La sera del delitto di Reeva (sostiene la difesa) lui era così, senza protesi. Ed ecco che Oscar Pistorius si presenta, nel processo a suo carico per l'omicidio della sua fidanzata Reeva Steenkamp) in tribunale a Pretoria senza protesi (Guarda il video). In aula è calato il silenzio. L’atleta è apparso molto scosso.
Il padre di Reeva: "Deve pagare"
Oscar Pistorius «deve pagare» per quello che ha fatto a Reeva: Barry Steenkamp, il padre della fidanzata uccisa dal paratleta la notte di San Valentino del 2013, nella sua prima deposizione in aula ha ceduto alla commozione e poi al pianto, aggiungendo però che un giorno gli parlerà a quattr'occhi, ma che l’eventuale perdono personale non lo assolve della sua colpa nè lo esenta dalla pena.
Il padre, 73 anni, che non potè testimoniare durante i dibattimenti processuali per i postumi di un ictus, è stato sentito insieme ad altri testi dalla Corte d’Appello di Pretoria, che a breve emetterà la sentenza nei confronti di 'Blade Runner', dopo averlo giudicato lo scorso dicembre colpevole di «omicidio volontario», ribaltando il verdetto di omicidio «colposo» emerso in primo grado due anni fa.
La moglie, June Steenkamp, dichiarò a suo tempo di avere già perdonato Pistorius e di non voler provare rancore personale. E lui stesso ha detto di non volersi precludere un gesto ufficiale di perdono. In aula Barry Steenkamp, 73 anni, non ha usato parole di rabbia o di astio, ma è stato fermo e chiaro, pur con la voce rotta dall’emozione e le lacrime agli occhi e le spalle che gli tremavano: «Deve pagare per quello che ha fatto», ha ripetuto per almeno quattro volte. «Dovete capire il perchè il perdonare non ti esonera dal crimine che hai commesso», ha aggiunto, ricordando poi come la morte della figlia ha lasciato la sua famiglia «distrutta» e anche in «cattive acque" economiche. «Io stesso - ha detto Barry - la piango di giorno e di notte...ogni ora». «Per me - ha detto - è stato il dolore più grande che abbia mai provato». Tuttavia, ha chiarito, «verrà un giorno in cui me la sentirò di parlare con Oscar».
Il padre ha quindi chiesto formalmente che siano mostrate al pubblico le terribili fotografie forensi del cadavere di Reeva, esposte in aula durante il processo di primo grado, ma solo alle parti, provocando in Pistorius una crisi di vomito in aula.
Ieri lo psichiatra Jonathan Scholz, che lo sta seguendo, ha detto che Pistorius era «troppo traumatizzato» per presentarsi a deporre prima che venga emessa la sentenza, e che potrebbe imporgli di stare dietro alle sbarre per 15 anni, o forse più.
Secondo il giudice Lorimer Eric Leach, che in dicembre lesse il verdetto di «omicidio volontario» nella Corte d’Appello a Bloemfontein, capitale giudiziaria del Sudafrica, Pistorius era cosciente di uccidere, indipendentemente da chi credesse di colpire. Non poteva cioè non sapere che sparando quattro colpi nell’angusto spazio di un gabinetto attraverso una porta chiusa avrebbe ucciso. Nella sentenza di primo grado del 2014, che spaccò profondamente l’opinione pubblica, la giudice monocratica Thokozile Masipa condannò l’atleta a cinque anni - ma lui ne ha scontato uno solo dietro alle sbarre - per omicidio «colposo": accezione che mischiava la colpa della «negligenza» con una fattispecie che nel Codice Penale italiano potrebbe essere classificata come «eccesso di difesa».
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