Intervista
«Oblivion Collection è una totale idiozia estiva»: Fabio Vagnarelli, parlando dello spettacolo atteso all’Arena Shakespeare di Fondazione Teatro Due martedì e mercoledì alle ore 21, sigla così la playlist di Alta Rotazione del gruppo. Racconto che frulla canzoni altrui per creare una parodia musicale originale e raffinata, «Oblivion Collection» è la summa dei successi di Grazia Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli.
L’ensemble di artisti, alla conquista del pubblico, ha travolto nelle proprie parodie anche Giuseppe Verdi. «Amiamo questa città. Al Regio - spiega Vagnarelli - abbiamo fatto l’ultima replica del nostro spettacolo sull’Otello, che prendeva in giro anche l’Otello di Verdi. Diremo ai nostri posteri che abbiamo cantato anche al Regio di Parma. Non solo: le abbiamo cantate a Verdi».
Cosa dobbiamo aspettarci da «Oblivion Collection»?
«È proprio la totale idiozia estiva che ci vuole per farsi due risate... Cerchiamo di alleggerire un po’ il contesto, sperando che nel momento in cui il pubblico è concentrato su di noi non scoppi un’altra guerra. Noi, comunque, resisteremo nel bunker della stupidità e della musica. Sarà una cavalcata tra nostri pezzi storici, novità più fresche, parodie sanremesi, ma anche uno spettacolo verità in cui raccontiamo quanto sono orrende le nostre vite e tutto è sempre stato difficile per noi».
Su cosa vi metterete a nudo?
«Sul rapporto tra di noi, le difficoltà degli inizi, le sfighe che ti possono capitare in tournée. Sarà una serata in cui si ride e si riflette sulla caducità della vita».
Qualche anticipazione?
«Raccontiamo che dopo il nostro primo spettacolo siamo stati a cena con i “Queen”, ma loro non raccontano mai di essere stati a cena con noi. Non c’è reciprocità».
Qual è la vostra personale accezione di cialtronaggine, un’autodefinizione che amate molto, sempre sul tono dell’ironia?
«Ci piace molto considerarci così, ma per nemesi non lo siamo per niente. Parliamo di futilità, cose leggere. Non ci piace essere definiti artisti ma intrattenitori. C’è valore nell’intrattenimento e noi dedichiamo tantissimi mesi alla preparazione degli spettacoli. La verità è che siamo dei precisini».
La parodia è il sale del mondo dello spettacolo?
«Sicuramente del nostro modo di fare spettacolo. Siamo nati parodiando I Promessi Sposi di Manzoni, rifacendoci ad una lezione antica che è quella del Quartetto Cetra, per noi grande fonte d’ispirazione. Da sempre cerchiamo di attualizzare le forme della contemporaneità».
Cosa è cambiato?
«Già nella nostra carriera ventennale, quello che prima facevamo in dieci minuti, perché la soglia dell’attenzione media arrivava lì, lo facciamo in un minuto e mezzo. Ci siamo dovuti reinventare con quello che va nella società. La comicità è uno specchio piuttosto immediato della società. Quello di cui si parla, i modi di dire: tutto finisce nel nostro frullatore della parodia. Poi c’è tutt’una serie di giochi, dal masch-up al mimare le canzoni, prenderle a cazzotti, destrutturate e ricostruire l’universo musicale, che è un po’ la nostra bandiera. Cerchiamo sempre di sperimentare».
Il vostro segreto per stare insieme?
«Frequentarci il meno possibile. Lo raccontiamo anche in Oblivion Collection. Mettiamo in pratica il metodo Pooh, questo gruppo di giovani ragazzi che hanno lavorato insieme per un po’ di tempo... Loro, i signori Pooh, si incontravano solo sul palco a fare le prove. Noi facciamo lo stesso. Finito lo spettacolo a Parma avremo bisogno di cinque ristoranti diversi, cinque alberghi diversi, cinque taxi diversi, per poi rivederci il secondo giorno sul palco. Quando ci rivediamo si ha molta voglia di stare insieme. Il minuto dopo ognuno va per la sua strada. Infatti non esiste una foto di tutti e cinque. Sono tutte fatte con photoshop».
Claudia Olimpia Rossi
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