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NORMATIVA

Sesso in carcere e divieti, il caso arriva alla Corte Costituzionale

Sesso in carcere e divieti, il caso arriva alla Corte Costituzionale

La Corte costituzionale

04 Dicembre 2023, 20:03

Il divieto di praticare sesso in carcere con il proprio partner è in contrasto con la Costituzione e con la Carta europea dei diritti dell’uomo? E' l'interrogativo che si appresta a sciogliere a partire da domani la Corte costituzionale. A sollecitare la pronuncia della Consulta è il magistrato di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, a cui si è rivolto con un reclamo un detenuto, sostenendo che l’assenza di intimità sta pregiudicando il suo rapporto di coppia, a cui tiene particolarmente e a cui considera legato il proprio futuro reinserimento sociale. Il giudice di Spoleto non ha dubbi. E ha chiesto perciò alla Consulta di pronunciarsi sull'articolo 18 dell’Ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che alla persona detenuta sia consentito, quando non ci siano ragioni di sicurezza, di svolgere colloqui intimi a tutela dell’affettività, senza il controllo a vista del personale di custodia. Domani in udienza pubblica ci sarà la discussione della causa.
Il detenuto al centro del caso è un condannato definitivo per reati di tentato omicidio, furto aggravato ed evasione che deve scontare la sua pena nel carcere di Terni sino al 2026. E non godendo di permessi premi, perché ancora non sottoposto a un programma di trattamento e perché è incorso in sanzioni disciplinari, non ha nessuna possibilità di avere rapporti sessuali con la sua compagna, perché gli incontri in carcere con lei si svolgono sempre sotto la vigilanza permanente della polizia penitenziaria. Modalità imposte dall’ordinamento penitenziario, che si traducono ,secondo il giudice Gianfilippi, in un «vero e proprio divieto di esercitare la sessualità con la partner non detenuta in un contesto penitenziario». Divieto che è in contrasto con più principi costituzionali.
Il magistrato qualifica come «inviolabile» il diritto alla libera espressione della propria affettività, anche mediante i rapporti sessuali e ricorda che la stessa Consulta ha riconosciuto «da tempo» come l’attività sessuale sia «indispensabile completamento e piena manifestazione» del diritto all’affettività. . Non solo: la forzata astinenza dai rapporti sessuali con il partner in libertà, sostiene ancora il giudice, determina «una compressione della libertà personale che non appare giustificata in ogni caso da ragioni di sicurezza» e perciò «finisce per tradursi in una sofferenza aggiuntiva rispetto alla privazione della libertà». Di più: «una amputazione così radicale di un elemento costitutivo della personalità quale la dimensione sessuale dell’affettività finisce per configurare una forma di violenza fisica e morale sulla persona detenutà», cioè un «trattamento inumano e degradante».
Non è la prima volta che la Consulta è chiamata a pronunciarsi sul punto. Nel 2012 la Corte ritenne la questione inammissibile, auspicando l’intervento del legislatore. Da allora niente è cambiato: disegni di legge ne sono stati presentanti tanti ma nessuno ha dato ancora risposta a quella che già allora i giudici costituzionali definirono «un’esigenza reale e fortemente avvertita». (ANSA).

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