IL CASO
E' cresciuto, Marco (lo chiameremo così). Sta per compiere 10 anni e regala grandi sorrisi, benché ogni tanto abbia voglia di gettare al vento le protesi sognando di correre come tutti gli altri. Marco è nato all'ospedale Maggiore senza gambe, dal ginocchio in giù, la notte di Natale del 2015. Una malformazione, ma ci fu qualcuno che non la vide. E ora la giudice Cristina Ferrari del Tribunale di Parma ha riconosciuto la responsabilità civile professionale di un ginecologo di Sala Baganza, che aveva seguito privatamente la mamma di Marco, condannandolo al risarcimento: circa 350mila euro, considerando anche le spese legali. Una somma, come deciso dalla giudice, che spetterà all'assicurazione del professionista sborsare, visto che è stata riconosciuta la manleva. La causa civile, portata avanti dai genitori di Marco, era stata promossa anche nei confronti del Maggiore e dell'Ausl, dal momento che la donna era stata seguita anche da alcuni professionisti delle due aziende, ma entrambe le domande di risarcimento sono state rigettate.
Una maratona estenuante per la famiglia. E una battaglia legale con una prima importante battuta d'arresto. L'inchiesta penale, aperta subito dopo il parto, per lesioni colpose gravissime, era infatti poi stata archiviata. Una decisione, tuttavia, abbastanza prevedibile, alla luce della consulenza medico-legale affidata allo specialista ferrarese Lorenzo Marinelli, che aveva accertato si trattasse di una malformazione di tipo genetico. Quindi, non causata da una pratica medica, eseguita o non eseguita.
Un conto, tuttavia, sono le responsabilità penali, non rilevate, altra cosa i danni causati da un'eventuale responsabilità civile professionale. E, secondo la giudice, l'inadempimento del ginecologo privato «è senz'altro sussistente». «Tutti i consulenti d'ufficio - si legge nell'ordinanza - hanno sostenuto e motivato la ritenuta diagnosticabilità dell'anomalia anatomica in occasione delle ecografie effettuate dal dottor ... nel luglio 2015 e il 9/9/2015 e l'assenza di valutazione dei segmenti ossei dei quattro arti, in violazione delle linee guida Sieog (2015), prodotte, e alle quali il medico ha dichiarato di aderire».
Inoltre, per quanto riguarda l'ecografia morfologica, la giudice censura alcune dichiarazioni del ginecologo. Nel fascicolo, infatti, non ci sono riscontri «che confermino che “il dottor ... il giorno 18 luglio prese accordi con la donna per effettuare l'esame morfologico nella seconda quindicina d'agosto” e “che la signora disattese tale indicazione e contattò il dottor ... a settembre». E per il magistrato l'inadempimento del medico è «palese e grave».
Non solo. Quella mancata diagnosi ha leso il diritto della madre di poter scegliere se portare avanti o meno la gravidanza. «Sussistono dunque - si sottolinea nell'ordinanza - tutti i fatti costitutivi del diritto al risarcimento danni nei confronti del medico convenuto, ossia la prova della fonte negoziale, l'inadempimento del dottore, il nesso causale tra l'inadempimento (mancata diagnosi della patologia del feto) e la lesione del diritto di interrompere la gravidanza».
Sia i medici ospedalieri che quello dell'Ausl, invece, anche se avessero diagnosticato la malformazione, non avrebbero potuto incidere sulle scelte della madre perché, a quel punto, la donna «non poteva più sottoporsi a interruzione volontaria di gravidanza», scrive la giudice.
E da allora le difficoltà sono state tante. Forza. Tenacia. Soprattutto amore. In questi dieci anni i genitori di Marco hanno messo insieme tutto ciò, perfino un po' di leggerezza, per stargli accanto. Per affrontare dolore e cure costose. Gli avvocati avevano chiesto oltre 2 milioni di risarcimento: ne sono arrivati molti meno, «ma dopo questo lunghissimo ed estenuante percorso, siamo soddisfatti, perché è stata riconosciuta un'enorme responsabilità da parte del medico», dice Silvia Gamberoni, che ha assistito la famiglia insieme al collega Alessandro Falzoni.
Dall'avvocato del ginecologo arrivano parole di solidarietà nei confronti della famiglia. «Siamo profondamente dispiaciuti per ciò che è accaduto - dice Alfredo Cortesi -. E da parte nostra, non impugneremo la sentenza». Ma l'ultima parola, su un eventuale ricorso, spetta all'assicurazione. Che altrimenti dovrà pagare.
Georgia Azzali
© Riproduzione riservata
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata