L'ultima puntata di questa rubrica si era conclusa con Augusto Daolio che interpretava “Looking for someone”. Ebbene, quel pezzo, e altri indimenticabili cinque, fanno parte di “Trespass” dei Genesis, secondo in ordine di tempo ma considerato il primo vero album della band. “From Genesis to revelation”, infatti, seppur oggi rivalutato, fu un tentativo giudicato acerbo e ripudiato dallo stesso leggendario gruppo inglese. “Trespass” (oltrepassare) che quest'anno spegne cinquanta candeline è in realtà il primo disco prog dei Genesis. Finito il rapporto con Jonathan King, Peter Gabriel e soci si mettono in mano al vecchio amico Richard Macphail che li chiude nella sua casa di campagna, quasi in regime monastico, per creare canzoni. Niente distrazioni, solo musica e testi. E mentre, come scrive Giovanni De Liso in “Behind the lines”, “nell'aria aleggiano le note dei King Crimson” e “fuori la ribellione impazza”, i Genesis “sembrano venire da un altro pianeta”: niente sesso, droga e rock 'n roll, dunque, ma “atmosfere fiabesche, medievali e fantascientifiche”.
L'album che i Genesis, nel frattempo notati dall'importante discografico Tony Stratton-Smith, partoriranno sarà, appunto, “Trespass”. Rappresenta il passo che porterà a un trittico di capolavori (“Nursery cryme”, che vede il debutto di Phil Collins, “Foxtrot” e “Selling England by the pound”) a cui seguirà il canto del cigno della storica formazione, e capolavoro a se stante, “The lamb lies down on Broadway”. Successivamente Gabriel prenderà la strada solista.
“Trespass” ha sei tracce. “Looking for someone”, criptica e religiosa in cui la citazione su San Paolo folgorato sulla via di Damasco è una sorte di “ponte” con il lavoro precedente. La voce di Gabriel ha già quel timbro inconfondibile e, a tratti, magnetico. Si tratta dell'incipit di un lavoro visionario che passerà per una potente rivisitazione della storia di Zanna Bianca di Jack London firmata da Tony Banks in “White mountain” e “Vision of angels”, scritta da Anthony Phillips, inno a metà tra il sentimentale e (ancora una volta) il religioso. “Stagnation”, molto interessante a partire dalla dedica a tale Thomas S. Eiselberg, riprende il tema, molto sentito all'epoca, della paura del disastro nucleare ed è influenzata dai racconti di fantascienza oltre che, secondo alcuni, da Tolkien. In particolare nei versi finali si alluderebbe niente meno che a Gollum, tra i protagonisti del Signore degli Anelli.
E, dopo la dolcissima e malinconica “Dusk”, che coglie l'immagine di un capitano vecchio e solo su una nave che sta affondando, il finale è un cambio improvviso di marcia. “The knife”, non a caso, diventerà il brano con cui i Genesis chiuderanno i loro concerti, invocata a gran voce dagli spettatori, quasi un must che si rinnoverà a ogni esibizione del gruppo; a tale proposito, ascoltare il live del '73 . Un brano rock e aggressivo, per una volta lontano da certe atmosfere fiabesche, in cui la violenza si mischia ancora una volta alla religione (il sottotitolo arriva dal “Padre nostro” in inglese). E il coltello che, piantato sul retro di una delle tante strepitose copertine di Paul Whitehead, sfregia la scena tratta dal Tannahauser di Wagner, lascerà un segno anche nella storia del rock.
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