Ogni tanto “Il disco” si deve occupare dei Pink Floyd, è quasi un bisogno spirituale. A gennaio questa rubrica ha celebrato i cinquant'anni di “Meddle” e ora fa lo stesso per “Relics”. In italiano reliquie, quella uscita nel 1971 non è propriamente solo una raccolta - la seconda del gruppo inglese -, tra l'altro uscita il 14 maggio di cinquant'anni fa prima di “Meddle”, che fu pubblicato in ottobre. Infatti, è qualcosa di più. Si tratta di un altro passo compiuto da quello che ancora oggi può essere definito uno dei fenomeni più straordinari della storia del rock. Contiene, infatti, alcuni singoli dell'era di Syd Barrett, pezzi di album e anche un inedito. Quindi, nonostante venga spesso incluso tra le raccolte dei Pink Floyd, è un lavoro che brilla di luce propria. Un po' come “Living in the past” dei Jethro Tull, uscito nel 1972, altro album che chiamare raccolta è riduttivo.
Insomma, reliquie leggendarie, a partire dal “macchinario musicale” in copertina, disegnato dal batterista Nick Mason e ripreso da Storm Thorgerson, fotografo e designer che fece un lungo tragitto assieme ai Pink Floyd, per la versione cd.
L'incipit del disco è fulminante con “Arnold Layne”, 45 giri del '67 scritto da Barrett, che è la storia di un travestito - secondo Roger Waters realmente esistito - appassionato di indumenti femminili che, a Cambridge, rubava dalla corda del bucato. Di “Arnold Layne” su youtube c'è una versione imperdibile interpretata da David Bowie, special guest star a un concerto dei Pink Floyd alla Royal Albert Hall di Londra del 2007. Il Duca Bianco era, infatti, un grande ammiratore della band inglese. In quell'occasione Bowie si esibì anche in “Comfortably numb”, uno dei pezzi più intensi di “The wall”.
Tra i pezzi forti di “Relics” c'è anche un altro 45 dell'era Barrett: anche “See Emily play” uscì, infatti, nel '67. Un brano psichedelico che, pare, venne ispirato alla band da Emily Young, artista e figlia del barone Wayland Hilton Young. La chiamavano, infatti, “psyschedelic schoolgirl”. Un pezzo che venne inserito nella versione Usa di “The piper at the gates of dawn”, primo album in studio del gruppo britannico. Dallo stesso lavoro è stato selezionato anche “Interstellar overdrive”, tra i brani degli esordi più famosi che vide i Pink Floyd come alfieri del cosiddetto space rock. Dal secondo lp, invece, “A saucerful of secrets”, “Relics” pesca l'intensa e generazionale “Remember a day” e “Bike”, dedicata da Barrett a Jenny Spires, all'epoca sua fidanzata.
Per il resto, via libera ai singoli, come “Paint box”, poi ripubblicato in “The early years 1965-1972”, che contiene anche la suite di “Atom earth molther” registrata nel 1970 a Montreaux. Per sognare c'è, inoltre, “Julia dream”, scritta da Roger Waters, autore anche di “Cirrus minor” e “The nile song”, dalla colonna sonora del film “More”. Il bassista firma anche “Biding my time”, unico inedito di “Relics” che già da anni il gruppo eseguiva dal vivo.
Infine, un discorso a parte, merita uno dei pezzi storici dei Pink Floyd, non a caso firmato da tutti e quattro i componenti della band del “dopo Barrett”, “Careful with that axe, Eugene”. Questo lungo brano praticamente strumentale uscì come singolo nel dicembre '68, assieme a “Point me at the sky”. Nel '69, invece, la sua versione live fu inclusa in “Ummagumma”. Quella di “Relics” è, invece, una versione in studio. Trovò, inoltre, spazio nel film “Live at Pompeii”, docu-concerto dei Pink Floyd girato nel sito archeologico diretto da Adrian Maben, e venne registrato, seppur con un altro titolo, per la colonna sonora di “Zabriskie Point” di Michelangelo Antonioni.
Da youtube Arnold Layne
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