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Intervista

Raffaele Fusilli, Ad di Renault Italia: «No alla logica dei km zero». «La Cina? Ci spinge a fare meglio». «Volumi e valore oggi vanno d'accordo»

Fusilli: «Volumi e valore oggi vanno d'accordo»

di Aldo Tagliaferro

20 Marzo 2024, 15:47

Se c’è un brand automobilistico capace oggi di catalizzare l’attenzione è Renault. La «Renaulution» avviata da Luca De Meo nel gennaio del 2021 funziona, sia a livello di risultati finanziari (52,4 miliardi di ricavi, margine operativo 4.1 mld, utile netto 2,3 mld ribaltando il rosso del 2022) che di risultati sul campo, con Scenic capace di mettersi al petto la medaglia di “car of the year” 2024 e il ritorno di un’icona come R5 - rigorosamente elettrica - che ha catalizzato i riflettori di Ginevra. Per l’Italia muoversi sul versante delle auto con la spina non è così semplice. Lo sa bene Raffaele Fusilli, amministratore delegato di Renault Italia, con cui proviamo a tastare il polso del settore.

Pur con qualche perplessità in più a livello europeo, il momento è tutto dell’elettrico. Anche per Renault. Come si fa a vendere veicoli a batterie in un Paese recalcitrante come il nostro, fermo a pochi percentuali di Ev sul mercato?
Lo si fa con belle macchine, costruite in modo intelligente, come R5 e Scenic, posizionate a un prezzo che sia appetibile. Per fare questo occorre uno sforzo enorme sui costi: da qui al 2027 Renault abbatterà il 40% dei costi di produzione dei modelli elettrici. Insomma: noi i compiti a casa li svolgiamo con grande impegno, ma da soli non possiamo risolvere la questione. Serve un sostegno governativo che finalmente inizia a esserci - anche se al momento con un orizzonte limitato - accompagnato da forti investimenti in infrastrutture di ricarica. Ma ancora non basta: tutto questo è necessario ma non sufficiente, perché se continuiamo a produrre energia da fonti non rinnovabili non facciamo che aumentare il problema. Purtroppo su questo siamo indietro rispetto ad altri paesi.

A proposito di incentivi, come li giudica?
La misura è senz’altro positiva, ma aspettiamo di vedere quella finale, perché gli incentivi erano stati annunciati a inizio febbraio, siamo a metà marzo e il decreto non è ancora stato attuato. L’effetto annuncio non seguito da una conferma a breve non può che lasciare interdetto il consumatore. Comunque il pacchetto di incentivi fino a 13.750 euro per chi ha un reddito sotto i 30.000 è interessante. Servirebbe però, ripeto, un piano più strutturale. Ad esempio eliminando il tetto a quota 35.000 euro iva esclusa, che nella situazione attuale è anacronistico.

Il Salone di Ginevra è stato un successo per Renault, che però ha predicato nel deserto. I Saloni hanno ancora un senso? Il successo riscontrato da De Meo indurrà a un ritorno oppure è stato il canto del cigno?
Renault aveva già fatto una «chiamata alle armi» ai costruttori europei, invitando a «fare sistema», slogan un po’ datato forse utile per riportare le persone a toccare con mano. L’auto è un prodotto fisico, ha un suo valore intrinseco che va oltre il digitale. La possibilità di fare vedere le vetture a decine di migliaia di persone (168mila visitatori in 5 giorni a Ginevra, ndr) in un contesto corretto e con il management a disposizione ha ancora un valore. La speranza è che Ginevra più che la fine possa essere l’inizio di una «nouvelle vague» dell’automotive. In questo senso in vista dell’appuntamento di ottobre a Parigi arrivano già i primi segnali.

A che punto è la Renaulution? Un anno fa lo slogan era «passare dai volumi al valore». Oggi?
I risultati finanziari straordinari del Gruppo parlano da soli, nel 2023 abbiamo performato molto bene anticipando la traiettoria di abbassamento del breakeven. Non è necessario produrre 6 milioni di auto per guadagnare: i profitti per 2.3 miliardi con un risultato operativo poco sotto l’8% dimostrano che la strategia ha ampiamente funzionato. Certo, i volumi hanno la loro importanza ma non siamo disposti a tornare alla logica degli sconti e dei km zero, meglio combattere con le armi del prodotto. Solo nel 2024 fra Renault e Dacia lanceremo una decina di modelli. Il valore si fonda sulla gamma e sull’offerta. Sintetizzando, oggi lo slogan più coerente è «volumi con valore».

Ma la Cina che continua ad avanzare con prezzi molto concorrenziali, al di là dei possibili dazi a livello europeo che potrebbero colpire Pechino, fa paura?
La concorrenza non è una minaccia: ti spinge a essere più veloce, per cui va accolta e rispettata. Bisogna però rispondere e fare sistema in Europa. La Cina è un universo di 1,8 miliardi di persone, con un costo del lavoro cinque volte inferiore e una produttività di tre volte superiore. C’è un delta di 8/9 volte tra Europa e Cina. Però dico anche che non basta vendere un prodotto economico. C’è molto più dietro un’automobile: il servizio, nel nostro caso 125 anni di storia, una rete distributiva efficiente, il marketing, la comunicazione, la rete di assistenza… sarebbe davvero miope fermarsi al prezzo.

Apple ha gettato la spugna sulle quattro ruote. L’ennesima dimostrazione che non basta essere un colosso per affrontare l’industria automobilistica…
Apple, dopo aver investito miliardi di dollari, ha in effetti deciso che non era più il caso di continuare: questa è un’industria complessa. Lo è per tutti, anche per i player cinesi. Qualche mese fa ho sentito un executive di un grande gruppo cinese richiamare l’attenzione sull’Europa perché si sta avvicinando alla Cina «con passi da gigante»…

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