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Il promotore di giustizia Vaticano Alessandro Diddi ha chiesto 7 anni e 3 mesi di reclusione per il cardinale Angelo Becciu.
«La strategia del cardinale Angelo Becciu è che bisogna interferire con le indagini, non interagire con i magistrati. Questo è stato il suo modus operandi, sempre, da subito fino ad oggi».
E’ uno dei passi della requisitoria del promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, ieri nella penultima giornata dedicata all’accusa nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Domani le richieste. «Da parte di Becciu - ha continuato -c'è stata pervicacia nell’utilizzare anche la leva mediatica come una specie di clava per delegittimare la figura e l’operato del promotore di giustizia. I magistrati restano il principale obiettivo della strategia difensiva del card. Becciu». «Che questo ufficio sia fatto di 'puzzolentì e 'porcì è uscito sulla stampa italiana - ha ricordato Diddi -ed emerge dalle chat. Non c'è stato mai un atto di resipiscenza da parte del cardinale su questi giudizi».
Leggendo il contenuto di altre chat di Becciu con i familiari, il pg ha aggiunto: «sono amareggiato per il livello a cui il cardinale ha potuto abbassare questo processo, senza il minimo gesto leale nei nostri confronti».
Nella sua dura requisitoria, il promotore di giustizia si è soffermato sulle ipotesi di peculato a carico del card. Becciu in relazione alle vicende di Cecilia Marogna e della cooperativa sarda Spes gestita dal fratello Antonino, definendo «provatì i capi d’imputazione.
Per quanto riguarda la Marogna, Diddi ha sostenuto che la donna era stata accreditata in Segreteria di Stato come «analista geopolitica» senza averne alcun titolo, grazie solo all’amicizia con Becciu. «Una vicenda patetica, un’autentica patacca», l’ha definita. E per quanto riguarda i 575 mila euro versati alla donna dai conti Ior della Segreteria di Stato, finiti in spese personali e voluttuarie, persino soggiorni in lussuosi resort ("erano soldi che dovevano destinati alla carità - ha detto - e inviati alla donna per 'finalità umanitariè"), il pg ha ricordato i tentativi falliti di Becciu di avere dal Papa la manifestazione di una sua autorizzazione, per l’uso che doveva essere finalizzato alla liberazione della suora colombiana rapita in Mali.
«Un tentativo malriuscito di dare copertura a un’operazione di distrazione di fondi della Segreteria di Stato - ha aggiunto - e che a quest’ultima ha dato anche disdoro». Sul caso Spes e sui 225 mila euro inviati dalla Segreteria di Stato sul conto 'promiscuò della Cari tas di Ozieri - anche qui l'accusa è «peculato per distrazione» - Diddi ha sostenuto che non era la Spes in «braccio operativo» della diocesi di Ozieri, ma piuttosto la stessa diocesi «una propagazione» della Spes, poiché era lo stesso Becciu, «anche da lontano, a gestire la sua diocesi». «La diocesi non era più autonoma - ha ribadito - ma si doveva muovere in funzione degli interessi della cooperativa». «Ciò che mi ha più ferito è stato che il promotore di giustizia non ha portato uno straccio di prova per suffragare le sue accuse, ma mi ha descritto in modo assolutamente deformante, finendo per sfregiare la mia figura di uomo e di prete», ha commentato il card. Becciu in merito all’udienza di oggi. «Respingo con sdegno e ribrezzo le frasi insinuanti e offensive sulla mia vita sacerdotale e di servitore del Papa! Non può un uomo che si vanta di operare a nome del Papa cadere in simili bassezze».
«Anche oggi abbiamo assistito a un susseguirsi di suggestioni che poco ha a che fare con la ricerca della verità ed il bilancio delle prove, teoremi lontani dalla realtà dei fatti e da quanto dimostrato -hanno aggiunto i suoi legali, avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo -. Siamo certi che i toni, i modi, il linguaggio di questo promotore di giustizia non siano condivisi nella Santa Sede, che le espressioni ripugnanti utilizzate dal professor Diddi non possano trovare approvazione da parte di Papa Francesco e di sua eminenza il cardinale di Stato Pietro Parolin. Il cardinale è innocente, lo abbiamo dimostrato e non è alzando i toni e usando epiteti offensivi che si può cambiare la realtà». (ANSA).
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