, editore con cui collaboro tuttora, per il mio primo libro a fumetti “Il calore della neve” che uscì l’anno seguente».

Invece com’è nata l’idea di «Didi»?
«“Didi”, che inizialmente avevo titolato “Ranenere”, ha preso forma mentre stavo lavorando a “Menta” (Tunué, 2022). Lo avevo intitolato così perché, inizialmente, doveva essere una storia per ragazzi dove alcune misteriose rane tutte nere e dotate di poteri telecinetici diffondevano il caos in una piccola cittadina di montagna. La vicenda poi è mutata diverse volte in fase di lavorazione - per esempio, sono nati dei personaggi che l’hanno resa ancora più sfaccettata e interessante - fino alla ricetta finale che coniuga avventura per ragazzi, misteri, un nonno scomparso da dieci anni e una rana (gialla, non più nera) dotata di telecinesi acquatica. Sono sempre stato molto affascinato dalle rane e desideravo creare una storia che contenesse questi animali. In più in “Didi” ci sono numerosi punti di contatto con “Il calore della neve” e “Menta” come il legame d’amicizia tra i personaggi, il combattere qualcosa che sembra più grande di noi e il senso di meraviglia per l’ignoto».

Hai inserito, nella vicenda di «Didi», elementi autobiografici?
«Andare d’estate nella casa del nonno materno - azione che compie il protagonista Simone - è una suggestione che viene dalla mia infanzia. Nel mio caso non si parla di un paesino di montagna, ma comunque di un luogo ricco di boschi, fiumi (dunque anche di rane!), grotte e altri ambienti misteriosi da esplorare. Di autobiografico non c’è molto altro: mi piace che i miei personaggi camminino sulle loro gambe senza appoggiarsi troppo alle mie; però chi aguzzerà la vista vedrà una Panda verde acqua targata PR…».

Come imposti il lavoro?
«All’inizio stendo un soggetto lungo al massimo una mezza pagina poi lo sviluppo in trattamento (ovvero divido in segmenti tutte le vicende della storia) e infine lo trasformo in una sceneggiatura vera e propria. Il disegno arriva sempre dopo. Diverso è per gli studi dei personaggi: quelli avvengono contemporaneamente alla stesura del soggetto, in modo da aver fissato bene in mente le fattezze dei protagonisti. Una volta concluse tutte le pagine procedo alla colorazione. Ferri del mestiere: una tavoletta grafica e tanta pazienza».

Tre consigli pratici per chi vuole diventare disegnatore/disegnatrice di fumetti.
«Disegnare tantissimo, leggere tantissimo (soprattutto fumetti, ma non solo) e non demordere, che è la cosa più difficile. Il mondo del fumetto non è semplice, non si è mai “arrivati” e le porte in faccia le si prende sempre, anche da grandi. L’importante è credere nella qualità del proprio lavoro e andare avanti, informandosi sempre riguardo l’editore con cui si vuole collaborare, chiedendoci se il nostro stile è adatto al loro catalogo e se il loro operato si sposa con la nostra etica professionale».

Filippo Marazzini

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI