CULTURA
«Martino Traversa. L'utopia nostalgica». Spicca l'ossimoro nel titolo del volume, a cura di Gaetano Mercadante e Stefano Lombardi Vallauri, dedicato al “musi-compos-imprenditore”, parmigiano “de facto”, inventore di quelle «Traiettorie» internazionali alla XXXIV edizione, annotabili tra le rassegne musicali storiche della città, e non solo per longevità.
Ossimoro, si diceva, cioè contraddizione in termini: utopia è un sogno, un ideale sperato per il futuro, è sguardo avanti; nostalgia è rimpianto malinconico per qualcosa che è stato, è sguardo riverso al passato. Il bilanciamento di passato e futuro è la materia stessa di cui si sostanzia l'opera di Martino Traversa, tra l’idea settecentesca di compositore concentrato nella sua bottega di «fabbricante di suoni» e la tensione a ricercare sempre un «nuovo inaudito», agendo al di fuori di qualsiasi Accademia, fedele ai «suoi» amati maestri francesi, Bouluez, Debussy e Ravel.
Doppio è pure il significato di questo volume che ha una parte più personale e musicale, con il ritratto dell'uomo e musicista, ma dall'altro si riverbera nella storia della nostra città - e qui si incarna il valore di testimonianza collettiva - laddove racconta la genesi e l'affermarsi dell'esperienza inedita quanto lungimirante e fors'anche provocatoria (in quegli anni Novanta, in una città pur colta ma di una «certa» cultura, la proposta d'avanguardia moderna e contemporanea doveva fare l'effetto di uno pterodattilo in Cittadella...) di Fondazione Prometeo e Ensemble Prometeo che avrebbe portato a «Traiettorie».
Un volume corale dalla struttura quadripartita: i sei saggi iniziali dedicati a sei differenti aspetti della produzione musicale; i due approfondimenti su «Landscape»; le «conversazioni» con gli interpreti (Ciro Longobardi, Mario Caroli, Irvine Arditti, Garth Knox); l’appendice conclusiva sull’installazione «Polifonia intermediale». Ultimo «cadeau» il catalogo delle opere.
Il Nostro nasce a Caltagirone (Catania) il 29 febbraio 1960 è già qui - fa notare Gaetano Mercadante nel “Preludio biografico” - è insita la particolarità extratemporale del giorno bisestile, segno di ciò che avrebbe caratterizzato l’essere «fuori zona», «aperto all’ignoto» di Martino Traversa, interessato alla musica fin da piccolo. In quell’angolo di Sicilia in cui cresce, è forte la curatela del nonno, mentre i genitori sono a lavorare in Svizzera; ben presto si intrecciano le due passioni della vita: la musica e gli studi scientifici che diventano un tutt’uno; la chimica della musica cioè la chimica come scienza della combinazione degli elementi e la musica come scienza di combinazione dei suoni. Il 1981 segna la svolta. Traversa ha 21 anni, viene a vivere a Parma vincendo una borsa di studio (grazie a un elaborato sull’individuazione dell’emoglobina per via spettrofotometria!) e da quel momento la Sicilia diventa il luogo della memoria, Parma il luogo dell’azione. Nasce la grande avventura di promotore culturale che trova linfa, dal 1992, nella «Symbolic», società per lo sviluppo e la vendita dei software, di cui è fondatore e Ceo. Tradotto: ogni utopia musicale ha bisogno di una base economica. Lungo sarebbe l'elenco degli incontri che vengono evocati nel volume, da Herbie Hancock a Luigi Nono a Giuni Russo, grazie all’amico musicista Alessandro Nidi, per la collaborazione per il disco «A casa di Ida Rubinstein», prodotto da Franco Battiato.
Qualcosa di profondo resta della natìa Sicilia: il senso della natura, ad esempio. Un rapporto suggestivo che si delinea anche nel capitolo «L’altro orizzonte», a cura di Gian Paolo Minardi, critico musicale della «Gazzetta di Parma» e testimone partecipe dei fermenti culturali della città. Minardi raccoglie e racconta le rifrazioni di una personalità determinata «ad aprire uno spazio alla musica contemporanea in una città come Parma arroccata in una tradizione ostentata che non prometteva troppe speranze», con un senso della natura che si coglie anche nel gusto per la pittura, «chiave riservata che Traversa gestisce con sagacia e con amore, già nel cercare più celati rimbalzi anche nel manifesto che accompagna ogni edizione». In definitiva, Minardi ci consegna l’idea di una Traversa «wanderer», camminatore errante, che non sceglie il percorso più facile bensì quello più interessante ai suoi occhi.
Un libro che non è per tutti e neanche per molti ma che custodisce un messaggio universale: non c’è un aereo che decolli se non controvento.
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