Gup
«Cominceremo con un massaggio. Intanto, spogliati». La donna in abiti succinti, che gli aveva aperto la porta dell'appartamento di via Borghesi per poi accompagnarlo fino al soppalco con un letto al centro, sembrava corrispondere alle aspettative. Era con una come lei che lui avrebbe desiderato trovarsi a tu per tu, quando aveva risposto a un annuncio online che prometteva roventi incontri (a pagamento). Non male, deve aver pensato l'aspirante cliente, pregustando massaggio e seguito. Poco dopo, a rendere ancora più intrigante la situazione era stato l'ingresso in scena di un'altra giovane, che si era affacciata al soppalco, giusto per chiedergli di avere pazienza un paio di minuti.
Avesse solo saputo che tipo di massaggio gli sarebbe stato praticato (e da chi), il parmigiano di mezz'età si sarebbe ben guardato dal mettersi in orizzontale ad attendere, nudo come mamma l'aveva fatto, nell'alcova mercenaria. Né la prima donna né la seconda erano ricomparse, ma un giovane energumeno, scuro di pelle e d'umore, alto uno e 90. «E tu che ci fai qui?» gli aveva chiesto a bruciapelo, quasi fosse un marito tradito. Il primo pugno, poi, l'aveva simulato, mentre gli altri l'omaccione li aveva sferrati a raffica, alternati a calci.
Il malcapitato, nel tentativo di proteggersi era riuscito solo a farsi graffiare le mani e a farsi strappare dal polso il Rolex Daytona d'oro, unico «indumento» rimastogli addosso. Anche della sua catenina d'oro s'era impossessato il giovane (valore del bottino 25mila euro), prima di staccarsi dalla vittima per andarsene. Sarebbe stata solo una breve tregua, aveva minacciato l'aggressore che aveva imboccato le scale per scendere dal soppalco sibilando: «Vado a prendere la pistola e ti ammazzo».
Invece, il tizio non era più ricomparso. Sanguinante, il parmigiano si era rivestito e aveva attraversato l'appartamento ormai deserto. Per chiedere aiuto, era dovuto entrare in un negozio: anche l'iPhone gli era stato sottratto. L'Sos lanciato poco dopo aveva fatto intervenire due pattuglie della Squadra volanti, oltre a un'ambulanza inviata dalla centrale operativa di Parmasoccorso. L'aggredito presentava ecchimosi e tagli al volto, al collo, alle labbra e alle mani: ma per quanto malconcio aveva rifiutato il ricovero. Intanto, dei tre si erano perse le tracce, nonostante la caccia all'uomo scattata nel quartiere. Era il 6 settembre scorso ed era solo questione di tempo: sarebbe stata la Squadra mobile, grazie soprattutto all'analisi delle registrazioni delle telecamere di sicurezza della zona, a dare un volto ai possibili responsabili della trappola a luci rosse.
Fu così che finirono in manette un ventottenne ecuadoregno, una sua connazionale 44enne e una venticinquenne dominicana: tutti domiciliati in Lombardia, tra Como e Milano. Il primo fu rinchiuso in cella a San Vittore, la 44enne, dopo un periodo in carcere, fu messa ai domiciliari con il braccialetto. Ai domiciliari finì anche la più giovane del terzetto. Si scoprì anche che i tre - immigrati irregolari nel nostro Paese - si erano già resi protagonisti di episodi analoghi, finendo altre volte dietro le sbarre, senza mai dare un segno di resipiscenza (e se anche ce ne fosse stato uno, l'episodio di via Borghesi l'avrebbe cancellato). Esemplari le pene a loro carico, nonostante lo sconto di un terzo della pena garantito dal rito abbreviato: il ventottenne ecuadoregno ritenuto il giovane picchiatore, è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione, oltre al pagamento di una multa di 3000 euro. Le sue presunte complici a 5 anni e a 2400 euro di multa. Una volta espiata la pena, i tre saranno espulsi.
Roberto Longoni
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