Via Mantova
«Questa strada è pericolosa, molto pericolosa. Bisogna fare qualcosa, trovare una soluzione. Altrimenti quello che è successo sabato sera si ripeterà». La tragica morte di Giovanni Filippo Gattola, paracadutista parmigiano di appena ventitré anni, in seguito a uno scontro tra la Aprilia su cui era in sella e una Hyundai condotta da un cinquantenne sorbolese, è ancora impressa negli occhi di chi abita in quel tratto di via Mantova, di fonte alla chiesa di San Biagio a Vicopò. Da quelle case e da quei condomini in tutti questi anni ne hanno viste e sentite, in forma di frenate e boati spaventosi, davvero troppe.
Anche ieri mattina, sul luogo dello schianto si sono moltiplicati lumini, fiori e biglietti. Per ricordare una vita strappata ai suoi affetti più cari nel fiore degli anni.
Lo schianto
Il ventitreenne paracadutista era tornato a Parma, dove abitano i suoi genitori, originari del Foggiano, e il fratello maggiore, in licenza per qualche giorno. Domenica sarebbe ripartito per la caserma Vannucci dove si trova il 187º reggimento paracadutisti Folgore, in cui Giovanni si era arruolato qualche anno fa. Intorno alle 21,30 mentre con due amici stava percorrendo in moto quel tratto in direzione Sorbolo, per cause al vaglio della polizia locale di Parma, proprio davanti alla chiesa la moto del giovane si è scontrata con una Hyundai proveniente dal senso di marcia opposto. Uno schianto tremendo: il motociclista è morto sul colpo, mentre a carico dell'uomo che era alla guida del veicolo è stato aperto un fascicolo per omicidio stradale. Sul corpo del giovane motociclista è stata disposta l'autopsia e solo dopo i suoi cari e i suoi amici potranno dargli l'ultimo straziante saluto.
Il cordoglio della Folgore
La tragica fine del 23enne ha lasciato sgomenti tutti i suoi commilitoni della Folgore di Livorno che in questo triste momento si sono stretti ai familiari del paracadutista scomparso.
Boati e schianti
«Ero in casa - ha raccontato un residente che vive non lontano dal punto dell'incidente - e ho sentito un gran boato. Ho pensato subito a un grave incidente e sono andato a vedere. L'ennesima tragedia». In un condominio proprio di fronte al punto della collisione, affacciate al balcone ci sono due donne che confermano di aver visto numerosi incidenti. «Ogni tanto sentiamo un rumore e ci affacciamo. La scena è sempre da brividi, anche perché non sai mai come stanno i feriti e se sono ancora vivi». Un paio di mesi fa un altro grosso spavento: «Abbiamo assistito a un tamponamento tra tre auto. Fortunatamente nessuno si era ferito gravemente, ma sul momento non lo sai e puoi soltanto pregare che nessuno si sia fatto male».
Allarmi antichi
Dagli archivi della Gazzetta, spuntano i resoconti di altri incidenti e delle stesse preoccupazioni di chi abita in quella zona. Nel settembre 2001, nello stesso punto di sabato, un pensionato in bicicletta venne travolto e ucciso. Ma la cronaca degli allarmi su quel tratto di strada va ancora più indietro, per ritornare con cadenza preoccupante. «Perché questa è una delle strade più pericolose del Comune», sbotta un abitante. «Dove ci sono i rettilinei, ci sono i morti e i feriti gravi», sentenzia un'altra voce.
Soluzioni
Davanti alla chiesa c'è un semaforo a chiamata, ma qualcuno punta il dito: «Molti non lo usano e rischiano attraversando la strada. Qui infatti moto, auto e camion sfrecciano». Basta pazientare qualche secondo ed ecco che qualcuno passa a tutta velocità in un punto che, va sempre ricordato, è in mezzo alle case. «Bisogna puntare sulla sicurezza - si ripete -: semafori fissi, dossi, autovelox, limiti di velocità, telecamere. Qualsiasi cosa pur di fermare tutto questo, perché qui la gente ha paura a scendere in strada».
Michele Ceparano
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