tragedia in mare
Un minuto, sessanta interminabili secondi in picchiata nel buio degli abissi dell’Oceano Atlantico, schiacciati gli uni sugli altri contro l’unico oblò, senza fiato per la forza della pressione, prima dell’implosione finale. E’ una sequenza da brivido, come in un film dell’orrore, quella che emerge dalla ricostruzione degli ultimi istanti del Titan, compiuta dall’esperto di sottomarini spagnolo José Luis Martin.
I cinque a bordo del Titan, che avevano pagato 250mila euro a testa per partecipare alla spedizione per esplorare il relitto del Titanic, hanno avuto per l’esattezza «fra 48 e i 70 secondi per rendersi conto di quanto stesse accadendo», ovvero che stavano per morire, ha spiegato l’esperto citato dal portale online Nius,
Una ricostruzione, quella di José Luis Martin, che contraddice le precedenti secondo cui i passeggeri del sommergibile non sarebbero stati coscienti della fine. L’esperto ha ipotizzato che il Titan possa aver perso stabilità a causa di un guasto elettrico, che lo ha lasciato senza propulsione, facendolo precipitare verso il fondo del mare «come una freccia, verticalmente», con l’unico oblò rivolto verso il basso e le cinque persone ammucchiate l’una sull'altra a prua, nell’angusto abitacolo.
Una progressione spaventosa, raccontata da José Luis Martin, come una drammatica diretta: «Il pilota (il Ceo di OceanGate, Stockton Rush) non riesce ad attivare la leva di emergenza per far cadere i pesi e ritornare in superficie. Il Titan cambia posizione e cade come una freccia in verticale perché i 400 chili dei passeggeri che erano all’oblò sbilanciano il sommergibile. Così - è la tesi sulla dinamica dell’incidente - il sommergibile inizia a precipitare verso il fondo del mare e, con le funzioni di controllo e sicurezza danneggiate, non può più essere manovrato».
Un ultimo minuto da incubo per Hamis Harding, Shahzada Dawood e suo figlio adolescente Suleman - che, a detta della zia, era terrorizzato dalla spedizione - per l’esploratore francese Paul-Henri Nargeole e per Stockton Rush, l’amministratore delegato di OceanGate. Il Titan precipita «in caduta libera" per circa 1.700 metri e «senza alcun controllo», da circa 3.000 piedi di profondità fino ai 5.600, quando poi «è scoppiato come un pallone» per l’implosione catastrofica, che ha causato «la morte istantanea» degli occupanti.
«Erano terrorizzati, uno sopra l’altro, nell’oscurità più totale» e per Martin si può solo immaginare l’orrore e l’agonia degli ultimi momenti: «In quel breve lasso di tempo, hanno realizzato tutto. E per di più nella completa oscurità. E' difficile farsi un’idea di ciò che hanno vissuto in quegli attimi».
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