Il momento si avvicina, la scissione dei renziani dal Pd sembra in queste ore più vicina che mai. Sarebbero pronti i nuovi gruppi renziani: Matteo Renzi potrebbe tenerli a battesimo, alla Camera e al Senato, dopo averne parlato con il premier Giuseppe Conte e anche con Luigi Di Maio. Perchè, questa la premessa fatta da più di una fonte renziana, nascerebbero non contro il governo, ma a suo sostegno. E sarebbero l’embrione di quella che i renziani definiscono la «separazione consensuale» dal Pd, che potrebbe dare il via (magari alla Leopolda, ma niente è deciso) alla nascita di una nuova «casa": «Non un partitino del 3% ma un soggetto che parli al Paese».
In questo senso i gruppi parlamentari sarebbero solo un primo step, un passaggio che potrebbe portare anche all’ingresso in maggioranza di nuovi parlamentari. L’uscita dei renziani, ragiona uno di loro, «toglierebbe anche a Zingaretti l’alibi di non controllare i parlamentari: uscirebbero Renzi e Bellanova e magari si preparerebbe l’ingresso di Calenda e Bersani». Alla Camera ci sarebbero già i venti deputati necessari alla nascita di un gruppo, il cui volto potrebbe essere Luigi Marattin, mentre l’ipotesi è che Teresa Bellanova diventi il capo delegazione nel governo. Ettore Rosato avrebbe invece un incarico di coordinamento nel nuovo soggetto politico.
Un evento a lungo temuto praticamente da quando Matteo Renzi non è più segretario. Nicola Zingaretti predica da sempre unità e Andrea Orlando, suo vice, avverte: «Il Pd dovrebbe discutere di come affrontare i problemi del Paese governando, non di come e se dividersi». Dario Franceschini ai suoi è apparso indignato di fronte all’ipotesi di una scissione, citando sms ricevuti nelle ultime settimane che andavano in direzione opposta. Renzi in effetti aveva pensato a un’operazione su tempi più lunghi, da lanciare alla Leopolda il 19 ottobre od oltre, ma «ormai la convivenza non funziona più», fanno notare gli esponenti a lui vicini, auspicando una «separazione consensuale». «Nei prossimi giorni faremo una riflessione», sintetizza un dirigente renziano. Renzi oggi era allo stadio per Fiorentina-Juventus. Al Senato, dove i sostenitori dell’ex Rottamatore sarebbero in proporzione più numerosi rispetto alla Camera, il nuovo gruppo potrebbe essere il nucleo per un’allargamento della maggioranza al centrodestra.
Dalla maggioranza di Zingaretti arrivano tutte dichiarazioni contrarie all’ipotesi di «scisma». Il Paese non capirebbe, secondo Marina Sereni di AreaDem, neo viceministra. Ma seppure in un’intervista al Corriere della Sera Goffredo Bettini dica che preferirebbe che Renzi restasse nel Pd, sottolinea anche che non sarebbe certo «uno scandalo» se si arrivasse alla scissione. Come diceva lo stesso ex premier conversando a registratori spenti con i giornalisti alla sua scuola di politica estiva in Garfagnana, meno di un mese fa, «in fondo anche per loro sarebbe una liberazione. E potrebbero far rientrare i fuoriusciti, con Bersani e D’Alema».
Letta, la scissione di Renzi non avrebbe senso - Alla scissione di Matteo Renzi dal Pd, l’ex premier Enrico Letta dice di non credere: «Una scissione a freddo non avrebbe senso, visto anche il modo intelligente e inclusivo in cui Zingaretti ha gestito questa fase». In un’intervista al Corriere della Sera, ricorda che quello che è avvenuto al governo, con l’alleanza Pd-M5S, è stato in parte proposto proprio da Renzi e aggiunge: «Non vedo su cosa dovrebbe fare la scissione. Invito tutti a lasciar perdere il politichese e a discutere dei problemi del Paese. Se il governo non dura è una catastrofe e vince Salvini».
Il governo Conte due è nato per via «dell’errore di Salvini e ora ha un nemico e un’opposizione forte. Ora bisogna che un governo contro si traduca in un governo per», continua Letta e fa notare che l’esecutivo «è partito bene e ha davanti un tempo potenzialmente lungo, tre anni e mezzo sono un’eternità. Ora deve lavorare ed essere coeso». Secondo lui i concetti chiave sono tre: «la gestione delle migrazioni, il Nord da recuperare e la necessità di unità e di umiltà. Per non lasciare praterie a Salvini, il governo deve parlare al Nord con soluzioni economiche. Competitività, sburocratizzazione, infrastrutture, investimenti e meno tasse sul lavoro». Sull'evoluzione del rapporto tra Pd e M5S, poi, Letta aggiunge: «Penso sia ora di ragionare su un’intesa politica, non solo di governo. Ha fatto bene Conte a parlare di progetto politico, sono d’accordo con lui. Deve essere il motore esterno che spinge i tre partiti a presentarsi insieme alle Regionali e a scommettere su un progetto comune».
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