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Colpo di Testa

I brividi di Gregory Kunde a 71 anni: «Cantare per la prima volta nella terra di Verdi»

I brividi di Gregory Kunde a 71 anni: «Cantare per la prima volta nella terra di Verdi»

di Vittorio Testa

29 Luglio 2025, 09:55

Sorride, sorride sempre il tenore Gregory Kunde con un sorriso annunciato dal brillìo astuto e curioso degli occhi, dallo sguardo verdazzurro, capaci di comunicare lo stato d’animo e in un battibaleno riuscire a cambiare di colpo l’umore.

Capacità di attore preziosamente coltivata, al servizio di una voce via via plasmata, adattata ai cento ruoli interpretati lungo una carriera stupefacente che ha sommato in sé quattro tenori in uno: il belcantista, il baritontenor, poi il lirico e infine il lirico spinto, a un passo dall’heldentenor.

Partito con il Belcanto e divenuto il tenore rossiniano per eccellenza, Kunde ha adattato il suo grande talento eclettico a tutto il repertorio romantico.

A 71 anni, compiuti il 24 febbraio scorso, è ancora più che mai sulla breccia: per dire, è l’unico tenore in grado di interpretare al meglio i due «Otello», quello di Rossini e quello di Verdi.

«Per la verità ho 71 anni virgola 5 mesi» dice il tenore celiando orgogliosamente sull’età: «Perché ogni mese, anzi ogni giorno che passa incide qualcosina nella mia voce…».

Argomento presago di malinconie, questo del tempo inesorabile che fugge, tant’è che il tenore americano più americano che ci sia quanto a coraggio, forza d’animo e ottimismo, confessa di avere un po’ di tremarella al pensiero di dover cantare, stasera, a Busseto, una selezione del Moro. «Come è stata un’emozione grandissima in questi ultimi giorni dare la mia voce nella “Turandot” di Puccini a Torre del Lago, così sarà una cosa da brividi cantare per la prima volta a Busseto, la patria del più grande operista del mondo, in uno dei luoghi percorsi dal Maestro», dice Kunde riandando all'incontro con Verdi avvenuto nel 2011 a Torino, pronubo il direttore musicale del Teatro Regio, Gianandrea Noseda, milanese di Sesto San Giovanni.

«Fu un po’ una follia» racconta il temerario Kunde... Era successo che cantando benissimo il Rossini serio, come «La donna del lago» alla Scala diretto da Muti, il tenore americano era stato catalogato come «voce rossiniana per antonomasia». «Bella soddisfazione» dice lui scuotendo il capo: «ma in sostanza una prigione, perché quando cantavo altro i critici sottolineavano sempre che a loro giudizio la mia era una voce rossiniana».

Sicché ecco nel 2011 il balzo verdiano, ma un po’ folle: decide per il ruolo di Arrigo dei «Vespri siciliani»: «Il più difficile, secondo me, per la tessitura, la lunghezza e la fatica fisica del dover stare in scena quattro ore. Prima di entrare in scena dissi al mio manager Impallomeni: “Io ci provo, mal che vada se non funziona vado in pensione”».

E invece ecco il Gregory coraggioso premiato dalla buona sorte verdiana e dal suo talento.

Stasera dunque sarà sul palco nell’incanto dei cortili di Villa Pallavicino: a due passi dalla chiesa di Santa Maria degli Angeli, il tempio francescano sull’organo del quale Giuseppe Verdi giovanissimo amava suonare spesso. Ma l'organo sul quale si dilettava il Verdi giovanissimo non è più nella chiesa bussetana. Obbedendo al demone della sciatteria e dell'insulsaggine, nel 1930 bisognoso di manutenzione, fu smontato e messo in cantina. Poi sciaguratamente venduto per trentamila lire alla chiesa di Trevozzo, paesino sulle colline piacentine dove è diventato un elemento di attrazione turistica. Ma adesso bisogna reprimere la voglia di maledizione: ché in campo verdiano scagliata dal Bardo arriverebbe a segno.

Meglio tornare a Kunde e a questa sera: «Un’emozione profonda, questa insieme al ricordo di Renata Tebaldi e a quello di Carlo Bergonzi, due artisti fenomenali».

Vittorio Testa

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