di MICHELE CEPARANO
Compie cinquant'anni "Led Zeppelin III", terzo album in studio della mitica band inglese. Un lavoro che anticipa il disco IV, quello per capirsi di “The battle of evermore” e “Stairway to heaven”, ma che occupa ugualmente un posto di tutto di tutto rispetto nella storia del rock. Il 33 giri dei Led Zeppelin non è solo un “discone” dal punto di vista della realizzazione. E' stato anche un grandissimo successo, tanto da volare al primo posto nelle classifiche delle vendite di Usa, regno Unito e Italia. Merito forse anche di uno stile, pur sempre rock, che in questa occasione strizza l'occhio al folk.
Un'alchimia che si rivelerà vincente a partire dalla geniale “Immigrant song”, sottolineata dalla voce, anche questa unica, di Robert Plant. Un brano che va alle radici delle sanguinose lotte che contribuirono a creare il Regno Unito. Chi sono, infatti, gli immigrati di cui cantano i Led Zeppelin? Ma i vichinghi che invasero l'isola e si stabilirono nell'Inghilterra e dintorni. Gli uomini del Nord costituiscono ancora una grande fonte di interesse, come dimostrano le fortunate serie visibili su Netflix. Un testo che influenzò moltissimo l'heavy metal, Iron Maiden su tutti. In particolare il riferimento a “the hammer of the gods” (il martello degli dei) che divenne anche l'azzeccato titolo della biografia della band, scritta da Stephen Davis nel 1988, molti anni prima che Farren Blackburn lo usasse come titolo per un film. L'idea di scrivere “Immigrant song”, oltre che dalla passione di Plant per la storia d'Inghilterra, venne alla band proprio dopo un tour in Islanda.
In “Friends” invece echeggerebbero le influenze dell'occultista Aleister Crowley, a quei tempi in voga, e ben conosciuto dai Led Zeppelin. Boleskine House, la dimora vicino a Loch Ness in Scozia il cui l'esperto di esoterismo inglese morto ad Hastings nel '47 visse, fu acquistata da Page, che di Crowley fu uno dei tanti ammiratori. Tra i brani più interessanti ci sono anche quelli a tinte blues come “Celebration day” e “Since I've been loving you”. Tra i pezzi indimenticabili, però, anche “Gallows pole”, quella di “Hey, hangman”, una ballata nera sulle difficoltà di evitare la forca. Ma da ascoltare attentamente la lirica e appassionata “Tangerine”, molto bella anche nelle versioni live, e “Bron-Y-Aur stomp”, che celebra la quiete agreste del villaggio gallese in cui Page e Plant si ritirarono per dare vita all'album.
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