FESTA DEL CULATELLO
In un Paese che fa dell’enogastronomia un vanto internazionale, le «stelle» non brillano solo in sala o in cucina. Brillano nei campi, negli orti, nei mercati contadini, nelle mani di chi coltiva ogni giorno il futuro. A Zibello, durante la Festa del Culatello, due grandi chef, Massimo Spigaroli e Davide Oldani, si sono prestati a confrontarsi su qualità, stagionalità, territorio, giovani e sul valore delle radici. Il risultato? Un’intervista doppia che è anche una lezione sulla cultura del cibo.
Siete entrambi chef stellati Michelin, e questo vuol dire essere riconosciuti tra le eccellenze assolute della ristorazione. Ma una stella non si conquista solo con tecnica, servizio o impiattamento. Senza una materia prima straordinaria, nessun piatto può arrivare così in alto. Allora vi chiedo: oggi possiamo parlare anche di “agricoltori stellati”?
Spigaroli: «Sì, e lo dico senza retorica. Prima viene la terra, poi – forse – la stella. Un «agricoltore stellato», per me, è colui che lavora ogni giorno con consapevolezza, rispetto per il territorio e per la natura. Io vengo da una famiglia contadina, so cosa vuol dire seminare, aspettare, raccogliere. E ancora oggi, se voglio raccontare Zibello nel piatto, devo partire da qui. Da una materia prima viva, autentica, che sa di casa. La bravura di uno chef non basta: senza un grande prodotto, non si costruisce niente»
Oldani: «La cucina inizia molto prima della cucina. Inizia nel campo, nella stalla, nell’orto. E se scegli materie prime che abbiano una storia, una stagione, una faccia. Un agricoltore che coltiva con passione, che sa da dove viene il suo seme e dove andrà il suo prodotto, per me è già una stella. Perché il suo lavoro ci permette di fare il nostro. Per un agricoltore, le stelle sono le persone che scelgono ogni giorno i suoi prodotti. Ogni cliente consapevole, ogni acquisto fatto con fiducia, è una stella. Essere “stellati”, in questo senso, vuol dire essere coerenti, onesti, tracciabili. Vuol dire coltivare un prodotto che abbia una storia, una stagione, un’identità».
In un mondo dove tutto deve essere instagrammabile, come si riconosce un prodotto che vale?
Spigaroli: «Ciò che è bello non sempre è buono. Io ho bisogno di verità, non di perfezione. Un pomodoro storto, se profuma di sole e di terra, per me vale più di uno bellissimo. E il pubblico questo lo capisce sempre di più. Oggi chi compra è più informato. Le persone riconoscono la qualità, vogliono sapere da dove arriva quello che mangiano. E se sono attenti al green, devono capire che il vero rispetto per l’ambiente inizia scegliendo quello che cresce a pochi chilometri da casa».
Oldani: «Io lo dico spesso anche ai miei collaboratori: passiamo ore sui social a mettere dei like, e poi prendiamo il primo frutto che vediamo sul banco, senza nemmeno chiederci se è la sua stagione. La cultura alimentare parte da piccoli gesti. Una volta, da bambino, chiesi a mia madre la frittata di pomodori in pieno inverno. Mi disse: “Aspetta agosto”. Quella frase me la porto dietro da una vita. Non si tratta solo di gusto. Si tratta di rispetto, di educazione, di responsabilità».
Mercati come quello di Zibello possono davvero attrarre turismo e cultura, o sono solo romanticherie?
Spigaroli: «Altroché se lo possono. Questo mercato è il cuore pulsante di un territorio. È il luogo dove la gente si incontra, si racconta, si riconosce. E dove chi viene da fuori può davvero “assaggiare” un’identità. Il Culatello è un’icona, certo, ma attorno ci sono mille altre storie: verdure, vini, formaggi, persone. Io lo dico da tempo: l’agricoltura è ristorazione, è accoglienza, è presidio. E se non ci fosse la terra a reggere, tutto il resto crollerebbe».
Oldani: «Concordo. E aggiungo: i turisti non vengono solo per mangiare, ma per vivere esperienze. Un mercato contadino, se fatto bene, è esperienza pura. Se ti fermi, ascolti, assaggi, impari e porti a casa anche un pezzo di cultura. Ed è lì che nasce il vero valore. Perché un piatto, una bottiglia, un pomodoro sono solo l’inizio. Poi c’è il racconto. E il racconto resta».
Oggi al mercato c’erano anche i ragazzi dell’Istituto Galilei Bocchialini. Che cosa vi hanno trasmesso?
Spigaroli: «Mi hanno colpito. Non solo per i prodotti – ciliegie, verdure, formaggi – davvero eccellenti. Ma per come si sono posti: con entusiasmo, con rispetto, con voglia di raccontarsi. Non erano lì solo per vendere: erano lì per spiegare chi sono. È da lì che bisogna ripartire. Dalla scuola, dai mestieri veri, dalla terra. Sono ragazzi che sanno sporcarsi le mani e mettere dentro un’idea. Se li accompagniamo nel modo giusto, ci daranno grandi soddisfazioni».
Oldani: «Sono stati una bellissima sorpresa. Hanno portato al mercato concretezza, energia, curiosità Ora però dobbiamo metterli nelle condizioni di fare del loro meglio, anche sul piano normativo. Serve una filiera che li sostenga, che li paghi il giusto, che li rispetti. Perché non basta dirsi sostenibili: bisogna esserlo davvero».
Chiara De Carli
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata