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Nobel per la Medicina a Svante Pääbo, l'archeologo del Dna umano. Anche suo padre 40 anni fa fu premiato

Nobel Medicina all'archeologo dell'evoluzione umana

03 Ottobre 2022, 14:20

Non solo scavi e fossili: la storia dell’evoluzione umana è scritta anche nel Dna antico e se oggi è possibile studiarla il merito è di Svante Pääbo, l’archeologo del genoma umano premiato con il Nobel per la Medicina 2022. Le sue ricerche hanno permesso di scoprire cugini dell’uomo di cui si ignorava l’esistenza, come i Denisovani, e di trovare, nei geni dei Neanderthal ancora nascosti nel Dna dell’uomo moderno la chiave per capire molte malattie, come schizofrenia e Covid-19. Sicuramente è stata una decisione inattesa e sorprendente, accolta da molti come il riconoscimento a un pioniere che ha aperto una frontiera della ricerca tanto inesplorata quanto promettente.
Il Nobel «è stata una bella sorpresa per chi si occupa di biologia dell’evoluzione umana: è una comunità scientifica relativamente piccola, ma che interessa davvero tutti perchè ha a che fare con la nostra natura biologica», dice il paleoantropologo Giorgio Manzi, dell’Università Sapienza di Roma e accademico dei Lincei.
A 67 anni Pääbo è un pioniere indiscusso e il Nobel, che si è aggiudicato in esclusiva, è il punto d’arrivo di una lunga serie di riconoscimenti internazionali, fra i quali le medaglia Max Delbrueck e Theodor Buecher (Febs), il premio Louis-Jeantet (Ginevra), e il Japan Prize.
Nato a Stoccolma il 20 aprile 1955 dal biochimico Sune Karl Bergstrom, vincitore del Nobel nel 1982, e dalla chimica Karin Paabo, della quale porta il nome. Svante era infatti nato da una relazione extraconiugale. Dopo gli studi all’Università di Uppsala, si è trasferito nell’università di Zurigo, poi in quella americana di Berkeley e in seguito nell’Università tedesca di Monaco. Nel 1999 ha fondato l’Istituto Max Planck per l'Antropologia evoluzionistica a Lipsia, dove lavora attualmente. Fa parte di accademie prestigiose, come la Royal Society, l’Accademia Nazionale della Scienze degli Stati Uniti, l'Accademie delle Scienze francese, la Leopoldina e l’Accademia Nazionale dei Lincei.
Il suo grande merito è di essere stato il primo a portare la genetica in un campo come la paleontologia, che fino ad allora si era basata sullo studio di fossili o antichissimi manufatti. Grazie alle nuove tecnologie genetiche, Pääbo è stato fra i pionieri dell’estrazione del Dna dai fossili e della sua analisi. Quando ha cominciato a sfogliare il libro del Dna antico ha scoperto che l’Homo sapiens si è incrociato con i Neanderthal e che alcuni geni di quei cugini dell’uomo sono ancora presenti nel genoma di quasi tutte le popolazioni contemporanee. Il Dna estratto dall’osso di una falange ha svelato l’esistenza di cugini dell’uomo fino ad allora sconosciuti: i Denisovani. Nel loro Dna è anche scritto circa 70.000 anni fa si sono incrociati anch’essi con l’Homo sapiens.
La paleogenetica è un campo relativamente recente: «la prima scoperta risale a 25 anni fa, da allora ci ha fatto fare progressi straordinari e ce ne farà ancora», osserva Manzi. Nel 1997 le ricerche di Pääbo «ci hanno fatto conoscere il Dna dei Neanderthal nel 1997 e nemmeno 10 anni più tardi quasi l’intero genoma di questa specie estinta; in seguito, ci hanno portato a scoprire ibridazioni e incroci che hanno fatto sì che nel nostro genoma si conservino ancora brandelli di Dna neanderhaliani».
Le ricerche di Pääbo hanno aperto «una frontiera scientifica di grandissimo fascino: se la storia dell’umanità nasce con l'invenzione della scrittura, gli studi di Pääbo ci permettono di raccontare una storia più antica, scritta non con le parole ma nei geni, ha osservato Elena Taverna, dello Human Technopole, che fino allo scorso anno ha lavorato con Pääbo nell’Istituto Max Planck di Lipsia.

Anche il padre ricevette il Nobel

Buon sangue non mente. Il neo vincitore del premio Nobel per la medicina, Svante Paabo, è a sua volta figlio di un Nobel per la medicina: suo padre, il biochimico svedese Sune Karl Bergstrom, è stato infatti insignito dello stesso riconoscimento 40 anni fa per i suoi studi sulle prostaglandine (insieme a Bengt I. Samuelsson e John R. Vane). Svante Paabo non porta il cognome del padre perchè figlio illegittimo, frutto di una relazione extraconiugale con la chimica estone Karin Paabo. Per anni Bergstrom ha condotto una doppia vita, dividendosi fra due famiglie: solo alla sua morte, avvenuta nel 2004, la moglie e il figlio legittimo hanno scoperto dell’esistenza di Svante, che nel frattempo era già diventato uno scienziato affermato seguendo proprio le orme del padre. Questa non è la prima volta che il Nobel si rivela una questione di famiglia. Il caso più eclatante è quello dei Curie: Marie Sklodowska e il marito Pierre Curie hanno vinto il Nobel per la fisica nel 1903 per gli studi sulle radiazioni. Marie, rimasta vedova, ha poi conquistato nel 1911 il Nobel per la chimica grazie alla scoperta della radioattività artificiale. Nel 1935 è stato invece il turno della figlia, Irène Joliot-Curie, che insieme al marito Frederic Joliot ha vinto il Nobel per la chimica grazie alla scoperta della radioattività artificiale. Un’altra famiglia da Nobel è quella del fisico britannico Joseph John Thomson, premiato nel 1906 per la scoperta sperimentale degli elettroni, mentre il figlio George Paget Thomson ha ricevuto lo stesso premio nel 1937 per aver dimostrato il comportamento ondulatorio di queste particelle. Un altro caso celebre è quello del fisico danese Aage Bohr, che nel 1975 ha vinto il Nobel per i suoi studi sulla struttura nel nucleo dell’atomo, condotti anche grazie alle scoperte del padre Niels, Nobel per la fisica nel 1922 per la comprensione della struttura atomica. Dna da Nobel anche per il chimico Hans von Euler-Chelpin, premiato nel 1929 per gli studi sugli enzimi coinvolti nella fermentazione dello zucchero, e il figlio Ulf von Euler, insignito del Nobel per la medicina nel 1970 per le ricerche sulla noradrenalina. L'impresa di essere premiati per la stessa ricerca è riuscita a William Henry Bragg e al figlio William Lawrence (che a 25 anni è stato il più giovane vincitore di Nobel della storia): i due hanno conquistato il massimo riconoscimento per la fisica nel 1915 per i loro studi sull'analisi della struttura cristallina per mezzo dei raggi X. L'unica coppia di fratelli a cui è stato assegnato un Nobel è quella di Jan e Nikolaas Tinbergen: il primo ha vinto nel 1969 il premio per l’economia mentre il secondo ha conquistato nel 1973 quello per la medicina. Infine, il caso più recente è quello del biochimico statunitense Roger David Kornberg, premiato nel 2006 con il Nobel per la chimica per le sue scoperte sulla trascrizione del Dna a quasi 50 anni di distanza dal padre Arthur, Nobel per la medicina 1959 per la scoperta degli enzimi coinvolti nella replicazione del Dna.

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