Tutta Parma
La città, se la si vuole scrutare per scoprirne ogni angolo ed ogni aspetto, anche i più apparentemente insignificanti, sarebbe bene percorrerla a piedi o in bici (almeno il suo centro storico e le immediate vicinanze).
Attuando questa strategia molto semplice ed altrettanto autarchica, a discapito solo delle suole delle scarpe e dei copertoni delle bici, si possono scoprire, almeno per un vecchio cronista demodé e in lotta continua con l’informatica, immagini, a prima vista di poca rilevanza, ma eloquentissime per conoscere l’anima di Parma, che non vive solo di ipermercati, tangenziali, computer e smartphone, e che è ancora capace di mantenere quei rapporti umani indispensabili per il corretto equilibrio di una comunità molte volte troppo distratta rispetto ai più autentici moti dell’animo. I più genuini. In questa pagina (la gloriosa «Tutta Parma» ideata dall’indimenticato direttore della Gazzetta Baldassarre Molossi) che racconta le tradizioni ed il modo di vivere dei nostri vecchi di ieri, questa volta, facciamo insieme un giro per la città allo scopo di annotare le usanze degli anziani di oggi: «i pensionè». Dove si ritrovano, dove si danno appuntamento e dove hanno creato il loro nidi? Molti di essi hanno il loro bar ma, soprattutto, il loro circolo preferito dove trascorrere il copioso tempo libero. Altri, invece, prediligono trovarsi, magari, all’ombra di un monumento, sotto i portici o in una piazza.
Intendiamoci, l’oggetto dei vari discorsi ricalca un antico copione: «i prési chi crèsson cuand as' va a fär spéza, la glicemia e al colesterolo che in stan miga férom, fiol e anvód tutt géni (a loro confronto Leonardo l’éra un «cojón»), la prostata che 'd nota la fa alvär su da let parècci volti, le altriti chi fan sigär i òs cme un cancél ruznì, la nóra ch' l'é scapäda con al méstor äd nód, al fiol ch’al né métta miga giudìssi, la citè modèrna gnan lontana parénta äd còlla äd 'na volta, la politica ch' la fa imbastigh, la criminalitè granda e picén’na ch' la mètta paura, al sport, in primis al Pärma». E poi ognuno ha i propri fornitori di fiducia mentre quelli degli altri vendono robetta: «al mé pcär al gh'à al cavàl pisst post pu bón äd Pärma, j' anolén pu bón j' én còjj äd…, al pan pù gustóz al la fa al fornär äd….».
Siccome i nostri anziani non amano essere contraddetti, ne nascono discussioni a non finire, ma, ovviamente, ognuno resta della propria opinione con la pressione arteriosa che, durante la discussione, si è alzata un pochino.
Iniziamo il nostro tour da Piazzale Santa Croce, dove, appollaiati accanto all’edicola del simpatico Nicola Orlandelli (che pare fare da chioccia ad tanti attempati pulcini) stazionano sempre diversi anziani seduti sulle panchine. Un ritrovo che, per anni, fu prerogativa dell’orchestra «Millelitri» diretta dall’indimenticato «Marjén» Lafranca, non solo estroso artista di strada, ma anche abilissimo cuoco con ricette tutte sue da fare inorridire i severi accademici.
Un esempio? I suoi personalissimi «anolini in brodo di verdura» che cuoceva «in diretta» alla Vigilia di Natale sul pulmino dell’orchestra dotato di una ben fornita «cantinetta pensile» e di un’autarchica cucina mobile (una bombola a gas, un fornellino e una monumentale «bronza») posteggiato proprio in piazzale Santa Croce, che fu uno dei teatri “en plein air” dell'orchestra parmigiana composta da un drappello di pamigianissimi: Carlo Sacchetti (chitarra), oltretorrentino di via Bixio, Franco Ferraguti (ex pugile - voce), Francone Dodi, il gigante buono, un tempo venditore ambulante di alberi di Natale (coperchi), Luca Longhi («imbianchén»-chitarra) ed Orio Barvitius, figlio del mitico Elico, strillone della «Gazzetta di Parma» anni Sessanta. Un gruppetto di anziani e anziane non manca mai in Piazzale Inzani, vegliato dal monumento dedicato a Padre Lino. Una particolarità di Piazzale Inzani è che le anziane, proseguendo un’antica tradizione popolare, nelle serate estive «pòrton zo la scrana e is' sédon davanti al portón äd ca' a fär do ciàc'ri». Altri immancabili punti di ritrovo per alcuni pensionati sono pure le botteghe «di barbér»: e, lì, due chiacchere, anche se non c’è bisogno di farsi radere la barba, non mancano mai. Ma è la «Giära» che, alla mattina, raduna molti capelli bianchi o grigi attorno all'edicola di Ruggero e Maurizio Gallinella, i due giornalai gentiluomini (padre e figlio). E cosa sarà l’oggetto dei commenti tra gli «over anta»? Le notizie «ädla Gazètta» che ognuno sforbicia e ritaglia a suo piacimento. Per gli anziani melomani non c’è luogo più adatto che trovarsi dinanzi al Regio specie all’indomani di una prima mentre, altri, si ritrovano in via Garibaldi all’ombra del cupolone della Steccata magari ricordando i bei tempi del Caffé Cantarelli. In Piazza Garibaldi, «ombrìggol pramzàn», avendo tanto spazio a disposizione, i «pensionè» scelgono il loro angolino giusto: chi accanto alla prima edicola scendendo da via Mazzini, chi nei pressi «di Du Brasè» a fianco dell’edicola ubicata all’ inizio di strada Repubblica, chi sotto i Portici del Grano, chi sotto al «monumént äd Garibäldi» ma c’è chi si apposta sotto i portici di via Mazzini specie «cuand a pióva o fa frèdd».
Viali «cme al Stradón» e i parchi cittadini, «Citadéla e Zardén», sono anch’essi un verde asilo per gli «over anta».
In Cittadella, sia sotto che sopra i bastioni, non manca mai la presenza di patriarchi coi capelli bianchi. Ma, per la Cittadella, c’è una particolarità: se gli anziani che preferiscono i «piani bassi» del parco per «fär na briscola » si siedono ai tavoli all’ombra dei secolari platani, i coetanei, nel pomeriggio, stazionando sui bastioni sulle panchine sistemate nella parte posteriore della facciata della fortezza farnesiana, fanno concorrenza, in fatto di disquisizioni calcistiche, ai colleghi, anch’essi potenziali «c.t.» della Nazionale o allenatori del «Pärma» che si appostano dinnanzi al «Tardini» o nei pressi dell’edicola di Viale Partigiani d’Italia. Un piacevole amarcord anni ’70 dei pensionati che si riunivano in Cittadella sotto i secolari platani nella stagione autunnale ci riporta a quelle «fumäre» tremende, mai più viste, che ovattavano di magia la città e ai quei piccoli rudimentali falò attorno ai quali gli anziani non solo si scaldavano le arrugginite ossa, ma, con una padella portata da casa, facevano arrostire il «bruzädi», cioè le castagne, assaporando i sapori lontani della loro infanzia. Una postazione «äd pensionè» molto vissuta fino ad alcuni anni fa, quando era ancora in funzione il forno di Walter Ferrari (detto «Mitràja») era in «bórgh ädj Äzon» (borgo Gian Battista Fornovo) all’ombra «ädla Nonsiäda» dove anche il «mìcchi äd pan i parlävon al djalètt pramzàn».
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