il giallo di trieste
Giaceva a terra nascosta tra la vegetazione del parco dell’ex ospedale psichiatrico, non lontano dalla sua abitazione di via Verrocchio. A trovarla, avvolta in due sacchi di plastica - uno infilato dall’alto, uno dal basso - con in testa due buste di nylon strette con un cordino, erano state le squadre di ricerca coordinate dalla Prefettura di Trieste che da giorni la stavano cercando. Era il 5 gennaio di un anno fa. Liliana Resinovich, 63 anni, pensionata, era scomparsa da casa il 14 dicembre, venti giorni prima. A distanza di un anno le indagini sulla sua morte, coordinate dal procuratore capo Antonio De Nicolo, non sono state ancora chiuse. In questi mesi sono stati disposti svariati esami, perizie e approfondimenti sul corpo e sui reperti rivenuti, ma al momento non è stato ancora accertato nè dove Liliana sia stata nel lungo intervallo tra il giorno della scomparsa e quello del ritrovamento del cadavere (la morte risalirebbe alle 24-48 ore precedenti), nè se sia stata uccisa. Sul cadavere non sono stati trovati segni di violenza e al momento la tesi più accreditata è quella del suicidio per asfissia. Secondo quanto emerso, Resinovich, sposata con Sebastiano Visintin, la mattina in cui è scomparsa si sarebbe dovuta recare in un negozio di telefonia in centro città e successivamente raggiungere Claudio Sterpin, 83 anni, con cui aveva una relazione affettuosa. Ma, secondo le testimonianze raccolte, non è mai arrivata a destinazione.
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