“Un album autunnale e malinconicamente struggente”. Così Giovanni De Liso nel suo libro “Genesis-Behind the lines” (editrice Arcana) - guida fondamentale per conoscere e capire i testi della band inglese - ha definito “Wind&Wuthering”, ottavo loro album in studio, e secondo dopo l'addio di Peter Gabriel, che quest'anno taglia il traguardo dei 45 anni. Titolo ispirato anche a “Wuthering heights” (Cime tempestose) di Emily Bronte, viene pubblicato dai Genesis sull'onda del successo di “A trick of the tail”, uscito a inizio '76. Un lavoro quest'ultimo influenzato dalle opere dello scrittore e antropologo peruviano Carlos Castaneda, il cui personaggio principale, lo stregone indio Juan Matos, avrebbe secondo alcuni ispirato George Lucas per raccontare in “Star Wars” il rapporto tra Luke Skywalker e i maestri jedi Obi-Wan Kenobi e Yoda.
I Genesis, con Phil Collins ormai saldo nel ruolo di frontman e rimpiazzato alla batteria di Bill Bruford, musicista di tutto rispetto visto il passato niente meno che con gli Yes e i King Crimson, in “Wind&Wuthering” ritornano, invece, a cantare la tradizione britannica, che avevano abbandonato dopo “Selling England by the pound”, leggendario lavoro del 1973.
Il prog, passata la metà degli anni Settanta, non se la passa, comunque, più troppo bene e anche i Genesis inizieranno un cammino che darà loro grande successo, ma che annacquerà quel glorioso stile nel più commerciale pop. “Wind&Wuthering” è, dunque, un canto del cigno, prima del definitivo addio al prog. Impreziosito dal disegno di copertina di Colin Elgie (nel solco delle magnifiche illustrazioni che, fin lì, accompagneranno i lavori dei Genesis), l'album, su nove brani, ne presenta infatti alcuni di grandissimo impatto, con testi che non fanno (quasi) rimpiangere il passato “gabrieliano”. Uno su tutti “Eleven Earl of Mar”. Testo “forte” di Mike Rutherford e musica di Tony Banks e Steve Hackett, rievoca un'insurrezione avvenuta in Scozia nel 1715. De Liso gli dedica ben sei pagine molto interessanti del suo libro. Quasi otto minuti che sembrano un romanzo e mandano in estasi i fans dei Genesis “old style”. Porta la firma di Banks, invece, un altro “pezzone” dell'album. Si tratta di “One for the vine”, della durata di dieci minuti e simile a un racconto di fantascienza, anche questa antica passione dei primi Genesis.
“Your own special way”, scritta da Rutherford, va bene anche come singolo. Non è, però, il solito brano d'amore “tout-court” dal momento che è impreziosito da una citazione da “The wind” di Christina Georgina Rossetti. Poetessa inglese dell'Ottocento, era figlia di Gabriel Rossetti e sorella di Dante Gabriel, entrambi poeti, oltre che nipote, da parte di madre, di John William Polidori, autore de “Il vampiro”.
Se “All in a mouse night”, in cui Banks fa parlare il topo e il gatto, è curiosa e a tratti surreale, in “Blood on the rooftops” sono tanti i rimandi alla tradizione britannica, come il Wednesday Play, omaggio alle fiction di allora che venivano trasmesse dalla Bbc ogni mercoledì o il discorso della regina nel giorno di Natale. Oltre a “Wot Gorilla”, il disco contiene altre due brani strumentali, “Unquiet slumbers for the sleepers...” e “...In that quiet earth”, non a caso, le ultime parole di “Cime tempestose”, il romanzo della Bronte a cui i Genesis si sono in parte ispirati per il titolo dell'album. La chiusura è tutta di “Afterglow”, il riverbero prima del tramonto, anche questa scritta da Banks. Un pezzo destinato a divenire uno fra i più amati dai fans e, anche grazie a un finale travolgente, un must nei concerti della band inglese.
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