Langhirano
Le conseguenze della malattia non hanno intaccato il suo spirito, il desiderio di posare quei tratti sul foglio bianco, di riempirlo di colori, di parole, di vita.
Pittore, illustratore e poeta con diverse pubblicazioni alle spalle, Roberto Lunatici, 88 anni, da quattro si trova alla casa protetta Val Parma, dove il personale gli ha allestito un luogo in cui può dedicarsi alla pittura e alla scrittura, seduto a osservare come era solito fare nei bar del centro cittadino, immortalando la storia di una città.
«La mia vita si è svolta ai tavolini di un bar. La vita scorre nelle piccole cose, nella periferia della vita, non al centro, dove tutti si accalcano», racconta. Una passione in grado di fargli ancora brillare gli occhi, fil rouge di una vita iniziata a Castelfiorentino nel 1934 e poi in giro per l’Italia fino al grande amore per Parma.
Collaborava con alcuni giornali, ma i guadagni erano pochi. Così trova un impiego sicuro alla Montedison, dove inizia come segretario di un direttore. «Dove andava lui, andavo io. Sono stato sette anni ad Agrigento, a Porto Empedocle, il paese di Andrea Camilleri dove tornava ogni domenica».
«C’era un bar, il Castiglione, che in un piccolo paese significa centro culturale, di amicizia, di vita vissuta. Ci siamo conosciuti per caso, al bar è facile fare amicizia. Io all’epoca avevo 25 anni. “So che dipingi – mi disse -, se sei un pittore naif non sarai mai mio amico”. Lui li detestava», ride ripensando al suo tono di voce.
Poi il matrimonio, la nascita del figlio. L’ultimo impiego, a Castelguelfo, gli permette di conoscere, e innamorarsi, di Parma, dove ha vissuto 45 anni, prima del trasferimento a Lesignano. «L’ho amata e lei mi ha amato tanto. Ho fatto mostre, pubblicato libri». Un amore che trasuda dalle pagine di «Disegni», edito da Battei, che raccoglie i ritratti e le storie che immortalato con la sua matita.
Donne, uomini, anime di una città come «Al màt Sicuri» Enzo Sicuri, sciarpa rossa e sulla testa un cappello fatto con la Gazzetta di Parma. «Questa è vita vissuta, è Parma descritta attraverso i suoi personaggi, ritratti nella solitudine di un tavolino di un bar. Disegnavo e scrivevo, all’Orientale, alla pasticceria Provinciali. Non ho fatto un disegno a casa, né scritto una riga.
«”Sedendomi al tavolino di bar come si siede in una cattedrale. E in questo mistico far niente ti pensavo”, come recita un mio verso». Tratti e parole per raccontare la vita che gli scorre davanti, occasione anche per incontri e conoscenze come quelli con Lydia Alfonsi o Pietro Barilla. Sul foglio personaggi e vite, rese con semplici tratti, colori e schizzi… anche di caffè.
«Ero da Bizzi, mi è caduta una macchia di caffè sulla carta. Ho cercato di pulirla con un dito e mi sono accorto che si stendeva bene. Da allora lo utilizzo sempre nel disegnare, riesce a dare risultati come nessun colore».
Migliaia i disegni fatti, le illustrazioni, le raccolte di poesie, dimostrando sensibilità e maestria anche nell’uso delle parole.
«Che differenza c’è tra disegno e versi?», chiediamo. «Nessuna - risponde sorridendo -. È osservare la vita nel suo scorrere».
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