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POLITICA

Vannacci "non basta un braccio teso per evocare la legge Scelba"

Vannacci "non basta un braccio teso per evocare la legge Scelba"

Il generale Roberto Vannacci

03 Novembre 2025, 17:38

«C'è una piccola Italia, sempre la stessa, che si indigna per un canto del Ventennio come se stesse per ripartire la Marcia su Roma. Poi c'è la Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 16153 del 2024 ricorda una cosa ovvia ma volutamente dimenticata: il diritto penale non punisce la nostalgia, bensì il pericolo concreto per l’ordine democratico». Con queste parole il vice-segretario della Lega Roberto Vannacci, intervistato da Affaritaliani, commenta le recenti polemiche sui cori neofascisti davanti a una sede di Fratelli d’Italia in provincia di Parma.

«Non basta un braccio teso, un coro da dopocena, o una mostra di fotografie e di oggetti per evocare l’articolo 1 della legge Scelba. Serve qualcosa di più serio: una riorganizzazione, un programma, una struttura che persegua finalità antidemocratiche. In mancanza di questo, siamo nel campo delle opinioni, non dei delitti. La Cassazione, infatti, con linguaggio sobrio e giuridicamente cristallino, ha detto ciò che il buon senso avrebbe dovuto suggerire da tempo: non ogni gesto o richiamo al fascismo è reato, ma solo quello che assume concreta idoneità a riorganizzare il disciolto partito o a diffondere pubblicamente l'ideologia eversiva. Fuori da questo perimetro, si rientra nell’art. 21 della Costituzione: libertà di manifestazione del pensiero, anche se scomodo, antipatico o impopolare», osserva l'eurodeputato della Lega. «Eppure, nel paese delle indignazioni a orologeria, ogni volta che parte un coro nostalgico in un luogo privato, si invocano manette, scioglimenti, censure e anatemi televisivi. Nel caso di Parma, i canti nostalgici sarebbero risuonati all’interno di una sezione di Fratelli d’Italia, cioè in uno spazio privato, associativo, riservato a tesserati e simpatizzanti. Giuridicamente, quel luogo non è «pubblico» né «aperto al pubblico": è una riunione privata ai sensi dell’art. 18 Cost., tutelata come libertà associativa». «Non esiste offesa collettiva, non c'è propaganda, non c'è istigazione. Esiste, al più, e solo per alcuni, una stonatura di gusto. Ma il cattivo gusto, per fortuna, non è ancora tipizzato nel codice penale altrimenti, altro che ampliamento delle carceri. L’errore è quindi confondere una certa porzione del sentimento pubblico, spesso strumentale con il diritto penale. La Costituzione vieta la riorganizzazione del partito fascista, non la sua rievocazione in un contesto privato», sottolinea Vannacci. 

 

«Punisce chi mina la democrazia, non chi canta una canzone. E se il rischio di una nuova marcia su Roma si riduce a quattro ragazzi con una birra in mano e un telefono acceso su TikTok, allora la Repubblica non ha bisogno di nuove leggi, ma solo di un pò di serenità storica. In un Paese serio, il diritto distingue tra gesto e intenzione, tra reato e folclore, tra minaccia e memoria. Cantare «Faccetta nera» in una sezione privata può essere considerato inopportuno, ma non è reato, né offesa alla democrazia. Punirlo significherebbe tradire proprio quella libertà che la Costituzione volle garantire a chiunque, anche ai vinti della storia», conclude Vannacci. 

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