REPORTAGE
La gente della zona, ormai, ai più assidui e molesti, ha persino dato dei soprannomi: «Ci sono Cacciavite e il Senzadenti, la Nina, il Biondo. E poi Gesucristo, il più insistente nella questua», spiega qualcuno.
Visti i nomignoli potrebbero sembrare i personaggi di un bizzarro cartone animato. Purtroppo è tutt'altro: «Cacciavite lo chiamiamo così perché gira armato di giravite e a volte lo usa, Senzadenti ha perso gli incisivi probabilmente facendo a botte, ma nonostante questo cerca sempre rogne. Gesu, poveretto, macilento come è, sembra appena sceso dalla croce e la Nina la vedi che va avanti e indietro ad ogni ora, agitata, mentre aspetta i clienti». Inutile spiegare quale sia il suo commercio.
E poi tutti gli altri, quelli senza neppure un soprannome e quelli che passano solo ogni tanto, ombre senza identità e occhi senza luce, tutte comparse dello stesso copione che giorno e notte va in scena in quel quadrilatero con poca pace che sta alle spalle della ferrovia: i confini sono via Trento e via Firenze, via Palermo e via Rastelli.
E la trama, più o meno, è sempre la stessa. A riassumerla, come detto, sono i residenti di San Leonardo che da mesi ormai hanno tempestato di esposti, lettere e telefonate i centralini delle forze dell'ordine e gli uffici delle istituzioni. E che, nonostante la stanchezza, non si rassegnano scorgendo, dal loro punto di vista poco privilegiato, persino qualche timido cambiamento.
«Dobbiamo ammettere che il Comune, per quanto gli compete, ha fatto la propria parte: il Wopa è stato di fatto sigillato e ora i soliti disperati ciondolano intorno ma non riescono più ad accedere alla struttura. E questo è positivo. Il problema è che la fauna che bivacca tutto intorno, ormai, si sente come in un mondo a parte. Dove ciascuno può fare quello che vuole».
Ed ecco allora il racconto dell'abitante che ogni giorno, andando e tornando da casa, viene intercettato dal pusher piazzato all'angolo di via Palermo che offre le dosi («E lo fa sempre, ogni volta»), oppure l'altro abitante che si è visto strappare di mano il caffè che stava portando nel bicchiere di carta («perché quando sono fatti sono anche aggressivi»).
Ma ci sono anche le testimonianze a mezza voce di chi dice di aver notato gente del quartiere, e non solo, aggirarsi con la faccia dura, allontanando con grida e metodi sbrigativi i disperati buttati sul marciapiede: «La sensazione è che stiano iniziando a proliferare delle specie di ronde. Se siano iniziative lecite non lo so: ma so che molti miei vicini di casa li apprezzano».
D'altra parte anche questa è una reazione logica in una zona dove il livello di esasperazione continua a lievitare, dove tantissimi dicono di «sentirsi dimenticati». «Quando chiediamo più attenzione ci sentiamo rispondere che le forze dell'ordine fanno quello che possono. Ecco, forse non basta».
E le conferme, per gli abitanti, sono alla luce del sole, palesi. Spesso avvilenti. «Il parcheggio all'inizio di via Palermo è praticamente sempre vuoto? E non è strano che sia così: perché di posti auto ne servono sempre, ma tanto è colonizzato da pusher e tossici. E chi lascia la macchina li?».
La conferma arriva girando intorno anche in pieno giorno: c'è chi seduto su una sedia davanti al piazzale smista il viavai di compratori e clienti e il passaggio di mano delle buste, un tempo da gestire con estrema cautela, si fa alla luce del sole. Tanto, a chi vuoi che importi?
«Succede anche che qualche tossicodipendente entri nei negozi offrendo le punte di parmigiano appena rubate», si sfoga una professionista. E le ragazze che si prostituiscono sono davanti alle nostre vetrine».
Questa la cronaca, questo la fotografia. Ma nonostante tutto questo qualcuno sembra non voler mollare. Ed ecco allora il timido comparire di qualche nuova attività in via Rastelli che sfida la desertificazione, i lavori che sembrano voler provare a dare nuova vita e decoro a case segnate dall'incuria. «Sono poche centinaia di metri, non è vero che non c'è nulla da fare - è la speranza di uno che, a suo dire, ancora ci crede. - I pusher fermi all'angolo li vedono tutti, le vedette al loro servizio anche. Se si cominciasse ad allontanarli, a non girarsi dall'altra parte ripetendo il mantra “tanto è inutile” forse si potrebbe iniziare a riemergere».
Per non dover pensare che la sola conclusione possibile sia la scena di uno dei soliti, uno di quelli col soprannome, che si accoda ad un pusher per infrattarsi in un angolo. Dopo cinque minuti la pipetta che stanno fumando si spegne. Dopo dieci lui è steso per terra, immobile. Ma non sembra dormire.
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