polemica
Il vero Parmigiano Reggiano si fa nel Wisconsin? Sarebbe così secondo il Financial Times, che ha parlato dell'argomento - e se la prende con la cucina italiana - in un'intervista ad Alberto Grandi, storico dell'alimentazione e docente all'università di Parma. Grandi tra l'altro cinque anni fa ha pubblicato il volume Denominazione di origine inventata, da cui è stato tratto un podcast.
Nell'intervista di Marianna Giusti, Grandi dice che il Parmigiano, che ha una storia millenaria, oggi si troverebbe solo nel cuore degli Stati Uniti, dove alcuni immigrati emiliani avrebbero continuato a produrre il formaggio senza modificare la "ricetta": "Prima degli anni '60, le forme di parmigiano pesavano solo circa 10 chili ed erano racchiuse in una spessa crosta nera. La sua consistenza era più grassa e morbida di quanto non lo sia oggi". Quindi il "parmigiano del Wisconsin" sarebbe più fedele all'originale, a detta di Grandi.
L'attacco del sottosegretario D'Eramo
«Si cerca di screditare il nostro paese e si mette in discussione l’italianianità di ricette e prodotti simbolo, dalla carbonara alla pizza, dal panettone al Parmigiano Reggiano. Chi ci accusa di "gastronazionalismo" forse è soltanto invidioso dei nostri successi». Così il sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo, in merito ad un «paradossale articolo del Financial Times che prende le mosse da un’intervista ad Alberto Grandi, autore di una pubblicazione di cinque anni fa dal titolo Denominazione di origine inventata: e questo mentre veniva proposta dal governo la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco».
«Ma a contare sono i risultati - precisa il sottosegretario - la cucina italiana è stata più volte riconosciuta come la migliore al mondo, i nostri chef sono un orgoglio del paese, l'export agroalimentare nel 2022 ha superato la cifra record di oltre 60 miliardi di euro e le nostre ricette e prodotti sono così apprezzati all’estero da essere imitati e copiati e l'Italian sounding ha un giro d’affari stimato in circa 120 miliardi di euro».
Coldiretti: "Wisconsin patria dei falsi formaggi Made in Italy"
La ricostruzione del FT è bollata come «fantasiosa» dalla Coldiretti, che rileva come proprio lo stato americano del Wisconsin sia «la patria dei falsi formaggi Made in Italy». Altrettanto fantasiose, prosegue la Coldiretti, sono le dichiarazioni secondo cui a inventare la carbonara sarebbero stati gli americani e quella che addita panettone e tiramisù come prodotti commerciali recenti. E’ «un articolo ispirato da una vecchia pubblicazione di un autore italiano che - rileva la Coldiretti - potrebbe far sorridere, se non nascondesse preoccupanti risvolti di carattere economico ed occupazionale. La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy offre infatti terreno fertile alla proliferazione di falsi prodotti alimentari italiani all’estero, dove le esportazioni potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici, ma anche di immagine».
Il consorzio ricapitola la storia del parmigiano: il primo documento è del 1254
Il Parmigiano Reggiano DOP è uno dei simboli del Made in Italy, è un prodotto italiano che tutto il mondo ci invidia ed è nato in Italia. Risalgono al 1200 le prime testimonianze sulla commercializzazione del Parmigiano Reggiano. Un atto notarile redatto a Genova nel 1254 testimonia infatti che fin da allora il caseus parmensis (il formaggio di Parma) era noto in una città così lontana dalla sua zona di produzione. Nel XIV secolo le abbazie dei monaci Benedettini e Cistercensi continuano a giocare un ruolo fondamentale nella definizione della tecnica di fabbricazione.
Si ha così l'espansione dei commerci in Romagna, Piemonte e Toscana, dai cui porti, soprattutto da Pisa, il formaggio prodotto a Parma e a Reggio raggiunge anche i centri marittimi del mare Mediterraneo. La testimonianza letteraria più nota è del 1344: Giovanni Boccaccio nel Decamerone descrive la contrada del Bengodi e cita una montagna di "parmigiano grattugiato" su cui venivano fatti rotolare "maccheroni e raviuoli", dando così un'indicazione dell'uso che se ne poteva fare in cucina. Sicuramente c’è stata un’evoluzione nel corso degli anni.
Le forme nel Medioevo erano decisamente più piccole, mentre oggi pesano oltre 40 kg. Ovviamente nel corso degli anni le tecniche di produzione si sono evolute per essere conformi alle norme igieniche sanitarie che devono rispettare tutti i prodotti alimentari, ma la ricetta è la medesima da mille anni (latte, sale e caglio), così come la tecnica di produzione che ha subito pochi cambiamenti nei secoli, grazie alla scelta di conservare una lavorazione del tutto naturale, senza l’uso di additivi. Una produzione che nel 1996 è stata riconosciuta come Denominazione di Origine Protetta dall’Unione Europea, con un disciplinare rigorosissimo che stabilisce che la lavorazione deve avvenire in un’area estremamente limitata, quella delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova a destra del Po e Bologna a sinistra del Reno.
In quest’area devono avvenire la produzione di latte, la trasformazione in formaggio, la stagionatura fino all’età minima (12 mesi), il confezionamento e la grattugiatura del Parmigiano Reggiano DOP. Non è possibile fare il Parmigiano Reggiano con latte prodotto fuori da questa zona o proveniente dall’estero. È stata la stessa Corte di giustizia europea con sentenza del 26/2/2008 a giudicare che il termine "Parmesan" non è generico, ma è un'evocazione del Parmigiano Reggiano, e quindi costituisce violazione della normativa comunitaria in tema di indicazione geografica, nonché una pratica ingannevole nei confronti del consumatore.
La posizione della Lega di Parma
Attorno alla metà dell’800 nella parte più sviluppata d'Italia il contadino o l'operaio non mangiavano carne se non eccezionalmente, e quando questo accadeva spesso si trattava di carogne di animali trovati nelle campagne. A sostenerlo è lo storico Raimondo Luraghi nel volume "Storia della Guerra Civile Americana".
L’esordio sta a sottolineare che la Lega è consapevole del retroterra storico del nostro territorio e accetta anche gli aspetti meno belli e spesso poco noti del medesimo.
Un conto è però saper accettare quanto ritenuto meno edificante come parte di un continuum, e altra cosa è voler cancellare o modificare la storia per renderla “più perfetta”, che è quanto tentato dal revisionismo della cancel culture. Grazie ai media mainstream che negli ultimi tre anni ci hanno svelato numerose verità, ora sappiamo che la cultura classica e tutto ciò che ne deriva è da eliminare perché espressione di una società patriarcale e razzista (come se la cultura islamica o quelle africane non fossero patriarcali e non conoscessero il razzismo), che gli antichi romani, celti e vichinghi sarebbero stati neri. Le recenti affermazioni apparse sul Financial Times a cura di Alberto Grandi, docente di storia dell’Alimentazione dell’Università di Parma, sul “Vero Parmigiano Reggiano del Winsconsin” sembrano inserirsi un po’ nella scia di queste stupefacenti rivelazioni, con cui dovremmo ricostruire correttamente il nostro passato, alimentare in questo caso.
Prima di fare revisionismo, partiamo dal Parmigiano Italiano e da quello del Winsconsin.
Il Parmigiano ha una lunga tradizione documentata che ne attesta l'esistenza almeno a partire dal XIII secolo, quando era prodotto nelle abbazie circestensi fra Parma e Reggio Emilia. Su questo Grandi non ha obiettato nella sua intervista al Financial Times.
Il Winsconsin è il 30mo stato americano, entrato a far parte ufficialmente dell'Unione nel 1848. Il primo europeo a mettervi piede fu l'esploratore francese Jean Nicolet nel 1634, più o meno all'epoca in cui Manzoni ambienta I Promessi Sposi. I primi coloni europei però vi si stabiliranno solo nella seconda metà del 1700, circa 150 anni dopo.
Non serve essere degli studiosi di Scienza Alimentare per sapere che i nativi americani di lingua algonchica incontrati da Nicolet non producevano o stagionavano formaggi. Infatti, non risulta che il formaggio sia mai stato parte dell'alimentazione degli amerindi. I primi formaggi di cui si ha notizia in Winsconsin sono fatti dagli immigrati europei agli inizi dell’800, circa 200 anni fa, e il primo stabilimento per la produzione di formaggio, in quello che di lì a pochi anni diventerà' lo stato del Wisconsin, risale al 1841.
Potrebbe anche essere che, come sostiene Grandi, il Parmesan del Wisconsin sia simile nel gusto al Parmigiano 60 anni fa. Sarebbe però interessante capire come può affermarlo. Ha assaggiato due forme di quegli anni, una Italiana e l’altra Americana? Quali dati ha per sostenere che vi sia un’identità e che quindi il Parmesan Americano sarebbe quello che ha conservato il sapore del Parmigiano Reggiano originale, da cui invece quello Italiano si sarebbe allontanato negli ultimi decenni?
Basta dire che “Aveva una consistenza più grassa e morbida rispetto a quella attuale" per concludere che "la sua esatta corrispondenza moderna è il parmigiano del Wisconsin" per esserne sicuri? O che alcuni Italiani immigrati negli USA, “probabilmente provenienti dall’area del Po a nord di Parma”, iniziarono a produrlo nel Winsconsin? Con tutto il rispetto sembra un po’ poco…
Come Lega difendiamo da sempre le eccellenze produttive reali, parte integrante della nostra tradizione quali il Parmigiano, e non presunti primati ritenuti tali a priori. E proprio perché interessati ai fatti, senza i quali non vi è azione politica, ribadiamo che servono riscontri chiari e circonstanziati per poter dire che il gusto originale del Parmigiano Reggiano sarebbe quello del Parmesan attualmente prodotto in Winsconsin, e se questi riscontri non vi sono la Denominazione di Origine Inventata spetta solo all’affermazione di Grandi.
Naturalmente in un prossimo capitolo sulle nostre eccellenze si potrebbe scoprire che il Parmigiano o gli anolini sono fatti con gli insetti, rivelazione che potremmo risparmiarci se solo si accettasse il fatto che gli USA non hanno il primato in tutto.
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