Chiusi dieci negozi in soli 100 metri di strada
In 110 metri ci sono nove vetrine spente e abbandonate. Una decima è invece tappezzata di cartelli chiassosamente colorati che però recitano: «chiude -svendo tutto». Se questa è l'avvilente sensazione che si prova a guardare la via entrando nei negozi ancora attivi poi è pure peggio: «Noi non so quanto dureremo. Qui tra poco sarà il deserto».
Periferia degradata? Per nulla: se c'è un cuore commerciale per Parma è proprio quello che va dal ponte di Mezzo a via Oberdan. Ma a quanto pare è un cuore che sta smettendo di battere.
Che il commercio nei nostri giorni sospesi sia in forte difficoltà è una cosa risaputa: Confesercenti ha calcolato che nel 2014 oltre 60mila negozi in Italia hanno cessato l'attività, mentre ne hanno aperti poco più di 23mila. Non serve la calcolatrice per capire che il rapporto tra chiusure e nuove aperture è di quasi 3 a 1. Ma quelli sono numeri, statistiche. Insomma, teoria. Qui in via Mazzini, sotto i portici in discesa che vanno dal ponte di Mezzo alle prime strade laterali, la crisi si tocca con mano. E quelle vetrine impolverate mettono tristezza.
«I motivi? Sono diversi e ognuno è a suo modo grave - ragiona un commerciante tra quelli che resistono. - Quando io ho aperto, parliamo degli anni '90, qui davanti, e non solo il sabato, c'era un viavai continuo di persone. Ora non passa più nessuno. Saremo anche in centro, ma pare di essere ben oltre la circonvallazione». I tempi cambiano, si sa, le abitudini di consumo pure. Ma la considerazione dell'esercente fa riflettere: «Allora trovare in questa parte di città un negozio sfitto era difficilissimo. Adesso c'è solo l'imbarazzo della scelta». Ma pochi osano: gli affitti, si dice da più parti, sono esosi e non conoscono flessione e la concorrenza di altre forme di commercio, virtuali o meno, fa il resto. «La difficoltà di accedere in auto al centro ha penalizzato moltissimo i negozi - riflette un altro. - Molti piuttosto che prendere i mezzi o peggio lasciare la macchina nei carissimi parcheggi sotterranei preferiscono i centri commerciali. Più comodi: e noi ne paghiamo le conseguenze».
Un destino comune a molte parti della città che però qui, in quello che fu il decumano dei Romani (e il ponte antico appena sotto il manto stradale lo ricorda) sembra aver accelerato la corsa. E c'è chi ci argomenta sopra: «Un negozio chiuso si può reggere ma se le vetrine spente si moltiplicano producono un effetto valanga: chi viene a passeggiare in una strada dove non c'è più nulla? E alla fine anche quelli che provano ad andare avanti vengono travolti».
Se questa sia la regola non si sa: ma i numeri sono impietosi. Nel primissimo tratto sul lato nord, in pochi metri, sono due i negozi blindati mentre di fronte sono tre. Su tutti campeggia la scritta «affittasi»: il fatto che i caratteri iniziano a sbiadire rivela che si tratta di un intervallo di vuoto prolungato.
«C'è anche un problema di frequentazione, di immagine. Per arrivare qui dal parcheggio Toschi, si devono percorrere il Lungoparma o la Ghiaia: quello che succede in quei luoghi con risse, episodi di violenza o, banalmente, presenza di gruppi di maleducati dissuade molti dall'avventurarsi fino a qui».
Poi, a taccuino chiuso, le lamentele si impennano: «Le gallerie alle nostre spalle ora sono un deserto ma fino a non molto tempo fa gli episodi di degrado violento erano frequenti: è logico che il cliente si disamori». Ipotesi, ragionamenti: ma al di là delle speculazioni resta la realtà di una donna incontrata in un negozio che, con la voce timida di chi non vuole offendere chiede: «Mancavo da Parma da qualche anno. Ho visto che è molto cambiata e francamente in peggio. Cosa è successo?».
Difficile dare una risposta sola, meglio spiegare che le crisi hanno molte facce diverse: «Ormai si fatica anche a trovare il personale», rincarano in un altro negozio. Ma quando si butta l'occhio nella vicinissima via Goldoni, solo 62 metri di lunghezza dove i negozi chiusi sono sei - ovvero praticamente tutti - viene in mente che forse qualcosa si deve fare per non dare ragione al commerciante che, da dietro il banco, si stringe nelle spalle: «Resisto solo perché tra non molto potrò andare in pensione. Poi, giuro, una volta chiuso, non passerò più per via Mazzini. Ci ho passato la vita: ma non la voglio più vedere».
Luca Pelagatti
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