Parma Calcio
Federico Cherubini, soddisfatto del mercato?
«Complessivamente sì. È stata una sessione molto complessa perché ha portato a un profondo cambiamento della rosa. Sapevamo, una volta ottenuta la salvezza, che c’era un gruppo di giocatori che, dopo aver dato un contributo importantissimo, era arrivato alla fine del ciclo in maglia crociata e che aveva legittime aspettative di cambiare squadra. E, quindi, che ci sarebbero stati molti acquisti e molte cessioni».
Così è stato.
«Sì, undici arrivi e dodici partenze».
Ha raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissato?
«Non tutti, ci sono un paio di aspetti non positivi. Il primo, gli infortuni, che ci hanno costretto a un cambio di strategia. Il secondo, le mancate uscite di alcuni giocatori: penso a Hernani e Anas Haj Mohamed. Avevano possibilità concrete fino a pochi minuti prima delle 20 di lunedì: era praticamente fatta, poi le cessioni sono saltate».
Come mai?
«Per logiche di mercato delle due società con cui stavamo trattando, che io non conosco e che saranno sicuramente legittime. A me dispiace anche umanamente per questi ragazzi, che si sentivano pronti per fare altre esperienze».
Risultato: abbiamo una rosa anche troppo ampia.
«Proprio così, più abbondante di come avevamo pianificato. Non amiamo le rose troppo ampie, perché il rischio è di vedere ridotte le opportunità di mettersi in mostra per i giovani più promettenti della Primavera. Questo è un obiettivo prioritario della società».
Guarderete ai mercati ancora aperti?
«Sì, potrebbero esserci opportunità in Svizzera, in Turchia, nella Repubblica Ceca. Vedremo nei prossimi giorni».
E un pensierino a Insigne, che è svincolato e può ancora essere preso, lo state facendo?
«No, la rosa è a posto e in attacco abbiamo ottimi giocatori e tante opzioni».
Una buona notizia è il saldo positivo tra entrate e uscite, intorno ai 46 milioni.
«Molto positivo. Ovvio, hanno pesato tantissimo le cessioni di Leoni, Bonny e Sohm. Però voglio fare notare che il presidente Krause non ha tentennato neanche un istante a reinvestire parte dei soldi per acquisti importanti. Mentre qualcuno iniziava a malignare “il presidente ha iniziato a riprendersi i soldi che ha investito”, noi continuavamo ad operare sul mercato e ad acquistare».
Giovani, ma non solo.
«In gran parte sì. Sei acquisizioni a titolo definitivo di calciatori con un’età media di 22 anni, con grandi potenzialità di sviluppo futuro».
Krause è soddisfatto?
«Penso di sì, ha seguito passo dopo passo la campagna, con frequenti call dagli Stati Uniti, dimostrando sempre una grande voglia di cercare nuove opportunità e nuovi investimenti da fare. Noi, intanto, siamo contenti di aver perseguito l’obiettivo che abbiamo sempre dichiarato di avere: portare il club in una dimensione di sostenibilità finanziaria e naturalmente di competitività tecnica. Per il primo, obiettivo centrato. Per il secondo, lo dirà il campo: ma siamo molto fiduciosi».
Ci racconta com’è andata la trattativa per Leoni?
«Ho sempre detto che la volontà della società, condivisa con la proprietà, era di tenere Giovanni: e lui ha sempre detto che sarebbe rimasto volentieri. Abbiamo anche rifiutato un’offerta del Newcastle, più vantaggiosa di quella arrivata poi dal Liverpool. Quando si sono fatti avanti i Reds, i piani sono cambiati: sia perché l’offerta era molto interessante, sia perché Giovanni ha fatto capire di essere molto contento di approfittare di questa chance. Da un lato, dispiace ovviamente aver perso un giocatore così promettente, dall’altro c’è l’orgoglio per un club come il nostro e un riconoscimento per chi ha creduto in questo ragazzo in tempi non sospetti, quando non aveva giocato che poche partite in B».
Le cessioni di Man e Mihaila sono state un po’ più in sordina.
«Nel caso di Man, non direi: è andato in un club di grande tradizione e di ottima visibilità come il Psv Eindhoven: una buona operazione per tutti, anche per noi che abbiamo incassato un’ottima cifra. Per Mihaila, che è andato ha invece al Rizespor, ha un po’ pesato il finale di campionato, con lui a lungo fuori squadra per infortunio. Resta la soddisfazione che il Parma sta diventando un club sempre più importante».
Per i rapporti che sta creando con grandi club europei?
«Avere ceduto a titolo definitivo quattro calciatori a Liverpool, Inter, Psv e Fiorentina è significativo. Che grandi club che giocano le competizioni europee vengano a bussare alla nostra porta dimostra come stia cambiando la percezione del peso del Parma. È evidente che era impossibile vendere giocatori al Liverpool quando si era in B. E questo rafforza il nostro convincimento: il primo obiettivo deve fare diventare il Parma una società stabilmente in serie A».
Un progetto a medio termine di cui parla spesso.
«È fondamentale. Il livello del campionato sta crescendo, molte squadre potenzialmente coinvolte nella lotta per la salvezza si sono rinforzate parecchio. Statistiche alla mano, la lotta per non retrocedere riguarda sei-sette squadre, perché le altre 13-14 sempre in serie A sono sempre quelle».
Cuesta è contento della rosa? Le aveva dato una lista di giocatori?
«Nessuna lista, si ragiona insieme sulle caratteristiche dei calciatori che servono per rinforzare la rosa».
Lei è soddisfatto?
«Sì. Al di là del fatto che è un po’ troppo abbondante, offre tantissime soluzioni all’allenatore, sia in difesa che a centrocampo che, finalmente, in attacco. Davanti abbiamo sei giocatori per due posti, un ottimo mix di caratteristiche diverse e complementari. Attaccanti bravi e facilmente abbinabili, per creare tante potenziali coppie o terzetti offensivi diversi».
Avete investito anche nel settore giovanile.
«È un’altra cosa di cui siamo orgogliosi. Abbiamo fatto investimenti importanti, a cominciare dal centravanti della Primavera, Ianis Avramescu, per arrivare a Ludovico Varali, classe 2009, per l’Under 17: l’abbiamo preso dal Verona, è nazionale di categoria, promette molto bene. Investire nella prima squadra è fondamentale, ma quando è possibile “giocare d’anticipo”, prendendo giovani e giovanissimi forti, è molto importante per il nostro progetto».
Cuesta è a Parma da due mesi e mezzo. Contento della scelta coraggiosa che avete fatto?
«Sì, molto. Non bisogna farsi influenzare dai suoi trent’anni: è un vizio italiano, non solo del mondo del calcio, che bisognerebbe superare. Io non penso all’aspetto anagrafico e vedo, ogni giorno, come si comporta in campo, come conduce gli allenamenti, come gestisce il gruppo. Vedo la grande energia, l’entusiasmo contagioso, le tante idee. Vedo che la squadra lo segue, e questa per me è la cosa più importante. E vedo tutti i giocatori – anche quelli meno utilizzati, anche quelli che stavano per essere ceduti – conquistati dal suo modo di lavorare e di intendere il calcio».
Avvio di campionato non proprio facile, con due big come Juve e Atalanta. Quanto le ha dato fastidio sentire Tudor parlare di «Parma catenacciaro»?
«A me non sembra che il nostro sia stato un atteggiamento così tanto rinunciatario, tanto è vero che l’occasione migliore sullo 0-0 l’abbiamo avuta noi. Il rammarico, piuttosto, è aver affrontato le prime due partite con l’organico incompleto. A Torino siamo andati senza sette giocatori: non so quante altre squadre nelle nostre condizioni sarebbero andate allo Juventus Stadium a fare il calcio champagne. E comunque il risultato è stato bugiardo: per come è andata, non meritavamo il 2-0».
E il pareggio con l’Atalanta è stato giusto?
«Sì, perché è vero che Scamacca ha avuto una grande palla gol sullo 0-0, ma l’avvio del secondo tempo del Parma è stato ottimo. Contro una squadra che giocherà in Champions League, non dimentichiamolo».
Le vere prove saranno le trasferte di Cagliari e Cremona dopo la sosta.
«Certo, non possiamo misurare la forza del Parma contro Juve e Atalanta. È vero che la scorsa stagione abbiamo costruito la salvezza facendo punti contro le big, ma le statistiche dicono che è successo due volte in vent’anni, al Genoa una volta e poi a noi. Quest’anno dovremo essere più bravi a fare punti contro le altre sei-sette squadre del nostro livello».
Cosa pensa delle novità degli otto secondi per i portieri e degli annunci degli arbitri a microfono aperto?
«Guardi, sinceramente io sono un po’ conservatore. Sono un romantico, nel calcio non amo troppo le novità, anzi all’inizio le subisco, poi piano piano le metabolizzo. Le ultime novità non mi sembrano così determinanti, però sono circondato da esperti che mi assicurano che ridurranno i tempi morti e garantiranno più chiarezza».
Intanto avete ingaggiato Lorenzo Manganelli come «club referee manager».
«Un ottimo acquisto. Un assistente con una grande carriera alle spalle, compresa una finale di Champions, che ci darà un preziosissimo supporto, per aumentare la vicinanza al mondo arbitrale, per spiegare il regolamento a tutti noi. Sembrerà strano, ma pochi lo conoscono a fondo. Nel calcio femminile, poi, quest’anno debutta il “football video support”, la revisione al Var su richiesta delle squadre: e quindi è indispensabile avere in panchina persone formate, competenti».
A proposito di calcio femminile: avete lanciato, primi in Italia, la seconda squadra.
«Ne siamo orgogliosi, abbiamo aperto una strada, grazie soprattutto al ds Domenico Aurelio e al suo team, seguendo l’esempio del processo iniziato dieci anni fa nel calcio maschile, e sono convinto che ci porterà dei benefici. Sarà una stagione non facile, per la prima squadra tornata in A, che ha rivoluzionato la rosa con 14 nuove calciatrici».
A che punto è il “nuovo” Tardini?
«Aspettiamo a giorni il nuovo progetto, che prevede interventi a stralci come abbiamo promesso ai tifosi e alla città. Non sarà ancora il progetto da presentare all’Amministrazione, ma un punto di partenza per una riflessione interna».
Quali tempi prevede? Il cantiere aprirà la prossima estate?
«È presto per dirlo. Più che pensare a fare promesse sui tempi, siamo concentrati sul risultato finale: vorremmo dare alla città uno stadio rinnovato, moderno, più funzionale. Ci pensavo sabato scorso, prima e durante la partita, godendomi l’atmosfera magica che si è creata al Tardini. Una cosa straordinaria. Il nostro obiettivo è proprio riqualificare lo stadio salvaguardandone l’anima, che è unica. E questo grazie al fatto che il Tardini è nato, un secolo fa, “dentro” la città. Uno stadio dove i tifosi arrivano a piedi o in bicicletta, dove si respira un clima unico. Il “nuovo” Tardini dovrà mantenere quest’aria magica».
Intanto, nuovi lavori al Mutti training center.
«E non solo. A Collecchio stiamo sistemando tutte le aree esterne. A Noceto stiamo facendo investimenti per prendere in gestione la struttura per almeno cinque anni e per dotare la squadra femminile di un vero e proprio centro sportivo. Al Tardini abbiamo rifatto l’illuminazione. In virtù anche di tutti questi lavori, coordinati da Stefano Perrone, abbiamo ottenuto il certificato di “club green”. La certificazione Iso 14001 è un risultato molto prestigioso: solo otto club in Europa – in Italia noi e la Juve – l’hanno ottenuto».
Al Tardini è aumentata l’offerta di servizi “premium”.
«Sì, stanno riscuotendo grande successo. Nel giorno delle gare utilizziamo il museo per offrire ai nostri ospiti o alle aziende che ne fanno richiesta il “museum club experience”; presto organizzeremo eventi anche nei giorni in cui non si gioca, per fare “vivere” il Tardini e il museo. Uno dei nostri obiettivi è rafforzare sempre più il legame tra il Parma e il territorio. Vogliamo essere sempre più attori protagonisti della città, incrementare le iniziative, che sono già molto numerose, per enti, associazioni, studenti. L’ho già detto altre volte: non posso dire dove saranno, in futuro, le squadre del Parma. Ma posso garantire che il Parma calcio sarà un protagonista della vita sociale della città».
La scorsa settimana, prima squadra, squadra femminile e Primavera hanno giocato una dopo l’altra al Tardini.
«Abbiamo organizzato “Andiamo al Parma” in quella settimana proprio per sfruttare questa occasione unica. È stato un successo: al di là dei numeri della prima squadra, vedere quasi tremila spettatori per le donne e 1.500 per la Primavera testimonia come l’intera famiglia del Parma calcio stia radicandosi nel tessuto della città».
A proposito di tifosi, facendo un salto indietro, la campagna abbonamenti ha fatto registrare il record della gestione Krause.
«Al di là dei numeri, molto soddisfacenti, sono contento che il Parma abbia continuato a proporre prezzi molto bassi in tanti settori. Abbonandosi in curva Nord si pagano 200 euro per 19 partite di serie A. Al tempo stesso, abbiamo aumentato l’offerta dei pacchetti e delle aree hospitality che proponiamo alle aziende. Ma i tifosi della curva vanno tutelati. Lo dico anche rivolgendomi a chi insinua che il presidente Krause sia interessato al business. È ovvio che la crescita del business è una cosa che sta a cuore alla società e alla proprietà, ma certamente non speculando sui tifosi».
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