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Polemica

Educatori, quali sono le lauree non valide per operare nei nidi

Educatori, quali sono le lauree non valide per operare nei nidi

di Andrea Grassi

11 Luglio 2025, 03:01

Un'ondata di incertezza sta travolgendo i laureati al corso di Scienze dell'Educazione.

Alcuni studenti che si sono iscritti all'Università negli anni 2017-2018 e 2018-2019 infatti non possono più essere chiamati a svolgere il loro lavoro di educatori negli asili nido né partecipare a concorsi.

Il motivo? Il loro titolo di studio viene oggi messo in discussione: nel 2017 una legge nazionale ha cambiato le regole, aggiungendo l'obbligo di sostenere alcuni esami che non erano previsti nei piani di studi degli iscritti nel 2017 e 2018, per un totale di 55 crediti formativi.

Gli studenti interessati da questa normativa sono quelli che si sono laureati nella sessione autunnale del 2020 e che non hanno fatto in tempo ad aggiungere i crediti mancanti.

Dunque, lavoratori che già operano negli asili nido con contratto a tempo determinato e coloro che stanno cercando di essere inseriti nelle graduatorie rischiano di dover tornare in aula, con tanto di nuova tesi e spese universitarie. «Chi era nei primi anni ha ricevuto comunicazione dall'Università per adeguare il piano di studi, chi era in fase di laurea no - spiega Caterina Bonetti, assessore ai Servizi educativi del Comune di Parma -. E ora molti si ritrovano con un titolo che non vale per i nidi».

Il paradosso si riflette anche sul mondo del lavoro: in città sono due gli asili nidi che stanno per aprire.

«In questo momento a Parma, ma in tutta la Regione, c’è una fortissima richiesta di educatori. Noi dovremo trovare almeno 30 nuove unità solo per i nuovi nidi in apertura». Eppure, un’intera fascia di potenziali candidati resta ferma per un vuoto normativo che, oltre a penalizzare i singoli, mette in crisi anche i Comuni: «È chiaro che serva una soluzione. Non si può bloccare gente formata che potrebbe lavorare, mentre i servizi restano scoperti», conclude Bonetti.

Luana Salvarani, presidente del corso di laurea in Scienze dell'Educazione dell'Università di Parma ha chiarito la posizione dell'Ateneo in una nota rivolta ai Cobas (Comitati di base).

«L’Università di Parma ha recepito con la massima tempestività e nei termini stabiliti dalla normativa le disposizioni previste dal decreto ministeriale 378/2018», afferma Salvarani, ricordando che l’indirizzo specifico per lavorare nei nidi era stato attivato già nell’anno accademico 2019-2020.

«L’effettiva attuazione del decreto 378/2018 ha richiesto tempi tecnici non imputabili alle università, ma riconducibili alla tempistica con cui il quadro normativo è stato definito a livello centrale» continua. Una responsabilità che, dunque, ricade più sul Ministero che sugli atenei.

Infine, Salvarani rassicura sul fatto che le modifiche agli ordinamenti didattici non possono avere valore retroattivo (dunque, chi si è laureato prima di settembre 2020 non rischia nulla) e che la situazione è stata già più volte segnalata da parte del Conclep (Coordinamento nazionale dei corsi pedagogici). «Abbiamo chiesto più volte al Ministero soluzioni compensative o transitorie per i gruppi di laureati penalizzati da questo vuoto normativo».

Nel frattempo, molti operatori impegnati negli asili nido con un contratto a tempo determinato rischiano di vedere interrotto il proprio lavoro, mentre chi sperava di entrare nel mondo educativo si vede costretto a dover tornare in aula.

Un limbo professionale che ci mette di fronte a un paradosso: la lentezza dei tempi tecnici e la crescente necessità di nuovi operatori negli asili.

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