università
Il figlio dell’armatore, la nipote del monsignore, fino ai familiari di un manager della Piaggio e di un ex consigliere regionale. Giovani rampolli della Genova bene che si ritrovano nei guai perchè aiutati agli esami alla facoltà di Economia da un professore di liceo che inviava loro le risposte via WhatsApp durante gli esami. Sono 30 le persone che in questi giorni hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini. Si tratta di 29 studenti e dell’allora insegnante delle superiori all’Eugenio Montale e oggi dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Prà, Luca Goggi.
«La vicenda mi rattrista molto perchè - ha sottolineato il rettore Federico Delfino - dà evidenza del venire meno del patto di lealtà tra studente e docente, pilastro fondamentale del percorso di studi universitario. L’Università, infatti, non offre soltanto competenze specialistiche nei diversi ambiti di sapere ma ambisce anche a svolgere un ruolo formativo sui valori fondanti della società, a partire dal rispetto delle leggi».
Le indagini erano partite a marzo dell’anno scorso. Secondo quanto ricostruito dalla procura e dalla finanza l’insegnante da casa sua suggeriva via WhatsApp alcune risposte d’esame agli studenti. In più, scriveva loro le tesine alla fine del ciclo triennale. I finanzieri avevano trovato il professore a casa sua, cellulare in mano, mentre suggeriva ai propri ragazzi le risposte degli esami. Fra questi Ragioneria, Statistica, Economia della Mobilità Urbana, Politica Economica e Finanziaria. Nel frattempo un militare si era «infiltrato» in una sessione d’esame, e aveva avuto la conferma di come stavano andando davvero le cose. Il professore, infatti, durante la prova, riceveva dagli esaminandi suoi allievi, tramite chat, una foto del compito; a quel punto lo svolgeva in diretta e lo rinviava con le soluzioni agli studenti. Gli episodi contestati sono avvenuti fra il 2018 e il 2019: sempre secondo gli inquirenti, per ogni tesi il pagamento era di 600 euro, mentre le ripetizioni avevano una tariffa che si aggirava tra i 35 e i 40 euro all’ora, per un totale di 1.200 euro a settimana. Il tutto, rigorosamente, in nero.
Per gli studenti indagati che sono ancora iscritti, in caso di rinvio di giudizio, la commissione disciplinare universitaria potrà comminare una sospensione fino a 18 mesi. Per chi è ormai fuori dall’ateneo una eventuale decisione si potrà prendere solo in caso di condanna definitiva
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