Gusto
Come sempre le gite fuori porta (ma non troppo) riservano splendide sorprese. Ecco dunque che lentamente, come conviene in giornate calorose come quelle di fine agosto, siamo arrivati a Borgotaro. Una piccola truppa di buongustai che, (ben) consigliati da un parmigiano adottato dal bel paese della Val di Taro, siamo entrati al Vecchio Borgo. «Si mangia e si beve bene ed è obbligatorio assaggiare la punta al forno». Se è obbligatorio, non ci tiriamo indietro. Ed ecco che arriva il patron Cristiano Cozzani con una punta al forno «gigante», almeno rispetto alle consuetudini. Tribola addirittura a metterla in mostra tanto che Maria Tomoiaga, moglie e compagna di lavoro (chef e alla bisogna presente anche in sala), lo controlla nemmeno tanto da lontana. Una sorta di passerella che già è una promessa. Poi la degustaione. Una sola fetta ma dalle proporzioni inusitate e accompagnate dalle classiche patate al forno: il grande piatto di portata è di fatto occupato da questa fetta dove il «pieno» la fa da padrone raccolto in un contenitore di carne, la cosiddetta «tasca» che appunto va farcita. Quindi il sapore è importante ma non invadente, la bontà del pieno e la morbidezza della carne sono in un equilibrio incredibile. Una sola raccomandazione: il boccone di «picaja» non venga assaporato insieme alle patate, inutile mescolare due bontà così. Si goda della «picaja» e si goda del boccone di «picaja», un'alternanza di gran qualità.
«Il segreto della nostra punta al forno? Il parmigiano, un buon parmigiano»: spiega Cristiano Cozzani. Che poi, con il suo fare da vero principe della sala, sorridendo aggiunge: «E poi il segreto, che non posso rivelare: tostare il pangrattato nel burro». Va detto che la tasca è molto più grande del solito. «Sì, io uso il reale. Carne che ha un bel morso, con poco grasso. Carne che arriva da bestie sono libere, qua in zona. Per me questo piatto è una lente di ingrandimento sul territorio». Evviva. E un ringraziamento a Maria Tomoiaga per i suoi gnocchi con la rapa serviti con la gorgonzola: sapori tosti. Poi i funghi, i tortelli d'erbetta e tutto il resto. Legami tra Parma e la nostra montagna. Piccoli enclave del gusto che non possono essere dimenticati.
La ricetta
Per quanto riguarda la ricetta abbiamo pensato di ricordare uno dei più grandi chef di casa nostra, legatissimo al territorio e alla cucina parmigiana. Un modo per ricordarlo e per salutarlo, a più di 10 anni dalla scomparsa (settembre 2014). Augusto Farinotti, nel suo volume «La Cucina di Parma», dove si fa una sorta di cammino completo nelle ricette di casa nostra, per quattro persone consiglia questi ingredienti: 1,2 kg di vitello con tasca; 30 g. di olio; 1/2 litro di vino bianco; 80 g. di pangrattato; 150 g. di Parmigiano Reggiano grattugiato; noce moscata; brodo di carne; 3 uova; rosmarino; sale; aglio e acqua. Poi il procedimento: preparare il ripieno bagnando il pane grattugiato con il brodo bollente mescolando bene e lasciando poi raffreddare; aggiungere le uova e il Parmigiano, sale e noce moscata e mescolare bene. Preparare (o farsi preparare la tasca dal macellaio) poi riemire con la farcia preparata precedentemente. Cucire molto bene la tasca con lo spago da cucina facendo attenzione a non lasciare perture dalle quali potrebbe fuoriuscire il ripieno durante la cottura. Mettere in una teglia idonea l'olio e il rosmarino, il sale e uno spicchio d'aglio schiacciato. Versare nella teglia 100-150 grammi d'acqua e il vino, quindi infornare a forno freddo. Cuocere per 90-100 minuti a 200 gradi.
Poi non resta che tagliare (fette di un centimetro o poco più) e servire. Preferibilmente con patate arrosto.
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