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L'intervista

Renzo Ulivieri: «La scelta di Cuesta è coraggiosa, apprezzo l'idea del Parma»

Renzo Ulivieri: «La scelta di Cuesta è coraggiosa, apprezzo l'idea del Parma»

di Sandro Piovani

03 Luglio 2025, 03:01

E chi se lo dimentica Renzo Ulivieri? Sarà stata quella sua cadenza da «toscanaccio» che faceva tanta simpatia, saranno state le sue battute, sarannpo state le sue scaramanzie, ricordate che portò il cappotto portafortuna sino all'ultima giornata di campionato, altro che caldo tropicale. Ma soprattutto è contagiosa quella sua voglia di parlare di calcio, quando era allenatore anche del Parma ed oggi che è presidente dell'Associazione Italiana Allenatori di calcio.

Cosa ne pensi dell'arrivo in Italia, sulla panchina del Parma, di Carlos Cuesta, 30 anni da compiere, il più giovane allenatore del dopoguerra...

«Un vero record. E sarà il campo a dire il valore di questa scelta. Oggi invece posso solo apprezzare il coraggio della società che ha fatto questa scelta. Poi appunto sarà il campo a dire se la scelta, oltre che coraggiosa, è stata giusta o no».

Che difficoltà può incontrare un allenatore così giovane, alla prima esperienza da titolare della panchina di un club di A, in Italia?

«Beh, intanto gli potrebbe capitare di essere più giovane di qualche suo giocatore. Capitò anche a me quando iniziai ad allenare. Però il tema non è questo. Cosa conta per potere allenare? Il sapere di calcio e il saper trattare i giocatori, questa è l'essenza».

Tu conosci Parma, si può dire che l'ambiente, la città e i tifosi, è l'ideale per un'operazione di questo tipo?

«Certo che sì. Assolutamente. Parma è perfetta per questo, perché è sempre stata una tifoseria tranquilla. Occhio però che è una tifoseria, un ambiente che ama il bel calcio. Un ambiente tranquillo ma dal palato fino».

Quando arrivasti a Parma dicesti che saresti venuto ad allenare il Parma anche da decima scelta...

«Guarda, mi ricordo bene. Lo dissi perché io non avevo mai allenato gente come Buffon, Thurama e Cannavaro per dire. Mai allenati. E poi la storia del club».

Il Parma di oggi invece punta soprattutto sui giovani...

«Certo, punta sui giovani, sulla loro crescita, la pazienza che ci vuole nel presentare questo programma, nel sostenerlo. E nel sostenere l'allenatore sino a quando è possibile. Mi sembra che la società stia lavorando in questo senso».

Come giudichi la qualità degli allenatori italiani? I nostri club, in giro per il mondo, fanno molta fatica.

«Siamo al top. Se mi domandi il livello degli allenatori italiani ti dico che siamo i migliori. Ci sono allenatori italiani di grande valore. Che fanno bene all'estero. Maresca è stato esonerato a Parma, giusto? Ora in Inghilterra sta facendo molto bene. Guarda che fa Ancelotti... E ti dico che i nostri allenatori fanno molto bene soprattutto dal punto di vista tattico. Tant'è che gli allenatori stranieri quando vengono in Italia, qualche problema ce l'hanno».

In Italia ci sono anche molti stranieri da allenare.

«Troppi, troppi. E gli italiani sono pochi e così ne risente anche la Nazionale».

Ma è difficile allenare tanti stranieri in un club, soprattutto se di serie A?

«Quando ero a Parma io avevo molti stranieri, ma allenarli non è stato un problema. Il calcio ha un linguaggio comune».

Ma non hai mai avuto nessun problema, nessun malinteso?

«Mi ricordo che una volta mi alzai dalla panchina e feci ad Almeyda il cinque con le mani, come a dire “vai a marcare il cinque”. E lui si mise a giocare davanti alla difesa. E allora io gli dissi, “ascolta mi devi dare retta” e lui mi rispose che aveva fatto quello che gli avevo chisto. Perché in Argentina il numero cinque è il volante, il centrocampista davanti alla difesa. E lui fece così. Fu una cosa di pochi minuti, poi si rimediò».

L'ultima cosa: che ricordo hai dei parmigiani, di Parma?

«Un gran bel ricordo, molto bello. Vengo sempre volentieri. Ma io sono stato a Bologna, a Modena e a Parma: dieci anni in Emilia molto belli e intensi».

Un emiliano d'adozione.

«Direi di sì, dieri di sì. Un abbraccio a tutti».

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