IL PROCESSO
Sant'Andrea Bagni L'aria smarrita. Lo sguardo che pare perlustrare l'aula di tribunale alla ricerca di qualche volto che possa rassicurarlo. Un omone che sembra avere paura, Giovanni Vascelli. Eppure, è lui che ancora prima dell'alba del 22 ottobre 2024 ha sparato tre colpi alla testa alla moglie Marina Cavalieri mentre dormiva. Alla prima udienza, un mese fa, aveva preferito rimanere in cella, in via Burla, ma ieri alla fine ha deciso di esserci. Davanti alla Corte d'assise, con l'accusa di aver ucciso la donna con cui aveva vissuto per trent'anni. Ci sono anche alcuni parenti di Marina, parti civili in attesa che si formalizzi l'accordo sul risarcimento, ormai in dirittura d'arrivo. Comincia il racconto di ciò che è accaduto quella mattina d'autunno, e Vascelli si porta una mano sugli occhi: parla Domenico Giuseppe Sacchetti, comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Parma, e sfilano anche le immagini del dramma. I fotogrammi dell'omicidio che continuano a scorrere, e Vascelli sembra non voler vedere. «E' stato il nipote, Giuliano Salati, a scoprire il corpo della zia, il 24 ottobre 2024 - spiega Sacchetti, rispondendo alle domande della pm Cecilia Bavarelli -. Era andato nella casa: porte e finestre erano chiuse e nessuno rispondeva. Così aveva rotto un piccolo vetro nel seminterrato. Aveva trovato il corpo della zia adagiato sul letto e nascosto sotto una coperta, poi aveva chiamato il 112».
Marina Cavalieri, 62 anni, infermiera prossima alla pensione ma ancora in servizio al polo Lubiana di Parma, ha una ferita sul capo, poi l'autopsia rivelerà che saranno tre i colpi di fucile. Un calibro 22 che verrà trovato dopo alcune ore, in una stanza accanto alla camera da letto, nascosto sotto alcuni materassi. Non c'è invece traccia dei telefonini, sia quello di Marina che quello del marito, e soprattutto manca l'auto, una Ford Puma, della donna. Casa chiusa, eppure nessuna effrazione. Così le indagini si focalizzano subito sul marito che non si trova. «Verifichiamo che due giorni prima, il 22 ottobre, il suo telefonino agganciava la cella di Orbetello, in Toscana - spiega Sacchetti -. Emerge anche che Vascelli alle 6,33 di quel giorno ha prelevato (300 euro, ndr) a uno sportello bancomat di Medesano, che la Ford Puma è transitata alle 7,20 dal casello di Borgotaro e alle 9,30 era a Rosignano. Mentre l'ultima cella agganciata dal telefonino di Marina Cavalieri era alle 8,37 all'Argentario».
Quello è il luogo. Così, non solo vengono subito allertati i carabinieri della zona, ma un gruppo di militari parte anche da Parma. E Vascelli viene fermato nel pomeriggio all'Argentario. «Era in auto. E' uscito senza fare alcuna resistenza e poi è stato portato in caserma. Nel frattempo siamo arrivati anche noi - prosegue Sacchetti -. Vascelli ha poi fatto ammissioni relativamente all'omicidio».
Ha tracce da sparo sugli indumenti. Ma lo stub (l'esame per rilevare i residui da sparo) darà esito positivo anche nella stanza in cui era stato trovato il fucile. «Sicuramente in quella camera è stato esploso un proiettile», precisa Sacchetti. Ma quelli che hanno colpito Marina sono sicuramente tre. E il quarto? E' un punto su cui insiste il presidente della Corte, Maurizio Boselli, ma anche Francesco Mattioli, difensore di Vascelli. «Come dicevo, nella stanza adiacente alla camera da letto, è stato esploso almeno un colpo - sottolinea Sacchetti -, ma l'ogiva non è stata trovata: forse è stato sparato all'esterno, anche un giorno prima».
Insomma, è certo che da quel fucile è partito un altro colpo. Il quando e il perché restano un mistero, «anche se alcuni vicini hanno sentito degli spari tra il 20 e il 21 ottobre», aggiunge Sacchetti. Così come è sicuro che i proiettili ritrovati sono partiti dalla carabina ritrovata, ha confermato il maresciallo Giuseppe Arena del Ris, autore della consulenza balistica.
E' Vascelli che spara. Ed è lui che alle 5 del mattino del 24 ottobre invia un messaggio WhatsApp dal telefonino della moglie a una collega di lavoro di Marina: «Oggi non vengo al lavoro perché non sto bene e non posso venire a prenderti», scrive.
Cerca di depistare. Di far sì che non si crei allarme sull'assenza di Marina. Tentativo ingenuo e piuttosto grossolano. Ma perché uccidere Marina dopo una vita trascorsa insieme? Vascelli prenderà la parola nella prossima udienza. Lui e la moglie avevano rate da saldare per prestiti che avevano ricevuto: aspetti che sono emersi dopo le domande della difesa al comandante del Nucleo investigativo. Eppure, la frattura pare molto più profonda. Ma in quelle prime ore della mattina Marina non ha potuto obiettare nulla. Nemmeno un sussurro le è stato concesso.
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